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Andreotti e il fascino dell’Ambiguità

Screenshot, rubrica di cinema di Senigallia Notizie, sviscera il film di Paolo Sorrentino "Il Divo"

Un caffè con l architetto - Senigallia, 27 settembre 2014
Toni Servillo in una scena de Il Divo

“Andreotti è il guardiano di qualche cosa di sconosciuto, uno che pare doverti introdurre in un’altra dimensione, che però… non si capisce bene”  (Federico Fellini)


Ironico, agghiacciante, cinico, istrionico, tragicomico, coinvolgente. Impossibile staccarvi gli occhi di dosso, impossibile distrarsi, annoiarsi, girare canale, spegnere il televisore. Impossibile decidere di non rimanere a guardare, anche se nel vedere talune scene e nell’udire talaltri commenti sembra salirci l’odio in corpo. Impossibile. Forse  l’ottima qualità, forse  la splendida e studiatissima fotografia, forse una sceneggiatura avvincente o una regia scandalosamente poco “italiana”, forse la nostra curiosità che ci logora gli organi o forse semplicemente la piena consapevolezza di un ottimo prodotto, forse tutto ciò o forse tutt’altro… la verità è che non si può non apprezzare.

Critiche e applausi, fischi e complimenti, destre e sinistre, progressisti e conservatori, ironici e permalosi, questo film ha saputo spaccare a metà l’Italia e non solo quella. C’è chi accusa Sorrentino di aver condotto un’ elaborata sviolinata a certi organi del potere e chi invece al contrario lo accusa di diffamare gli stessi. Nel leggere quegli articoli e recensioni che contribuirono a seminare fama e notorietà lungo la strada del film Il Divo (una strada verso il successo) appare quasi impossibile credere che i vari critici e giornalisti abbiano guardato lo stesso medesimo film.

Cuore della vicenda, “divo” indiscusso della pellicola, è il personaggio di Giulio Andreotti che strappa per un pelo alla Politica italiana dei primi anni ‘90 il ruolo di protagonista nel film.

Un personaggio cupo, angosciato, misterioso, ermetico, cinico, ironico, tremendamente colto e gigantesco nella sua minutissima corporatura. Così ci viene descritto Giulio Andreotti, personaggio e persona reale da saggisti e scrittori, da giornalisti e presentatori televisivi, da amici e collaboratori ed infine dalla penna e dalla lente di Sorrentino.

Ottima l’interpretazione dell’attore feticcio Sorrentiniano, il mutevole Toni Servillo, strabiliante nella sua rischiossisima interpretazione, che con un flebile soffio in più, incapace di spostare persino una piuma, sarebbe potuta cadere nella volgare e “bagaglinica” imitazione.

Quella che ci risucchia nella vicenda è un’acuta e profondissima personificazione di un uomo ben noto agli Italiani. Una cura dei dettagli, gli sguardi persi e opachi, le dita bianche e affusolate, un collo ritirato tra le spalle piccole e ricurve  e una voce ovattata e composta riescono a commuoverci e a difficoltarci nel voler provare disprezzo per quello scheletro vestito di carne e cinismo.

Gli aforismi pungenti e geniali, le opere di bene, i sorrisi quasi impercettibili ma sinceri e l’amore incontrastato per sua moglie ci rendono impossibile evitare di empatizzare con un uomo che tanto ha contribuito a renderci poco orgogliosi dei nostri rappresentanti. Pare assurdo e inconcepibile, ma come siamo riusciti ad affezionarci al personaggio del Padrino e a sperare per lui, ecco che nuovamente la realtà si rispecchia nella faccia del cucchiaio e si mostra ribaltata e ci troviamo, come afferma anche Roger Ebert, a soffrire in sincrono con L’Andreotti cinematografico.

Il  pubblico, quello che si è affacciato al film senza pregiudizi e rancori, non riesce ad odiare il personaggio di Andreotti, eppure alla prima del film, l’autentico e quadrimensionale “Divo Giulio”non apprezzò affatto il ritratto fattogli da Sorrentino, lo trovò una mascalzonata, un’opera cattiva desiderosa di capovolgere la realtà per ottenere applausi, esteticamente bello ma inventato.

Andreotti poco tempo dopo cambiò la sua opinione sul premiato lavoro del regista Napoletano, affermando che in politica è molto meglio essere criticati piuttosto che ignorati, un rovesciamento di opinione che non può non essere definito, così come il suo possessore… Ambiguo.

“Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga e vocione che abbaia“ (Oriana Fallaci parlando di Andreotti)

Commenti
Solo un commento
Gnagnolo
Gnagnolo 2014-09-08 08:43:36
Di cosa fosse guardiano Andreotti, lo si è poi saputo. Nonostante Vespa che continuava a invitarlo per parlare di madonne lacrimanti.
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