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Il cinema si intervista, conversazione con Francesco Rosi

Viaggio nella storia del maestro che da poco ci ha lasciati

Francesco Rosi

“Il cinematografo è un miracolo, un grande sostegno per l’affermazione della democrazia. Nelle scuole andrebbero proiettati i grandi film, diventerebbero un valido aiuto anche per capire la storia, il cinema che ho fatto io è un mezzo di conoscenza ed un mezzo di riflessione” (Francesco Rosi)

 

Ci ha lasciato il 10 Gennaio di quest’anno Francesco Rosi, uno tra gli ultimi testimoni degli Anni Ruggenti del Cinema Italiano, un regista e sceneggiatore impegnato per tutta la sua formidabile ed apprezzata carriera a raccontare storie, fiabe e leggende, a denunciare situazioni e compromessi sviluppatisi come metastasi nel corpo fragile dell’Italia.

Una carriera perfetta la sua, iniziata al fianco di un grande regista, Luchino Visconti sul set di La Terra Trema e Senso, proseguita con successi e dispiaceri per quasi cinquant’anni, collezionando la stima dei colleghi, la devozione del suo staff, l’amore di pubblici internazionali, l’emulazione delle successive generazioni di cineasti e naturalmente molti, moltissimi premi.

Dopo aver girato alcune scene del film Camicie rosse di Goffredo Alessandrini ed aver co-diretto con Vittorio Gassman il film Kean – Genio e sregolatezza, finalmente Rosi poté girare nel 1958 il suo primo lungometraggio “La Sfida” che ottenne grandi consensi di pubblico e di critica.

Si alternarono poi clamorosi successi tra cui Salvatore Giuliano, Uomini Contro, Il caso Mattei, Luky Luciano, Le Mani sulla Città, La tregua ed ottimi progetti sperimentali che ebbero meno applausi dalla critica come I Magliari, C’era una volta, Carmen etc.

Ma si sa, dietro ogni bel film c’è un ottimo regista e dietro ogni ottimo regista c’è sempre e comunque un Uomo. Un uomo, nel caso di Rosi, che fu messo a dura prova dalla sua stessa vita, che gli concesse tanta fortuna dal fronte lavorativo e che gli strappò via più di una volta un Amore, prima quello per la figlia Francesca, morta adolescente in un incidente stradale in cui lo stesso Rosi rimase gravemente ferito, e quello per una moglie, Giancarla, malata gravemente di depressione, che morì alcuni anni fa in un incendio casalingo, appiccato accidentalmente dalla sua stessa sigaretta.

È vero pure, che dietro ogni Uomo c’è una Storia e nel caso di Rosi, è una storia fatta di compagni di vita formidabili, come i grandi del Cinema e della Letteratura, i giganti dell’elite intellettuale degli anni ’70, grandiosi artisti italiani e stranieri. Fra tutti ci piace ricordare l’amicizia che lo legava a Martin Scorsese e quella meravigliosa condivisa con Gabo Márquez, ma anche Marcello Mastroianni, Franco Zeffirelli, Eugenio Scalfari, Carlo Levi, Raffaele La Capria, Aldo Giuffré e Giuseppe Patroni Griffi.

Tra gli amici più giovani di Rosi, voglio ricordare il premio Oscar Giuseppe Tornatore, che emulando il famoso testo: “Il Cinema secondo Hitchcock” ideato da François Truffaut, nel 2012 ha voluto regalare ai Cinefili doc e non solo, una bellissima intervista a Francesco Rosi intitolata “Io lo chiamo Cinematografo”, in cui il saggio cineasta racconta al collega più giovane la sua vita, la sua carriera, le sue amicizie e i suoi film, il tutto farcito di divertenti aneddoti e confidenze commoventi. Mi auguro che troviate anche voi emozionate questo testo e spero che possa esso farvi apprezzare ancor di più il lavoro di Rosi e mi raccomando ricordate sempre che
Il Cinematografo è troppo serio per essere solo uno spettacolo.

“Quando andai a Parigi a presentare Cristo si è fermato ad Eboli, una sera mi arrivò una telefonata in albergo: “noi non ci conosciamo, ma volevo dirle che il suo film è bellissimo!” era Audrey Hepburn… Che donna delicata e gentilissima… Un emozione indescrivibile” ( Francesco Rosi)

Giulia Betti
Pubblicato Domenica 1 marzo, 2015 
alle ore 14:15
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