Col Summer Jamboree Senigallia scopre Marilyn Monroe e Buddy Holly
Due icone del Novecento in due mostre fotografiche alla Rocca Roveresca
L’Associazione Culturale Summer Jamboree in collaborazione con la galleria ONO arte contemporanea presenta due mostre che rimarranno aperte alla Rocca Roveresca tutti i giorni, con orario 8.30-19.30. Si tratta di Marilyn in White dedicata a Marilyn Monroe e Buddy Holly-The day the music died, dedicata appunto a Buddy Holly.
Di seguito i dettagli delle due mostre.
Marilyn in White
Il suo nome evoca un’esistenza leggendaria, segnata da rappresentazioni così tanto radicate nell’immaginario collettivo, da farla diventare a tutti gli effetti molto più che una semplice icona. Marilyn Monroe è infatti vero e proprio mito.
Dopo un’iniziale carriera come modella, il suo debutto nel mondo del cinema avvenne nell’agosto del 1946, quando la giovane Norma Jeane – questo il suo vero nome – aveva appena divorziato dal suo primo marito e firmato il suo primo contratto cinematografico. Marilyn viveva a Los Angeles e gli Studios non potevano non rappresentare il luogo più ambito, la meta finale a cui approdare dopo i numerosi corsi di recitazione che fino a quel momento aveva intrapreso. Ancora lontana dal successo planetario che i film successivi le faranno raggiungere, Marilyn cambia nome e nel giro di pochi anni diventa una vera e propria femme fatale ma anche quella che oggi definiremmo una bad girl, ossia la cattiva ragazza che arriva tardi agli appuntamenti, fa abuso di farmaci e alcool e poco si interessa di ciò che le malelingue le riservano.
Questo atteggiamento è però sempre condito e bilanciato da un alone di candore e innocenza che sembrano farle perdonare ogni atteggiamento sconveniente, uniti ad un innegabile e incondizionato amore per la recitazione. Nel 1954 viene fotografata mentre indossa l’ormai leggendario abito bianco, che farà la sua comparsa ufficiale presso il grande pubblico nella pellicola che l’ha portata alla ribalta e che racchiude tutti i tratti salienti del personaggio che le era stato cucito addosso, Quando la moglie è in vacanza. Il film di Billy Wilder, ormai diventato di culto, ha segnato la generazione postbellica ed è diventato simbolo di un’epoca e di un modo d’essere. E sul set era presente anche George Barris, giovane newyorkese che dopo aver lavorato come fotografo per l’armata americana durante la prima guerra mondiale, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta si era avvicinato al mondo hollywoodiano, immortalando la maggior parte delle star in auge in quegli anni. E il loro rapporto è andato ben oltre quei singoli scatti, tanto da portarli a progettare insieme la realizzazione di un libro illustrato e una autobiografia a quattro mani. L’intimità che li lega si riesce a percepire in tutti i suoi scatti, che ripercorrono gli ultimi anni della carriera dell’attrice.
Davanti ai nostri occhi si sviluppa la semplice storia di una donna, Marilyn, che senza trucchi né artifici si lascia immortalare sulla spiaggia di Santa Monica e in una casa di Hollywood: in questi scatti si mostra la persona celata fino a quel momento, dietro al personaggio. Un personaggio che, dalla controversa Diamonds Are a Girl’s Best Friend fino al celebre A qualcuno piace caldo aveva contribuito a rafforzare la reputazione della dumb blonde, la bionda un po’ svampita e distratta che la stessa Marilyn però non riconoscerà mai appieno. A rafforzare poi il mito e la sua immagine, ci pensano le sue relazioni, chiacchierate e controverse, con molti protagonisti dello showbiz dell’epoca, da Joe DiMaggio, a Frank Sinatra fino al matrimonio con Arthur Miller e la relazione con John Fitzgerald Kennedy per cui, nel 1962, aveva intonato la conturbante Happy Birthday Mr. President. E quello stesso 1962 fu per lei fatale: a distanza di qualche mese da quell’esibizione, fu trovata morta nella sua casa di Los Angeles, segnando per sempre l’epilogo di una stella ma contemporaneamente, la nascita di un mito.
La mostra (1-31 agosto 2014) si compone di 30 scatti. La mostra è curata da Maurizio Guidoni, Vittoria Mainoldi e Beatrice Piantanida di ONO arte. Sponsor by Lancia Ypsilon.
Buddy Holly, the day the music died
Buddy Holly, nome d’arte di Charles Hardin Holley, nasce a Lubbock Texas il 7 settembre 1936. Solo 22 anni dopo morirà in un tragico incidente aereo a Grant Township il 3 febbario 1959 insieme a Ritchie Valens e Big Bopper. La morte prematura, spesso chiamata “la prima grande tragedia del rock” ha alimentato un mito tuttora vivo.
Buddy Holly, oltre ad aver definito quella che sarebbe diventata la formazione standard di un gruppo rock n roll band, ovvero due chitarre, basso, e batteria, fu uno dei primi a musicisti dell’epoca a scrivere e produrre le sue canzoni. Iniziò a cantare durante gli anni del liceo musica country and western per poi orientarsi sul rock and roll dopo aver visto cantare Elvis nella sua cittadina natale, Lubbock, nel 1955.
Da quel momento in poi iniziò a registrare sia come solista sia come leader di The Crickets, per i quali compose il loro grande successo That’ll Be the Day nel 1957. Ma fu con la canzone Peggy Sue a scalare le classifiche di vendita e a diventare famoso e popolare come Elvis stesso. Holly firmò per la Decca Records nel 1956, storpiando il suo cognome Holley in “Holly” che da quel momento in poi sarebbe diventato celebre in tutto il mondo. Quando That’ll Be The Day fu pubblicata come singolo ottenne un grandissimo ed inaspettato successo di pubblico raggiungendo in breve la posizione numero 1 nella classifica dei 45 giri del Regno Unito. I Crickets la suonarono dal vivo assieme a Peggy Sue al Ed Sullivan Show, il primo dicembre dello stesso anno. Dopo aver sposato Maria Elena Santiago a metà del 1958 con lei si trasferì ta New York, nel Greenwich Village, dove registrò anche alcuni pezzi acustici come Crying, Waiting,Hoping e “What To Do” cullando anche la speranza di lavorare nel cinema.
Tra i grandi debitori di Buddy Holly figurano anche i Beatles i quali, quando ancora si chiamavano The Quarry Men, fecero una cover di That’ll Be the Day inclusa nell’Anthology 1. Il tono accattivante e il fascino fanciullesco della sua voce e delle sue canzoni gli valsero il successo ma, secondo i suoi detrattori, segnarono anche il declino del rock and roll. La struttura musicale del pop nasce infatti con i primi pezzi di Buddy Holly e segna la fine di quella tipica del blues e del rock and roll.
Nel disastro aereo del 1959 scampò il chitarrista di Holly, Tommy Allsup, che “perse” il posto sull’aereo, a favore di Valens, dopo il lancio di una monetina. La mostra “Buddy Holly, the day the music died” racconta la breve storia di un artista che influenzò profondmente la stria del Rock in rari scatti inediti per l’italia. La mostra (1-31 agosto 2014) si compone di 20 scatti di BILL FRANCIS mai esposti in Italia. La mostra è curata da Maurizio Guidoni, Vittoria Mainoldi e Beatrice Piantanida di ONO arte.
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