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Svolta a Senigallia la premiazione del concorso letterario “Patrizia Brunetti”

Oltre 270 concorrenti da ogni parte d'Italia hanno partecipato all'edizione 2014 - FOTO

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Cerimonia finale a Senigallia del premio letterario nazionale Patrizia Brunetti

Si è conclusa, presso l’Hotel Bice di Senigallia, la 7a edizione del premio nazionale letterario “Patrizia Brunetti”. Istituito nel 2007, il premio è un modo per i suoi fratelli Luigi, Stefano, Claudio e Andrea, assieme alla zia Anna, titolari dell’hotel, per mantenere vivo il ricordo di una giovane donna portata via da un male incurabile che aveva contribuito a rendere sempre più accogliente l’hotel senza trascurare gli studi e l’amore per l’insegnamento.

La partecipazione all’edizione 2014 del premio letterario è stata notevole: ben 277 concorrenti, da ogni parte d’Italia. A questi sono da aggiungere quattro residenti all’estero, che hanno voluto spedire i loro lavori testimoniando, così, l’attenzione che anche fuori dei confini d’Italia è riservata al premio.
La giuria, composta dai prof.ri Anna Annibali, Andrea Bacianini, Alessandra Ceccarelli e Roberta Rèpaci, presidente Camillo Nardini, ha espresso il proprio compiacimento per la qualità dei lavori che è stata caratterizzata, in una discreta percentuale di essi, da un’apprezzabile competenza letteraria e da una notevole conoscenza delle dinamiche narrative.

Dalla lettura degli scritti inviati, in prosa e in versi, è emerso una sorta di spaccato sociale interessante, un tracciato culturale che mette in luce un diffuso stato d’animo degli italiani accomunati dalla cifra della scrittura: un senso di leggera inquietudine, di soffusa malinconia che trova il suo rifugio terapeutico nel ricordo, nel passato, oppure nell’evasione e nella fantasia. E’ noto da tempo, ormai, che l’atto dello scrivere libera da molte emozioni le quali, se non esternate, si consumano nel fondo dell’inconscio e rischiano di incidere sull’umore e sui comportamenti degli individui. In altre parole, scrivere aiuta a sfogarsi e liberarsi dall’eccesso di pulsioni, indirizzandole verso esiti consolanti e rassicuranti.

La vincitrice della sezione poesia è risultata Barbara Cannetti (Corlo, Ferrara), seguita da Vito Massa (Bari) e Sonia Camagni (Monsano, Ancona). Nella sezione prosa il primo posto è stato conquistato da Chiara Rossi (Santa Margherita Ligure, Genova), seguita da Mario Malgieri (Genova) e Anna Silvia Armenise (Bellaria, Rimini). L’organizzazione ha deciso, su segnalazione della giuria, di attribuire alcuni riconoscimenti a Maria Tiziana Cerabino (Vigo, Spagna) e Maria Grazia Vai (Bubbiano, Milano) per la sezione poesia, e Isabella Castelluccio (Benevento), Anna Maria Rosa Di Marco (Partinico, Palermo) e Marco Tabellione (Montesilvano, Pescara) per la sezione prosa.

Cerimonia finale a Senigallia del premio letterario nazionale Patrizia BrunettiCerimonia finale a Senigallia del premio letterario nazionale Patrizia BrunettiCerimonia finale a Senigallia del premio letterario nazionale Patrizia Brunetti

La cerimonia della premiazione si è svolta con la lettura di alcuni lavori dei concorrenti ed una commovente citazione alla memoria dello scrittore ignoto. Tale “citazione” è nata a seguito di una interessante corrispondenza epistolare con la famiglia Carpo (di Pizzighettone, in provincia di Cremona) che ha chiesto di leggere un brano di una lettera, ritrovata nel fondo di un baule nella soffitta della propria abitazione. La lettera assume le caratteristiche di documento storico e letterario. Le lettere originali (due) sono state consegnate al Museo del Reclusorio di Pizzighettone e definite “raro documento del Reclusorio…“. E’ la lettera di un giornalista – rimasto per ora sconosciuto – che svolgeva il servizio militare in Pizzighettone.
La riportiamo qui di seguito.

 

Lettera alla famiglia

Pizzighettone: 26-12-1924

Carissimi,
il giorno di Natale l’ho passato né bene né male; l’ho passato così; come una festa qualunque, assalito da una costante malinconia.
L’ho passato bene riguardo al vitto ed al servizio. Moralmente però, l’ho passato male, anzi sarei quasi tentato di dire malissimo. In ogni momento, in ogni luogo, in ogni ora, sempre, ero soggetto a lontani ricordi, a pensieri nostalgici. Sempre pensavo agli altri anni, passati lietamente in famiglia… Ore tristi di solitudine e di ricordi; attimi cocenti di malinconia e di rimpianti; momenti passeggeri di rabbia impotente…: la lontananza!
Quando la sera scese, avvolgendo con le sue ombre tutte le cose terrene; sembrò volesse calare un nembo di doloroso mistero, il quale volesse rendere schiava ogni gioia, tanto difficile e rara in questo luogo di sventura. Ed è appunto in questi momenti che si ridestano più intensi gli affetti e i ricordi, e più violenti si risvegliano i sopiti desideri.
Se per me è duro, ben più duro dev’essere, per i tanti sventurati che si trovano qui detenuti, lontani anch’essi dalle loro famiglie, impossibilitati godere anche di minimi momenti di gioia.
Nelle fredde e mute camerate, nei piccoli cortili chiusi da altissime mura e dai quali null’altro vedono al mattino che sorgere il sole, e la sera sollevarsi fra i lontani colli la luna; essi nulla sentono, all’infuori dell’eco festosa della vita libera e attiva.
Curvi sotto il grave peso di un atroce dolore; inerti, avviliti, affranti, guardano con infinita tristezza, nelle notti lunghe di quest’inverno, fra le piccole finestre munite di solidissime inferiate, un lembo dell’immenso cielo stellato ed ascoltano la voce sferzante e seducente della natura che invita a godere il supremo bene concesso agli uomini: la libertà!…
Nel profondo silenzio degli uomini e delle cose, la luna, questa pallida e segreta testimone dei loro dolori, che guarda e tace, naviga nello spazio sconfinato del firmamento lasciando un raggio di luce nell’edificio: essa è la sola notturna visitatrice di questo sinistro albergo.
Non un’affettuosa parola per sollevare lo spirito, non una carezzevole mano per lenire il dolore.
Al di là di queste mura che la scolta attentamente sorveglia, altri uomini, molti forse peggiori di loro, vivono nell’opulenza delle loro gioie, noncuranti, purtroppo, dell’immenso dolore compreso in questi infelici caduti nel baratro dell’ignominia, spesso più per inesperienza che per vizio, per una passione che per un odio, e che nel disperato abbandono, nel tormento della loro sventura, nell’amarezza dei sogni lontani, tra cocenti lagrime consumano gli anni più belli.
Nulla posso più dirvi, o almeno nulla ho più a dirvi: vi ho espresso press’a poco come ho passato la festa di Natale; lascio a voi ora, di farvene un concetto.
Gradite pertanto i miei più affettuosi saluti.

Vostro devotissimo
Carletto

Camillo Nardini alla cerimonia finale a Senigallia del premio letterario nazionale Patrizia BrunettiCerimonia finale a Senigallia del premio letterario nazionale Patrizia BrunettiCerimonia finale a Senigallia del premio letterario nazionale Patrizia Brunetti

 

Foto di M.Mariselli

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