Natale Patrizi e Paolo Alfieri: apre l’esposizione a San Costanzo
Le mostre nelle case coloniche abbandonate per una presa di coscienza della terra madre
Oggi in tanti parlano di terra madre, di matrici e identità culturali, ma l’identificazione delle iconografie e delle specificità della terra come madre nel periodo dell’abbandono della mezzadria e dell’affermarsi dell’industria fu in effetti affidato a pochi ed isolati artisti ed intellettuali .
Venerdì sera, 18 luglio, al Musinf si è parlato di questa pagina di storia significativa della cultura visiva marchigiana, che aveva visto impegnati autori importanti come Giacomelli e Anselmi. L’occasione della riflessione sarà fornita dalla presentazione di un’esperienza espositiva, archivistica e didattica, che vede la sintonia del Centro Beni Culturali del Palazzo Cassi di San Costanzo, del Comune di San Costanzo e del Museo d’arte moderna e della fotografia di Senigallia. L’esperienza prende avvio sabato 19 luglio alle 21 nel restaurato Palazzo Cassi di San Costanzo.
“Gli animatori dell’iniziativa permanente di Palazzo Cassi sono Natale Patrizi e Paolo Alfieri,che propongono la presa di coscienza dell’identità territoriale attraverso l’immersione nella grande bellezza del paesaggio nei dipinti di Natale Patrizi e attraverso la lettura dei ritratti fotografici novecenteschi, scelti da Paolo Alfieri”.
Alfieri circa l’uso della fotografia come strumento di analisi economica, sociologica e storica sembra pensarla come Ben Shahn (cfr. il libro Il paese nella memoria). L’iniziativa che ha portato alla costituzione della raccolta dei dipinti di Natale Patrizi al Palazzo Cassi di San Costanzo ha una profonda e corale radice storica. Nell’intervento artistico a Ca’ Vitali, che segnò, negli anni Ottanta, l’esordio dell’azione in case rurali abbandonate.
Proprio un intervento del volontariato della Pro loco di San Costanzo aveva portato alla ripulitura di una casa colonica, miracolosamente risistemata per l’agibilità del pubblico.
Il prof. Bugatti direttore del Musinf nella mostra “Noi e Giacomelli” aveva riproposto le monografie edite per documentare quell’esperienza delle esposizioni nelle case rurali abbandonate. Si era trattato di un’esperienza espositiva, che aveva visto la presenza attiva e propositiva di Mario Giacomelli, unitamente a quelle dello storico dell’economia dell’agricoltura Sergio Anselmi.
Fin dalla prima edizione di quegli interventi sulle case coloniche abbandonate il pittore Patrizi (Agrà) e lo scultore Minardi (Fide) avevano avuto il conforto di tante presenze eccellenti: l’architetto Gianni Volpe, la storica dell’arte Grazia Callegari e i fotografi ed artisti, che si muovevano in sinergia con Giacomelli. A scorrere le pagine di quelle monografie si trovano le presenze di svariate personalità della cultura.
Giacomelli, Fide ed Agrà avevano persino sentito l’importanza di chiarire, soprattutto, per il rispetto dei musei d’arte contadina, come l’operazione non fosse un recupero museale. Infatti Fide e Patrizi, ma anche Giacomelli, puntavano a un recupero carico di umori di vita e di proposte.
Gli artisti erano stati fieri quando avevano visto gli architetti aderire all’iniziativa, all’appello lanciato, per sensibilità artistica, a discutere insieme dei problemi sul degrado dell’ambiente. Poi erano rimasti conquistati dagli esperti di storia contadina, parlando delle tradizioni rurali e del percorso dell’uomo delle campagne.
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