Dopo la strage di Charlie Hebdo: Parigi raccontata da chi ci vive tutti i giorni
Intervista ad un senigalliese trapiantato nella capitale francese, luogo del grave attentato terroristico
Mercoledì 7 gennaio 2015, intorno alle 11.30 a Parigi un commando di tre uomini armati con fucili d’assalto ha attaccato la sede del giornale satirico Charlie Hebdo. Nell’attentato sono morte dodici persone e undici sono rimaste ferite. Tra questi il Direttore Stéphane Charbonnier e collaboratori storici del periodico (Cabu, Tignous, Georges Wolinski, Honoré).
Pochi istanti prima dell’attacco, il settimanale satirico aveva pubblicato sul proprio profilo Twitter una vignetta su Abu Bakr al-Baghdadi, leader dello Stato Islamico. Durante gli eventi seguenti all’attentato sono morte altre otto persone: i due responsabili, un loro complice, i quattro ostaggi di quest’ultimo ed una poliziotta, portando così il totale a venti vittime. Si è trattato del più grave attentato terroristico in Francia dal 1961.
Mercoledì 14 gennaio, ad una settimana dell’attentato, Charlie Hebdo è tornato in edicola; i superstiti del settimanale hanno lavorato, ospiti della redazione del quotidiano francese Liberation, al nuovo numero, stampato in 3 milioni di copie anziché le consuete 60.000. In copertina, una nuova vignetta di Maometto, che, piangendo, regge un cartello con la scritta “Je suis Charlie”. E’ andato a ruba già dalle prime ore del mattino e ne è stata annunciata la ristampa fino a 5 milioni di copie.
Ad una settimana dai fatti abbiamo voluto fare alcune domande a chi il polso di questa Francia ferita lo tasta nel quotidiano: l’ostrense Simone Piangerelli, classe 1979, nativo di Senigallia, si è trasferito in Francia da 6 anni, 4 di questi vissuti proprio a Parigi. Ecco le considerazioni di chi i fatti li ha vissuti in questi ultimi 7 giorni da un punto di vista molto più vicino del nostro.
Come sono stati metabolizzati dai Parigini i drammatici fatti degli ultimi giorni? A livello mediatico si è innescato un meccanismo a tratti anche molto semplicistico che associa l’Islam al terrorismo e vede nell’immigrazione un potenziale pericolo; Parigi è da sempre tra le metropoli più cosmopolite del mondo… sta cambiando qualcosa?
E’ancora un po’ presto per capire quali saranno gli atteggiamenti futuri ma la gente ha già risposto in maniera solidale con grandi manifestazioni per dimostrare che non si ha paura. Certo che il primo riflesso, soprattutto nei ceti più bassi, é quello razzista nei confronti delle comunità musulmane. L’esempio più chiaro é stato quello della dichiarazione di Marine Le Pen che a caldo ha subito tentato di strumentalizzare questi fatti a proprio favore, ottenendo in risposta un’emarginazione del suo partito che l’ha portata ad essere esclusa dalle tavole di discussione. Quest’ultima cerca ora di riprendersi ma il suo partito di estrema destra sembra un po’ relegato ad una situazione addirittura di “non partito”.
In realtà tutti sono consapevoli che l’Islam in quanto tale non é l’origine del male, altrimenti come giustificare le stragi in America nelle scuole pubbliche o ad Oslo. Gli squilibrati ci sono ovunque e quello che fa veramente paura é che non si possono prevedere al 100%. Bisogna comunque dire che in questo momento le persone che si radicalizzano provengono quasi sempre dagli stessi ambienti: persone emarginate ed in difficoltà che convertite all’islam, o già praticanti questa religione, si lasciano convincere da queste idee che provengono da persone residenti in zone in cui si cova rancore verso il mondo occidentale. Si prende la religione come pretesto ma in realtà questa é strumentalizzata come avviene all’interno di una setta.
In tanti hanno colto l’occasione per riesumare vecchi fantasmi e dichiarare guerra all’Islam, e non solo in Francia. Qual è il grado di integrazione nella capitale francese della religione mussulmana?
In Francia ci sono 6 milioni di musulmani ufficiali, il che vuol dire un cittadino su dieci. Molti di questi sono residenti da oltre 50 anni ed hanno addirittura dei nipoti nati con nazionalità francese. Persone di religione musulmana sono ormai anche fra le alte cariche dello stato, quindi direi che fanno parte del tessuto sociale.
Altro argomento caldo è quello della libertà di stampa e di pensiero: la scritta “Je suis Charlie” imperversa da ogni parte… qual è il pensiero della comunità parigina al riguardo?
Forse é su questo punto che si vede il vero problema. La società musulmana non accetta di buon grado la laicità di questo paese che permette a chiunque di esprimersi come vuole. Il giornale Charlie faceva caricature su tutte le religioni ma solamente su questa “non si poteva scherzare”. Da lì forse parte qualche fenomeno di radicalizzazione e di intolleranza. “Je suis Charlie” é lo slogan che é stato scelto spontaneamente da tutti quelli che volevano riaffermare questo principio che é cardine della società francese.
Nonostante l’epilogo che aria si respira in Francia? Sono stati sguinzagliati più di 80mila agenti per venire a capo dei due fratelli attentatori: il paese si è scoperto improvvisamente fragile? Le Pen ha chiesto il ritorno alla pena di morte: credi che questa spirale di violenza porterà a dei cambiamenti radicali?
Certo che alla luce dei fatti si potrebbe dire che non si é stati in grado di prevenire, né di contrastare questo attentato, né tanto meno di arrestarne la fuga dei terroristi e che alla fine nonostante l’enorme spiegamento di forze non si sia riusciti ad individuare e neutralizzare immediatamente i fuggitivi. Malgrado tutto ciò non credo cambierà molto perché i cittadini hanno risposto compatti nel nome di “Je suis Charlie” e che é chiaro che il fenomeno é circoscritto alle poche centinaia di persone che vanno in Medio Oriente per formarsi al terrorismo. Il partito di Le Pen avanza nei consensi da qualche mese e prolifera in questo periodo di difficoltà. I suoi metodi ricordano però quelli radicali che hanno portato al fascismo e che restano lontani dal sentimento della maggior parte dei francesi.
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