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Quando i sogni gridano: Marco Bellocchio!

La filmografia del grande regista racchiusa in un sogno inquietante

Optovolante - Ottica a Senigallia
Marco Bellocchio

Era buio, ma sentivo l’aria muoversi sul mio viso. Per un attimo ho creduto di essere diventata cieca, vittima di uno scherzo meschino. Sentivo delle risa o ho immaginato che qualcuno potesse fare dei gesti, delle mosse schizofreniche, delle smorfie diaboliche di fronte al mio viso, facendosi beffa di me, poi arrivò la luce. A piccoli passi mi muovevo in quel luogo labirintico, l’aria puzzava di vecchi libri e sudore stantio. Cominciava ad essere chiaro, ero in balia di un sogno, non conoscevo quei posti fetidi e chiusi… ma ero sicura di averli già visti da qualche parte. Vertigini.

Cercavo con lo sguardo dei punti di riferimento, ma proseguendo mi sembrava di aprire più volte le stesse porte, inciampare sempre negli stessi gradini, vedere continuamente gli stessi quadri, respirare costantemente la stessa aria. I muri trasudavano umidità e viscidume, gli oggetti e le iconografie religiose si alternavano a scritte blasfeme, poi ad un tratto ci fu del fumo, ne seguii la scia e raggiunsi un focolare. Qualcuno stava bruciando scheletri di un vissuto detestato, c’erano armadi, sedie, crocifissi, bandiere, c’erano foto di famiglia, c’era il ritratto di un qualche politico, c’era una Bibbia.

Tutt’intorno a quel rogo vidi persone sistemate in cerchio, come in una seduta di Analisi Collettiva, alcune parlavano, altre ascoltavano ed altre stavano mute ed assorte.

<< Pippo si è suicidato solo perché aveva voglia di farlo, in assoluta libertà. Il suicidio è un diritto che va difeso a tutti i costi>>

Un uomo s’era d’improvviso alzato in piedi ed aveva espresso queste parole con ferma convinzione. Gli si scatenarono contro tutti i preti presenti a quello psicotico comizio citando passi biblici alternati ad oscenità.

<< Era matto! >> aggiunse una Balia cullando due bambini, uno avvolto in vecchie coperte, che le somigliava tremendamente ed un altro dalla pelle candida ed il lenzuolino di pizzo. Accanto a lei vi era una sedia vuota con un biglietto appoggiato “Riservato a Luigi Pirandello”

<< Nella follia signori, vive uno spirito ancor più sovversivo che in molti movimenti polici tradizionali! E ci siamo capiti! >> rispose ridacchiando un omuncolo con indosso una barba palesemente finta, di quelle che si comprano a carnevale. Accanto a lui tanti giovani sghignazzavano picchiandosi con manganelli in plastica gridando “Discutiamo, discutiamo”.

Era tutto così criptico, indecifrabile. Fu lo spavento a farmi parlare. Chiesi ad alta voce, interrompendo quella stramba riunione, se fosse tutto frutto della mia immaginazione. Non so chi, ma qualcuno mi rispose: << l’immaginazione è reale>> Io rimasi muta, ma qualcun altro al mio posto aggiunse << forse è tutta una favola >>. Annuii con la testa, compiaciuta del fatto che ci fosse chi la pensasse come me, non poteva essere concreto ciò che stavo vivendo, doveva per forza essere fantasia. Mi si avvicinò dunque un giovane mascherato, mascherato da cane, disse di aver appena concluso una recita, un omaggio alla psicanalisi, una rappresentazione simbolica per esorcizzare le proprie paure ed esplicitare le proprie pulsioni. Poi aggiunse << Le favole sono vere, ma bisogna essere molto, molto intelligenti per comprenderle >> ed iniziò a farsi il segno della croce, ma si fermò al primo gesto “Nel nome del padre”.

A quel punto fuggii, mi misi a correre ma inciampai in un corteo di folli, tre coppie di personaggi sfilavano di fronte a me non lasciandomi passare. Parlavano, ma non esprimevano pensieri, pronunciavano solo i propri nomi, ma lo facevano con una voce, un timbro, un’ impostazione tale, che sembrava avessero il diavolo in corpo. << Vittorio! Augusto!>> <<Giulia! Elena!>> <<Ale! Camillo!>>. Finalmente riuscii a divincolarmi, aprii la prima porta che mi capitò accanto e vi entrai. Assorto nella stesura di una sceneggiatura c’era un uomo, che se ne stava seduto divorando fagioli. Tutto a terra c’erano dozzine di barattoli di fagioli in latta, vuoti, usati per creare una barriera. Chiusi subito l’uscio e proseguii, il corteo era oramai lontano. Raggiunsi un chiostro, c’erano frati che passeggiavano tenendosi la mano, al centro c’era una grande immagine di donna, una donna matura stampata su tela. Vestiva un gran bel sorriso. Ai piedi dell’immenso quadro c’era un uomo inginocchiato, sembrava pregasse… invece bestemmiava.

Al rintocco dell’ultima diabolica imprecazione mi svegliai, ero nel mio letto… era stato tutto un tremendo e affascinante incubo. Avevo sognato il Cinema di Marco Bellocchio.

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