Senigallia, è iniziata la mostra fotografica di Walter Ferro
Fino al 15 febbraio al Dinamica Donna Glamour
Vi sono immagini che tutto spiegano nella ridondanza propositiva dell’universo fotografico, e che finiscono per dire nulla perdendosi nel loro continuo rimpiazzarsi. E altre immagini che non hanno la pretesa di descrivere, di raccontare, di spiegare. E nemmeno lo scopo di condividere emozioni. Non forniscono certezze, non sono rassicuranti. Esse semplicemente sono in quanto necessità interiore, strumenti di autoanalisi e di conoscenza.
In questo tipo di immagini Walter Ferro ha elaborato nel tempo la sua poetica dell’ignoto, una continua esplorazione nelle terre di confine in cui si fondono e si confondono realtà e immaginazione, presente e passato, certo e incerto.
“I sogni sono escursioni nel limbo delle cose, un semi-liberazione dalla prigione umana“, diceva Henri Amiel. Ed è nel limbo della dimensione onirica che la fotografia di Walter ferro trae ispirazione e si manifesta, svelando tasselli nascosti di un mosaico in divenire.
Nei territori sospesi prendono forma visioni epurate da qualunque certezza.
Montagne o cattedrali gotiche? Roccia o materia evanescente? Quale sole illumina l’abisso e si nasconde alle cime? Dove finiscono le ombre e dove cominciano le tenebre?
Appare un sostanziale, precario equilibrio nella conflittuale contrapposizione simbolica tra bianco e nero: a determinata quota di uno, corrisponde, sulla superficie, altrettanta quota dell’altro. Ma se la fotografia è un istante sottratto a un continuum, e se è vero che essa dice più in ciò che non mostra che in quanto sia esplicito, sarà il bianco a prevalere sul nero, o viceversa? Sarà forse un perenne equilibrio? Domande, appunto. Non risposte.
La scelta del taglio quadrato di questi paesaggi (paesaggio=landscape=orizzontale) proprio a questo è funzionale. Non c’è in esso orientamento. L’occhio è costretto a vagare vorticosamente alla ricerca di certezze volutamente omesse. Il dubbio, latente, s’insinua nella mente, ci costringe a pensare.
Ad occhi socchiusi, in compagnia del silenzio, nei territori sospesi.
da Massimo Renzi
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