De Amicis: “a Senigallia la differenziata cresce, ma i costi non diminuiscono”
L'esponente di MSFT: "questo tipo di raccolta è forse la solita bugia radical chic?"
La settimana scorsa l’Osservatorio comunale dei rifiuti ha evidenziato che a Senigallia la raccolta differenziata (RD) ha raggiunto il 66%, risultato al quale però non corrisponde una diminuzione dei costi per i cittadini.
Ricordo che al momento del passaggio dai cassonetti ai mastelli, a Senigallia lo slogan era “più differenziata meno costi per i cittadini”, che il servizio porta a porta, riducendo la percentuale di rifiuti da smaltire in discarica, avrebbe contenuto i costi. Inoltre da vent’anni incessantemente, al cittadino viene ripetuto che il privato è più efficiente del pubblico, che occorrono più riforme, più privatizzazioni, più liberalizzazioni, cioè occorre esternalizzare il servizio. Ed allora chiedo all’Assessore Campanile: “se la raccolta differenziata ha raggiunto il 66% e se il privato è più bravo del pubblico perché i costi per i cittadini non diminuiscono? “.
Per quanto riguarda la città di Senigallia:
1.E’ sufficiente visitare il sito del CIR33 per rendersi conto della scelta del tipo di servizio che è stato richiesto alla ditta appaltatrice. Nel documento “disciplinare tecnico prestazionale”, è indicato con bassa stagione, un periodo di 40 settimane, e con alta stagione il periodo estivo di 12 settimane. E’ chiaro che durante l’estate, data la presenza dei turisti, la quantità di rifiuti è notevolmente maggiore rispetto al periodo invernale. Ed allora perché non rimodulare il tipo di servizio, con più mezzi durante l’estate e riducendoli in inverno, quando la città si svuota? Per abbassare i costi, ad esempio si potrebbe sperimentare una differenziazione dei rifiuti non più a monte (il cittadino trasformato in netturbino), ma a valle (prima raccolgo e poi differenzio), oppure ad esempio posizionando campane e cassonetti condominiali con tecnologia RFID (microchip) sia in zone residenziali che isolate. Inoltre il Comune dovrebbe premiare, con sconti sui tributi locali, quei cittadini che consegnano in appositi spazi di raccolta, il vetro, l’alluminio, la carta e la plastica. Rimarrebbe da smaltire solamente l’indifferenziato e l’umido. Che cosa aspettiamo a realizzare un termovalorizzatore?.
2.A distanza di anni, ancora una volta, superficialmente e furbescamente (ingannevolmente) la RD è stata presentata come la soluzione ideale al problema rifiuti, mentre la RD non è un metodo di smaltimento, ma solo un metodo di raccolta che niente dice su cosa effettivamente succede ai rifiuti una volta tolti dalla strada. Cosa succede al rifiuto, dopo aver differenziato, riciclato e riutilizzato? I processi che coinvolgono le plastiche, il vetro ed i metalli si basano sostanzialmente sulla fusione di queste frazioni. Tutti questi processi di fusione avvengono in veri e propri inceneritori di taglia medio-piccola, dai quali, come avviene negli inceneritori classici, si ha anche un certo recupero energetico e termico. Salvo l’unica eccezione del legno, i processi di fusione, o recupero sono sempre gli stessi. Che si differenzi o meno, avremo un prodotto residuo solido e una grande quantità di fumi. Seppur in quantità spesso minori (ma non sempre di molto) nel caso questi processi di termovalorizzazione siano utilizzati a valle di una RD, le problematiche ambientali rimangono le stesse: residui da interrare e fumi in atmosfera. Non vorrei che la RD sia la solita bugia politically correct e radical chic che piace tanto agli ambientalisti di Neanderthal.
Per questo, mi auguro che nell’ormai imminente campagna elettorale si discuta dell’efficacia della RD, e si apra un dibattito costruttivo per avere bollette più leggere e zero ideologia.
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