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Trecastelli: l’omicidio Taurino “fu premeditato”, ergastolo all’esecutore

Condanne a oltre 20 anni per il complice e per la presunta mandante, vicina di casa della vittima

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La Corte d’assise di appello di Ancona ha stabilito che l’omicidio del commerciante Luigi Taurino fu premeditato e che l’autore di quel fatale taglio alla gola debba essere rinchiuso in carcere a vita. E’ la sentenza emessa mercoledì 22 aprile 2015 per i fatti avvenuti il 20 ottobre del 2011, quando, poco prima di rientrare a casa, il commerciante di Trecastelli (allora Ripe) venne avvicinato da due sconosciuti per vendicare delle presunte avances non gradite a una donna.

Nel processo sono imputati Suela Arifaj, 26enne vicina di casa di Taurino e ritenuta essere la mandante dell’omicidio; suo fratello Myrteza Arifaj, 38enne albanese; e Marku Jetmir, 27enne albanese, complice dell’omicidio anche se si sarebbe limitato ad assistere e non materialmente ad uccidere il commerciante di 35 anni di origini pugliesi.

E’ stato proprio il riconoscimento della premeditazione a far salire la condanna in appello per Myrteza Arifaj alla massima possibile, l’ergastolo. Per l’altro albanese imputato, Marku Jetmir, la condanna precedentemente emessa dalla Corte d’assise di Ancona (lo scorso 12 marzo 2014), è stata ridotta di un anno, arrivando così a 21 anni di carcere. Infine alla vicina di casa di Taurino, Suela Arifaj, sono stati confermati i 21 anni da scontare ai domiciliari.

Il blitz è stato raccontato dai tre come una “semplice” spedizione punitiva che non avrebbe assolutamente dovuto trasformarsi in un omicidio: per gran parte del processo i due uomini hanno inoltre sostenuto che Suela fosse ignara del progetto punitivo, tanto che solo alla fine venne costretta ad accompagnarli al luogo dove avvenne l’omicidio. Le difese dei tre hanno sostenuto la tesi accennando alla ferita risultata non profonda, non incisa con forza come un segno della preterintenzionalità del fatto, e accennando anche a un precedente episodio in cui la donna venne aggredita, denunciò l’aggressore e poi ritirò la querela, segno che non aveva un carattere vendicativo.
Per il giudice, che ha invece confermato e persino aumentato le condanne, le cose andarono diversamente.

E’ già stato annunciato il ricorso in Cassazione.

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