Senigallia, la battaglia di Nicola per stipendi e diritti sui servizi cimiteriali
Rebecchini racconta la storia dell'operaio rimasto senza lavoro dopo anni di precariato e proteste
Nicola non è nome di fantasia, come non è fantasia la storia che vado sinteticamente a raccontare: tutto è drammaticamente reale.
L’operaio Nicola ha 47 anni, ha un fisico quasi minuto, ma di grande ricchezza d’animo, di grande sensibilità, dotato di una amara ironia che, quando spontaneamente viene fuori, fa molto riflettere il suo interlocutore. Ho conosciuto Nicola più di un anno fa, quando ricevetti una sua telefonata, mi voleva incontrare per riferire quanto succedeva al cimitero di Senigallia dove lui lavorava in qualità di necroforo dal 2006.
Nicola, nato a Castellamare di Stabia (NA), decide nell’anno 2000 di lasciare Napoli, vuole cambiare luogo di vita, vuole costruire per sé e per la sua famiglia una vita dignitosa e viene a lavorare a Senigallia. Trova lavoro prima come operaio edile, successivamente come bidello precario a Fano. Entra poi a lavorare in una grande cooperativa di tipo B (cooperativa per persone svantaggiate e con disabilità) come operatore cimiteriale e comincia a lavorare nel 2006 nei cimiteri di Senigallia, dove la sua cooperativa vince un appalto. Nicola, dopo i trascorsi giovanili difficili, è felice di lavorare e poter mantenere la sua famiglia, felice di vivere nella legalità, ma pretende legalità, pronto a denunciare ogni abuso o ingiustizia verso di sé o altri.
Il lavoro procede, la cooperativa organizza dei corsi di aggiornamento ed è a questo punto che Nicola prende coscienza e apprende che nel suo ambiente di lavoro alcune cose non vanno. Durante i corsi di aggiornamento gli viene detto, ad esempio, che quando si lavora bisogna avere tuta, guanti, maschera e che il luogo dove avviene l’apertura delle casse (per la riduzione delle stesse) va poi pulito e disinfettato per la salute sia degli operai che dei cittadini in visita al cimitero. In particolari lavori, gli operai vengono a contatto con gas, liquidi e polveri e gli viene detto che ogni sera alla fine della giornata lavorativa, gli operai devono fare una doccia in loco e lasciare in loco i vestiti. Ma al cimitero non ci sono le docce a disposizione degli operai, non c’è la lavatrice. Gli viene detto che nelle tombe ipogee il ricevere le bare da sistemare calate con le corde non segue le normative, ci vuole una macchina apposta, il “calabare inclinato”. Gli viene anche detto che è proibito aprire le bare nelle tombe ipogee (di tombe ipogee a Senigallia ce ne sono molte, sono quelle più vecchie con porticina, interrate o seminterrate).
Nicola fa sempre il suo dovere, con abnegazione, e consapevole di fare sempre il suo dovere comincia a chiedere anche i diritti per sé, per gli altri operai e per tutti i cittadini che frequentano il cimitero, chiede proprio quello che ha appreso nei corsi di aggiornamento o durante le visite mediche periodiche ed obbligatorie. Il suo è un lavoro a rischio, a lui piace farlo, ma reclama i dispositivi di sicurezza, nascono i primi attriti con la ditta, Nicola denuncia tutte le mancanze, supportato dall’USI, unico sindacato che lo ha ascoltato e difeso, dopo aver inutilmente chiesto aiuto a molte altre sigle.
Arriva finalmente un box di lamiera con le docce, il calabare no. Intanto Nicola denuncia anche il fatto che nelle varie operazioni si determinano rifiuti speciali e pericolosi che non vengono smaltiti correttamente. Il Comune dopo l’ennesima protesta di Nicola interviene e provvede a modificare lo smaltimento.
Passa il tempo, siamo nel 2014 e il contratto della cooperativa con il Comune sta per scadere e ci sarà un nuovo bando di gara.
La sindacalista (dell’USI) mi dice che in altre parti d’Italia nei bandi di gara viene introdotta una clausola di salvaguardia del posto di lavoro per gli operai esistenti, anche quando il bando viene aperto a tutti e non solo alle cooperative di tipo B. Viene informato di questo l’assessore al bilancio, che dopo nostre insistenze, con una sua personale ricerca scopre la stessa cosa, anche se il dirigente del suo ufficio aveva negato tale possibilità, come si evince da una mail a me inoltrata dall’assessore Francesca Paci.
Parte il nuovo bando e viene inserita la clausola di salvaguardia per gli operai nelle lettere di invito (clausola subordinata agli interessi della ditta). Si effettua la gara, vince una ditta della provincia di Avellino con un ribasso del 46%! Forse si poteva considerare anomalo tale ribasso, infatti la ditta vincitrice va subito in difficoltà. La nuova ditta non porta immediatamente attrezzi e automezzi e nei primi giorni sono gli operai con le auto proprie a trasportare cemento e mattoni. Arrivano poi i mezzi, ma mancano di nuovo le docce perché la vecchia cooperativa aveva già portato via il box docce. Mancano di nuovo tutti i dispositivi di sicurezza e manca ancora il calabare. E cosa non secondaria, siamo in prossimità di Natale 2014, gli operai non ricevono tutte le mensilità dovute. Nicola fa presente queste mancanze e viene minacciato dalla ditta di essere mandato via dal lavoro.
Il Comune si sostituisce, dopo intervento del sindacato e come da normative, alla ditta inadempiente per quanto riguarda gli stipendi.
Il sindacato Usi e il sottoscritto chiedono un incontro al sindaco. Nicola fa presente la situazione e il fatto che la sua posizione lavorativa non è stata ancora regolarizzata, forse perché persona “scomoda” nel reclamare legalità. Il Sindaco, già a conoscenza di tutto, invita Nicola al “silenzio” certo che la ditta con un Nicola ossequioso e silente non avrebbe posto motivi per regolarizzare la sua assunzione. Restiamo tutti interdetti, comprendiamo il momento storico in cui viviamo e che un operaio oggi può essere sbattuto fuori senza riguardo. Nicola ha bisogno di lavorare, non ce la sentiamo di fare gli eroi sulla sua pelle.
Ma l’operaio Nicola, uomo con schiena diritta, non sta muto e dopo pochi giorni riprende a chiedere le docce, il calabare, i disinfettanti. In verità delle docce esistono nel fabbricato del custode, ma non sono a loro accessibili. Nicola fa presente che tutti gli operai a gennaio sono di nuovo senza stipendio. Arriva la fine di febbraio 2015 e ancora niente stipendi e spesso i mezzi sono senza benzina che viene dagli operai stessi pagata.
Mi rivolgo di nuovo e per due volte al dirigente dott.ssa Filonzi per far presente la problematica questione, mi viene detto dalla dott.ssa Filonzi che la ditta di Avellino volontariamente abbandonerà presto l’incarico perché lo ritiene non remunerativo e che già è stata contattata la ditta seconda in graduatoria, una grande cooperativa di Foligno. La nuova cooperativa, che subentra alla ditta di Avellino, convoca sindacati e operai e comunica loro che assumerà solo due dei quattro vecchi operai. Gli altri due operai verranno portati da Foligno!
Incontriamo, a questo punto, il vicesindaco Memè e la dirigente dottoressa Filonzi. Prendono l’impegno di far rispettare tecnicamente l’appalto, ma già capiamo che non c’è volontà politica di intervenire e far valere le ragioni di tutti e quattro gli operai.
Siamo ad oggi e Nicola, ormai senza lavoro, mi chiama ancora una volta, ci diamo appuntamento in un bar, mi chiede se posso scrivere la sua storia, vuole raccontare quanto succede oggi nell’ Italia e nella Senigallia democratica. Scrivo di getto, conoscendo già quasi tutte le vicende, la rileggo. Alla fine sorseggiamo un caffè e gli dico se ritiene il caso che io pubblichi questa storia-denuncia proprio adesso sotto le elezioni, potrei essere accusato di strumentalizzazione, gli suggerisco che forse è meglio darla alla stampa dopo le elezioni. Nicola mi risponde in napoletano: “Luì (Luigi) a me le elezioni non fanno né cardo né freddo, tu si stato pure troppo morbido a raccontà sta storia, ti chiedo per favore di pubblicà. Hai visto mai che a quarcuno si sveglia a cuscienza!” Poi in italiano e con amarezza sul volto: “caro Luigi a certe persone non si sveglia nessuna coscienza e tu lo sai!”
Al cimitero, Nicola, l’operaio dalla schiena diritta, non sta lavorando.
da Luigi Rebecchini,
capogruppo gruppo Misto
Leonardo Maria Conti
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