Sanità: è il presente ad essere ‘nero’ per Senigallia, non il futuro
Umberto Solazzi (Tribunale del Malato): "Difendere ciò che è rimasto con la riorganizzazione in aree vaste"
“Senigallia non è più solo un satellite di Torrette, ma lo è diventato anche di Jesi e Fabriano. E per evitare questo dovevamo battere i pugni sul tavolo prima, non ora. Inutile chiudere le stalle quando i buoi sono fuggiti“. Così esordisce Umberto Solazzi, il coordinatore del Tribunale per i diritti del malato di Senigallia che dal 2003 si batte per segnalare e denunciare, a volte inascoltato, le criticità che il nostro ospedale cittadino sta passando da tempo.
“Molto spesso – spiega Solazzi, coordinatore di un gruppo di volontari che si autotassano per poter svolgere le proprie funzioni di fronte a, nel 2014, oltre 700 utenti – quando si parla di sanità si sente dire che ‘abbiamo ottenuto quello’ o ‘siamo riusciti ad avere quest’altro’, ma non è così“.
Cosa significa?
“Significa che non abbiamo ottenuto nulla. Bisognerebbe dire che ‘ci hanno lasciato quello o questo’ perché di briciole si tratta. Senigallia è stretta tra l’ospedale di Ancona Torrette, il polo Marche Nord e il nuovo ‘modello’ di Jesi. Ci aspettavamo forse che lasciassero le unità operative complesse in questa struttura? Ci hanno chiamato gufi e cassandre, ma finora nessuno ci ha smentito”.
Ma quali sono le criticità dell’ospedale di Senigallia?
“Beh, ormai abbiamo perso, come complesse, le unità operative di oculistica, otorino, oncologia, radiologia, laboratorio analisi. A breve andrà in pensione il direttore di nefrologia e dialisi e probabilmente non verrà sostituito; è andato in pensione il direttore del centro trasfusionale e non è stato sostituito; c’è carenza di personale infermieristico e medico; ci hanno tolto – e non li riprendiamo più – 37 posti letto in medicina e degenza post-acuzie. Abbiamo macchinari vecchi, mentre altre zone dell’area vasta 2 ne hanno di nuovi, anche se non ne avevano fatto richiesta e anche se non c’è personale per utilizzarli”.
Anche il reparto amministrativo è stato spostato…
“Esatto, sono stati ridimensionati gli uffici amministrativi per spostare tutto a Fabriano, con il risultato che se si rompe un macchinario qui a Senigallia la richiesta va fatta a Jesi che la gira a Fabriano. Poi, con i tempi lunghi che ormai necessariamente decorrono a causa di questa procedura burocratica, quando è stata presa la decisione anche su un intervento modesto come una piccola spesa, avviene il passaggio contrario”.
Tutto questo è avvenuto con la riforma del sistema sanitario e il passaggio alle aree vaste?
“Si, così come è concepita l’area vasta non risolve i problemi, li ingigantisce. Basti pensare che il direttore, che una volta era presente in questa struttura, ora deve venire da Fabriano e poi andare a Jesi, Osimo, Loreto negli altri giorni della settimana… così come alcuni primari si devono dividere tra Jesi, Fabriano e Senigallia, con aggravio di tempi e di costi. Senza contare altre questioni, come i turni del personale o le ferie: chi le gestisce se il primario c’è due volte a settimana e deve dividersi tra tutti i compiti che gli spettano?”
Per quanto riguarda le liste di attesa la situazione è migliorata? Si sono risolte le lunghe code?
“Che dire del cup unico? Per prestazioni che nel privato si possono fare a pagamento in settimana, negli ospedali pubblici bisogna attendere anche più di un anno. Le prenotazioni di alcune visite specialistiche sono arrivate ‘fuori agenda’. Che significa? Che se provi a prenotare il cup non sa dirti quando presentarti. E per legge non può avvenire”.
E’ tutto così nero nella sanità locale?
“No, ovviamente ci sono gli aspetti positivi. C’erano 1.600 pazienti in attesa di essere operati alla cataratta, ma grazie all’equipe del primario di oculistica Littera, ne sono stati operati tanti da scendere sotto quota 500; è stato nominato il primario di cardiologia; e c’è tanto personale che dà l’anima perché l’ospedale vada avanti nel migliore dei modi, facendo turni consecutivi senza ferie, oppure lavorando anche per qualcuno che invece se la prende comoda. E lo fa sempre con un atteggiamento positivo”.
Ma non potrà andare avanti sempre così…
“Esatto. E se poi qualcuno per stanchezza dovesse commettere qualche errore, io non mi sentirei nemmeno di incriminarlo perché è già sottoposto a una condizione estenuante. E poi l’ospedale nemmeno ha la copertura assicurativa, come invece hanno le aziende di Marche Nord o l’Irca”.
C’è un problema di fondo che è la carenza di personale dunque?
“Si che c’è, e da anni. Ultimamente avviene che se dieci persone vanno in pensione, ne vengono assunte, con alcuni precari, solo sette. Mentre i dirigente aumentano. E prendono i premi se ottengono risultati da questa ‘ottimizzazione’. Non siamo una regione virtuosa, perché con i tagli operati, finora si è messo a rischio il sistema sanitario locale. E poi vorrei sapere: dov’è finito il premio di qualche milione di euro che la Regione ha ottenuto proprio per questa virtuosità?”
Quindi cosa si può fare ora? Che appello fare ai politici dato l’avvicinarsi delle prossime elezioni?
“Ormai è tardi per dare l’allarme e non voglio fare politica: ho smesso da anni e sono più che contento. L’unica cosa che si può fare è salvare ciò che è rimasto, a denti stretti. Perché dell’ospedale di Senigallia – che copre tutta la valmisa dove ci sono state già tante chiusure – non rimanga in futuro solo una ‘probabile’ casa della salute”.
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