Uccisa a coltellate dall’ex: “i pm non ascoltarono le denunce”
I figli, affidati a uno zio a Senigallia, presentano ricorso che solo la Cassazione ha accolto
Venne uccisa dopo diverse aggressioni in pubblico e nonostante ben 12 denunce verso l’ex marito. E per giunta ai figli fu prescritta la possibilità di chiedere un risarcimento per quelle denunce inascoltate. Ora la Cassazione però ribalta tutto con una sentenza che apre di nuovo la strada verso la giustizia.
La storia è quella di Marianna Manduca, madre 32enne uccisa dall’ex marito Saverio Nolfo nell’ottobre del 2007 con diverse coltellate, nel catanese. La vicenda venne preceduta da alcune aggressioni, avvenute tutte in strada e alla presenza dei testimoni, ma ciò nonostante nessuno prese in considerazione quei fatti e le denunce che ne seguirono, ben 12.
Mentre all’uxoricida vennero comminati 20 anni di carcere, mentre i tre figlioletti di 9, 11 e 12 anni vennero affidati a uno zio, accolti a Senigallia dalla sua famiglia. Carmelo Calì fu nominato loro tutore, ma venne negata la possibilità di chiedere un risarcimento per quelle denunce inascoltate perché ormai erano scaduti i termini per agire contro i pm che si occuparono del caso.
Si affidò ai legali Alfredo Galasso e Licia D’Amico per riuscire a far valere le proprie ragioni ed ecco che la sentenza della Corte di Cassazione ha, in pratica, ribaltato la decisione della Corte di Appello di Messina. La Suprema corte ha affermato infatti che i termini per la richiesta di giustizia non potevano decorrere dalla data della morte della madre, ma dal momento in cui divennero capaci di agire e cioè nel momento in cui venne affidato loro un tutore legale, nel dicembre 2010. Per cui la Corte di Appello di Messina dovrà riprendere in mano la vicenda considerando valida la richiesta di risarcimento presentata nel 2011.
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