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The Story of Film a.k.a. Perché il Cinema può cambiare il Mondo

La pigrizia, i sensi di colpa, la ricerca di una riscossa e il racconto del "miracolo"compiuto dalla settima arte

The Story of Film

Ho capito di aver superato il limite solo dopo aver riattaccato la telefonata.
Oramai era troppo tardi. Richiamare e disdire mi avrebbe garantito una pessima figura, e di tali, non volevo farne più. Avevo appena prenotato un servizio di Calzoleria a domicilio, ovvero un calzolaio mi sarebbe venuto a prendere le scarpe rotte e poi me le avrebbe riportate a casa dopo qualche giorno a servizio ultimato. La pigrizia gioca scherzi meschini, avete ragione.

Iniziai a riflettere sul perché avessi ceduto ad una così banale tentazione visto che il calzolaio più vicino stava ad una fermata di metropolitana da casa mia. Mi chiesi perché non avessi avuto voglia di uscire, prendere un po’ d’aria e farmi a piedi quei dieci minuti di strada.

Sinceramente signori, è difficile rispondere. So solo che il servizio a domicilio mi avrebbe permesso un risparmio temporale notevole, che avrei potuto investire nello studio o in una pausa pranzo dignitosa, in un tavolo vero al posto di una scrivania, con di fronte a me piatti e bicchieri e non una pagina word vogliosa di una tastierata compulsiva.

La “disponibilità della vicinanza”, come la chiamo io, è la vera causa della asocializzazione che colpisce oramai il genere umano. Vogliamo sapere come sta un amico? Gli telefoniamo o ancor più semplice e comodo, gli scriviamo in una chat. Vogliamo mangiare cinese? Lo prenotiamo, e dopo mezzora Cheng Jian suonerà alla nostra porta. Vogliamo un libro? C’è Amazon. Vogliamo un vestito? C’è Zalando. Vogliamo un profumo? C’è Douglas. Vogliamo vedere un film? Lo guardiamo in streaming. Vogliamo una scarpa riparata e funzionante? C’è Mario il calzolaio che con la sua Vespa viene a prenderti lo zoccolo moribondo.

No, così proprio non va. Lo capii bene quel giorno, in cui i sensi di colpa verso la mia integrità, prendendo demoniacamente possesso del corpo peloso del mio giovane gatto incominciarono a graffiarmi partendo dalle caviglie fino ad arrampicarsi nella schiena e raggiungere la mocioiforme chioma scapecciata, sintomo di un’ennesima pigrizia.

Mi resi conto che per evitare il declino totale del corpo e della mente, avrei dovuto prendere coscienza delle mie nefaste colpe e scontare le pene che arbitrariamente mi afibbiai.
Avrei dovuto compiere un magistrale gesto anti pigrizia. Ma cosa?

Fu la fortuna a venirmi incontro. Quel giorno in biblioteca sarebbe arrivato un volume di storia del cinema per me proveniente da una sede fuori Milano, molto fuori Milano. Eureka! Fermai immediatamente la spedizione e comunicai che sarei andata io stessa a ritirarlo. Non nego che dopo trequarti d’ora di pedalata vivace, il pentimento sotto forma di sete, fame e mal di milza fece di me una vile e corruttibile persona. Vidi una metropolitana e feci per avvicinarmi ad essa, ma poi la luce.

Uno a destra e l’altro a sinistra se ne stavano sconsolati a sventolare fogli. Che fossero volantinai di un supermercato? No, troppo poco colorati. Forse due redettori del giornale comunista in cerca di nuovi compagni? No, erano troppo poco euforici. Scommisi con me stessa che quei due giovani scapigliati fossero i promotori di una supereconomica palestra in cui la cyclette più nuova sarebbe stata la Lifecycle del 1968 firmata da Keene P. Dimick. Ed invece no, persi clamorosamente, e fui molto felice di farlo.

Mi avvicinai, sorrisi, mi fermarono e mi invitarono ad una proiezione che sarebbe avvenuta in un oratorio poco distante da lì. Trasmettevano The Story of Film, un documentario sulla storia del cinema firmato da Mark Cousins. Perchè no? In fondo quanto mai sarebbe stato lontano questo oratorio. Ma quel lunedì non era proprio un giorno buono per le mie supposizioni. Quel benedetto oratorio era lontano, molto lontano.

I due decisero di lasciare presto la poco strategica postazione che gli aveva fatto raccogliere solo tre consensi in un pomeriggio. La proiezione sarebbe iniziata alle 18:00 e terminata alle 20:00.
Mi spiegarono che il documentario in questione, oltre ad essere notevolmente istruttivo era anche lungo novecento minuti, e perciò fu comodamente ed efficacemente suddiviso in quindici episodi. Quel giorno avrebbero trasmesso i primi due, e così via per il resto della settimana.

Quella sera tornai a casa stanca, sudaticcia ma più colta sul conto di Edison, Eastman e i Lumier, e certamente ebbi più vividi nell’immaginazione i Roaring Twenties Hollywoodiani. Tutto grazie a quei due episodi, a quei ragazzi naturalmente e alla loro nobile predicazione cinematografica. Apostoli della settima arte alla ricerca di nuovi fedeli, così me li immagino io.

Tornai in quell’oratorio così lontano da casa mia per tutta la settimana. Ogni giorno a soffrire il mal di milza e di polpacci per raggiungere la nostra privata “catacomba” ed abbeverarmi di quella parabolica narrazione per immagini.
Le storie di tanti cineasti, le leggende, i luoghi ed i segreti del cinema raccontanti da Stanley Donen, Kyoko Kagawa, Gus Van Sant, Lars Von Trier, Claire Denis, Bernardo Bertolucci, Robert Towne, Jane Campion, Claudia Cardinale ed altri testimoni del miracolo cinematografico.

Perché di miracolo si tratta. Riflettiamo, quale religione al mondo possiede così tanti predicatori quanti sono e sono stati in questi poco più che cento anni i registi, gli attori, i sceneggiatori, i produttori, le comparse e tutti i dipendenti della settima arte capaci di parlare ed emozionare masse così enormi come quelle travolte dal Cinema. Masse di tutte le razze, idee politiche, età, status sociale, condizione economica, e naturalmente religione.

Il Cinema è stato capace di annientare la mia pigrizia, un’emozione che ho voluto scegliere come simbolo in rappresentazione di tutti i vizi e i mali del mondo. Perché l’omofobia, il razzismo e il pregiudizio nascono da una pigrizia interiore, la pigrizia di non voler soffermarsi a conoscere il diverso. Un diverso che possiamo ancora scoprire affrontandone la cultura, le ideologie, le tradizioni che lo hanno reso ciò che è ora e che ora lo differenziano da noi stessi. Possiamo conoscerle attraverso il Cinema. E allora, stiamo davvero ancora aspettando?

Giulia Betti
Pubblicato Domenica 28 giugno, 2015 
alle ore 8:00
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