Far politica a Senigallia tra cementificazione e abusi di potere
Una quindicina di studenti tra i 15 e i 18 anni hanno fatto sentire la loro voce
Mercoledì mattina, alle 7 e 30, alcuni militanti del collettivo studentesco di Senigallia si sono recati al campus cittadino, il polo che riunisce circa 4000 studenti in 4 istituti, per dare vita a un’azione che, nell’ottica del percorso politico verso e oltre la mobilitazione del 12 dicembre, portasse l’attenzione del dibattito politico sulla speculazione edilizia.
Una vertenza affrontata da anni ma, soprattutto dopo l’alluvione che il 3 maggio ha devastato la nostra città, più che mai attuale: il modello di sviluppo economico adottato da anni nel nostro paese basato su cementificazione, sfruttamento dell’ambiente e dei lavoratori e i suoi legami tanto con i drammatici eventi di maggio, quanto con le politiche del governo Renzi e con lo sbloccaitalia.
Una quindicina di studenti tra i 15 e i 18 anni dietro uno striscione, un intervento al megafono, nastro rosso e bianco a simboleggiare la responsabilità della cementificazione verso le vittime dell’alluvione; né più né meno che l’esercizio puro e semplice del diritto a vivere la propria città e ad attraversare la quotidianità e gli spazi sociali cittadini attraverso una prassi politica critica e costruttiva da parte di un collettivo composto da ragazzi che da anni costituisce una soggettività politica presente e attiva in città.
E’ esattamente qui, nella legittimità del gesto, che si inserisce l’abuso di potere: mentre distribuiva a mano i volantini dello sciopero di venerdì prossimo una sedicenne militante del collettivo è stata avvicinata da un poliziotto che con fare intimidatorio, dopo aver visto la natura del volantino, l’ha fatta avvicinare alla vettura per prenderle il nominativo; la ragazza, comprensibilmente in soggezione, ha chiesto il perché di tale richiesta, questa è stata la risposta “Non hai diritto di sapere niente, sono un pubblico ufficiale e le domande qua le faccio io“. A questo punto altri ragazzi, Ambra, Ejona, Matteo e Sara, rimasti anche loro a volantinare dopo l’azione, si sono avvicinati all’agente per chiedere spiegazioni, il poliziotto ha reagito affermando di non sopportare “ questi ventenni spiritosi” e cominciando a chiedere il responsabile di “questo ambaradan” bestemmiando e con un atteggiamento violento, soprattutto considerando che si rivolgeva a studenti nella piena legalità; ha poi accusato i ragazzi di aver imbrattato un muro, quando gli è stato fatto notare che era solo stato appeso uno striscione, che poteva essere tranquillamente sfilato, ha perso la pazienza e, con lo stesso fare aggressivo e intimidatorio, ha preteso i nominativi di tutti i presenti, impedendogli, tra l’altro, di entrare a scuola in orario, il tutto con il tacito appoggio della collega.
Si parla dell’uso (anzi abuso) del proprio ruolo istituzionale per spaventare, e praticare violenza psicologica deliberatamente a danni di ragazzi -quattro ragazze e un ragazzo, tre diciottenni e due sedicenni. Si parla di accuse false formulate contro studenti che esercitavano il loro sacrosanto diritto a fare politica e a portare questioni di attualità tra i banchi di scuola, un luogo dove troppo di rado il dialogo ed il confronto aperto e orizzontale tra studenti trovano spazio. In un periodo in cui i candidati alla carica di sindaco a Senigallia non fanno altro che parlare di sicurezza, assistendo a fatti del genere viene spontaneo chiedersi se sia accettabile che gli studenti medi senigalliesi, mentre pongono questioni fondamentali per il loro futuro ai loro coetanei, non possano sentirsi al sicuro per paura della polizia.
Se questa è la risposta delle istituzioni e dello Stato alla nostra voglia di impegnarci attraverso l’azione politica sappiate che non è sufficiente a fermarci; contro jobsact, sblocca italia e “buona scuola“.
#civediamoil12, cari oppressori, per una #lezionedisciopero.
Non un passo indietro!
da Collettivo studentesco
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