Torino, “l’araba fenice” del Cinema contemporaneo
Grazie a progetti, idee e investimenti, c'è una speranza per un Nuovo Cinema Italiano
Quando lasci una città come Senigallia per raggiungere il Nord Italia, ti convinci che mai potrai sentirti a casa, che mai potrai ritrovare quella pace e quel benessere di camminare tranquilla senza rischiare un attacco di claustrofobia, senza essere tamponata dal turista distratto che ti sta alle costole emanando un fetido odore di deodorante stantio, senza imbatterti in poveri vucumprá che per pochi spicci tentano di venderti una parure in stile Africa, senza gomitate, immondizia, senza urla o toccatine furtive del cinquantenne sudato che finge di caderti addosso e senza tante altre pillole di feccezza che bene o male ti vengono somministrate in doppie dosi cinque volte al giorno prima e dopo i pasti.
Ma questo in realtà è un pensiero molto ignorante, dovuto ad una scarsa igiene mentale che ha portato ad un’infezione delle vie pensatorie e ti ha reso succube di un virus nefasto, tanto trasparente quanto allucinatorio, stimolatore di visioni idilliache effimere ed inconsistenti. Un virus chiamato Milano. Milano per carità, è una città bella se vista dalle foto, soprattutto da quelle antiche, se immaginata come quella metropoli che ogni giovane donna di provincia sogna per il film della sua vita, dove si pensa vestita vintage in sella ad una bicicletta rossa con un cestino di paia nel quale primeggia un sacchetto di fragole e un bicchiere di Starbucks. Ma l’insipida veritá è che a Milano i vestiti vecchi costano più di quelli nuovi, che la bici rossa te la fottono dopo due giorni insieme al cestino di paia, che le fragole o costano dieci euro o vengono dalla Spagna e per quanto riguarda Starbucks, per pietà posso anche concedervelo, ma sono quasi sicura che lo sostituirete con una birra economica o con un kebab.
Ora voi vi starete chiedendo cosa c’entra questa filippica con una rubrica di cinema, datevi tempo, attendete e proseguite, non siate milanesi prima di vivere a Milano, o se già ci vivete, non siatelo anche nei momenti di pausa. Dilatate i tempi, concedetevi un respiro e se volete proseguite con la lettura.
Ecco dunque che la delusione sovrasta la lucidità e vi rende campanilisti, estremi difensori della centro-italianità e profondamente suscettibili al minimo disagio EXPOsto dalla capitale della Moda, confondendo la vostra intelligenza fino a credere che tutte le grandi città del Nord siano le sorelle gemelle della viziata e viziosa Milano. Time Out! Facciamo un cambio strategico, sostituiamo Milano con Torino e vedremo che la partita Nord vs Centro proseguirà dal nostro punto di vista (il mio) in maniera molto più dignitosa.
Torino è meno caotica, meno affollata, meno sporca, meno perversa e senza ombra di dubbio meno vanitosa della Polis Berlusconianis.
Torino è probabilmente l’araba Fenice d’Italia, prima capitale del Regno e capitale del Cinema nel nostro paese, poi più nulla, solo polvere di un mitico passato disintegrato dalla fiammeggiante Roma che l’ha spodestata rubandole entrambi i titoli, metaforicamente parlando.
Ma come ogni Fenice che meriti di essere tale, Torino ha investito tempo, denari ed energie per ricomporre quel mitologico e pennuto corpo alato che ad oggi, almeno per quanto riguarda il Cinema, è tornato a sorvolare i cieli delle grandi produzioni.
Potremmo forse dire che la nota città piemontese abbia dato inizio a questo Risorgimento cine-culturale con Maria Adriana Prolo, storica italiana di immenso talento e dedizione che nel 1941, quasi trent’anni dopo la produzione di Cabiria (uno dei primi colossal della storia del Cinema mondiale, ideato da Pastrone e D’Annunzio a Torino) ha dato inizio alla sua collezione di materiali e documenti di cinema torinese.
Fu proprio la Prolo, assieme a Lauritzen e Langlois, ad immaginare per prima un Museo del Cinema con il fine di raccogliere un vasto patrimonio legato alla settima arte ed a tutte le sue manifestazioni. È grazie a lei se ora a Torino esiste il Museo Nazionale del Cinema, uno fra i più importanti internazionalmente, metasimbolo della Città in quanto contenuto matrioscamente all’interno di un altro simbolo della stessa, ovvero la Mole Antonelliana.
Certo tutto questo è nobile e fiabesco ma non basta per inchinarsi alla Torino “vostra maestà”, serve dell’altro, qualcosa di fresco, d’innovativo e possibilmente di recente. Ebbene, questa leggera frustata d’aria fresca c’è eccome. La dama piemontese infatti, durante il caldo cocente e controproducente che ha reso sudaticcio e debilitato il cinema italiano, sventagliata dopo sventagliata si è rimessa in forze e abbandonato il nauseabondo sonno produttivo si è data da fare per creare una grossa calamita per soldi, idee, progetti e turismo, è nata la Torino Film Commission. Sono passati ben dieci anni dal primo gemito venuto al mondo della TFC Torino Piemonte, un progetto sperimentale, ed in quanto tale coraggioso e vincente, un progetto succoso che ha fatto gola a molte altre regioni italiane, le quali una dopo l’altra ne hanno emulato le strategie in linea con le loro capacità e possibilità, naturalmente.
Torino Film Commission non è solo una fabbrica del Cinema, è anche e soprattutto un pozzo d’acqua sorgiva per un Cinema italiano che ha sete di novità, di nuovi sapori ma soprattutto di possibilità. Possibilità che vengono date, assieme ad agevolazioni e finanziamenti, a tutti quei progetti eticamente in linea con i principi della Commission e meritevoli di venire alla luce. Ostrica ed ostetrica del Cinema, la TFC racchiude una rara e perlacea speranza, quella di poter far nascere dopo un lungo travaglio un Nuovo Cinema Italiano, un cinema magari battezzato dal Po.
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!