Carabiniere ed eroe, ma dimenticato: il caso di Ernesto Bergamin
L'Associazione di Storia Contemporanea di Senigallia ricorda un gesto eroico sconosciuto
Nel frastagliato mondo della Resistenza marchigiana, che solo in anni recenti ha conosciuto una ricostruzione storiografica d’insieme, non pochi sono i personaggi che meritano una particolare attenzione.
Uno di questi, che offrì la propria vita per la costruzione di un’Italia democratica, è il brigadiere dei carabinieri Ernesto Bergamin. Nato a Savigliano, in Piemonte, il 26 febbraio 1909, e uscito dalla Scuola Sottufficiali di Firenze, Bergamin fu inviato dapprima nelle Marche e poi in Libia; rientrò al comando di Ancona sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale, distinguendosi nel salvataggio dalle macerie di parecchi cittadini. Dopo l’8 settembre 1943, Bergamin si rifiutò di prestare giuramento alla Repubblica di Salò e chiese di essere trasferito nella zona di Camerino, dove aderì alle brigate partigiane, capitanate dal sacerdote don Nicola Rilli. A Pozzuolo, il 24 giugno 1944, i tedeschi aprirono indiscriminatamente il fuoco sulla folla che usciva dalla messa interpretando il suono delle campane come un segnale per i partigiani: Bergamin impegnò se stesso nel mettere al riparo donne e bambini dalla terribile rappresaglia nazista che fece nei dintorni del centro pedemontano, in quel solo giorno, ben 62 vittime.
Una di queste fu proprio l’eroico brigadiere Bergamin che, anziché salvarsi con gli altri partigiani, compì il proprio dovere prima di essere freddato da una raffica di mitra tedesco lungo la via di Statte: ai tedeschi che volevano sequestrargli la pistola, rispose che “un carabiniere non abbandona la sua arma che con la morte”, come infatti avvenne. Tutti i tentativi di gettare luce, anche in sede processuale, su questa terribile vicenda sono andati finora deserti. Di essa parla l’ultimo libro di Marco Severini, Il filo sottile (Pensiero e Azione Editore, 2015) che è stato presentato in questi giorni a Camerino grazie all’iniziativa del dr. Mario Mosciatti e della prof.ssa Anna Maria Bergamin (figlia del brigadiere) che da anni stanno ripercorrendo e ricostruendo una vicenda storica clamorosa per la sua efferatezza, per l’oblio che l’ha caratterizzata negli ultimi 70 anni e per il coraggio di chi non ebbe dubbi verso quale parti schierarsi in uno dei frangenti più drammatici della storia nazionale.
Il libro Il filo sottile si trova da qualche giorno nelle librerie senigalliesi.
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