Post alluvione Senigallia, le pressioni politiche e gli interventi possibili
Intervento della Sen. Silvana Amati: "Nuova opportunità per il territorio"
Dopo il 3 maggio, ho ritenuto opportuno principalmente dedicarmi a seguire il percorso dei diversi atti relativi al ripristino del territorio e al possibile risarcimento dei danni dovuti all’alluvione.
La prima fase è stata ovviamente legata alla possibilità di ottenere dal Governo lo Stato di Emergenza, condizione che si è realizzata in tempi assai brevi, meno di due mesi, con il rifinanziamento del Fondo nazionale per le emergenze, da tempo azzerato. Sono convinta che sia stato assai utile l’impegno partito dalle Marche che ha coinvolto le altre sette Regioni prima di noi danneggiate e ancora in attesa di tale riscontro. Per questo mi sono fatta promotrice a giugno di inviare una prima lettera al Premier Renzi sottoscritta da tanti colleghi di diverse Regioni che evidentemente ha ottenuto il riscontro dovuto.
Voglio sottolineare che dal 3 maggio ogni azione compiuta si è svolta in piena sintonia con il sindaco Maurizio Mangialardi e con la Regione Marche, in particolare con Roberto Oreficini della Protezione Civile regionale, poi nominato Commissario straordinario per l’alluvione e ora chiamato alla Protezione Civile nazionale.
Sappiamo tutti che Matteo Renzi spesso parla di due miliardi di euro non spesi dalle Regioni per il ripristino del territorio. Per questo a luglio, indipendentemente dagli eventi calamitosi, era già stata attivata una nuova cabina di regia di rivisitazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio nazionali, che ha visto per le Marche mettere dalla Regione al primo punto le opere già previste e non finanziate per Senigallia.
Così come il Ministro Galletti aveva assicurato nella sua visita durante i giorni dell’alluvione, sono state finalmente rifinanziate le vasche di espansione del Misa e sono state previste le risorse per il ripristino degli argini.
Sappiamo che i lavori sugli argini sono stati appaltati e stanno iniziando, così come risulterebbe che la Regione e il Ministero per l’Ambiente hanno da poco firmato il Protocollo relativo alle vasche di espansione e ai lavori connessi. Ora si dovrà decidere a chi spetta il compito dell’avvio degli stessi.
Contemporaneamente la fase emergenziale attivata con la procedura dei primi di luglio ha consentito al Comune di avviare una ricognizione del danno per le famiglie, per le imprese e per l’Ente stesso, fase che prevede nuovi finanziamenti.
Questa seconda fase, conclusasi pochi giorni fa con la trasmissione degli atti dal Comune alla Regione e dalla Regione alla Protezione Civile nazionale, impegna il Governo al reperimento di nuove risorse che consentano di rispondere positivamente, anche se parzialmente, alle richieste avanzate.
Per questo motivo in questi giorni mi sono fatta promotrice di un’ulteriore lettera al Premier Renzi, sottoscritta da cento parlamentari di quasi tutti i Gruppi, delle Regioni interessate, affinché il Governo affronti direttamente il problema con la Legge di Stabilità.
E’ vero che è già importante che nella Legge di Stabilità di quest’anno, tra le dotazioni dei Bilanci 2015-2017 sono previsti 70 milioni per ogni anno di implementazione del Fondo emergenze, ma questo importantissimo rifinanziamento corrisponde a quelle emergenze che purtroppo potranno realizzarsi in Italia da qui in avanti, fintanto che un vero lavoro di ricostruzione del territorio nazionale non sarà ridefinito.
Per Senigallia può esserci poi un’altra opportunità. Un’altra questione da affrontare, anche questa già attivata dalla Regione Marche: la richiesta al capo dipartimento della Protezione Civile Franco Gabrielli dello Stato di emergenza ambientale, a tutt’oggi non previsto nello stato di emergenza già concesso. Se quest’ultima condizione sarà data secondo le verifiche che Regione e Provincia potranno fornire alla protezione Civile nazionale, sarà possibile proporre un emendamento al Collegato ambientale alla Finanziaria 2014, o altra iniziativa parlamentare, per prevedere, in deroga, l’escavo del Misa nelle aree considerate più a rischio per esondazione.
E’ evidente che questa non può che essere un’eventualità tampone, perché è noto a tutti che tali procedure fuori dalle normative europee, possono essere non più necessarie solo se si realizzerà un adeguato e continuo ripristino dell’alveo fluviale.
Tutto questo lavoro può svolgersi positivamente solo attraverso la piena collaborazione tra Comune, Regione, Provincia e con l’apporto dei Parlamentari di Camera e Senato di tutte le forze politiche.
Per quanto mi riguarda, a partire dai colleghi del PD, Lodolini e Carrescia.
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