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Rain man: quando l’amore fraterno vince su tutto

Nuova puntata della rubrica di cinema Screenshot

Fidelity - Impianti di allarme e videosorveglianza - Senigallia
Rain man

My grandma and your grandma Sitting by the fire My grandma says to your grandma “I’m gonna set your flag on fire”Talkin’ ‘bout Hey now,Hey now Iko iko an nay, Jockomo feena ah na nay, Jockomo feena nay” L’avete riconosciuta? È la prima strofa della famosissima Iko Iko, un brano rivisitato dal gruppo musicale Belle Stars, che negli anni ’80 spopolò in discoteca, invitando alle danze migliaia di giovani in tutto il mondo.

Una canzone briosa, allegra, spumeggiante piena di frizzante armonia e ritmo. Un ritmo così accattivante da farti shakerare i fianchi e le braccia ad occhi chiusi avvolgendoti in un’inebriante estasi visionaria. L’ascolti e immagini te stesso danzare nudo su una spiaggia all’alba riscaldato dalle scintille di un ardente focolare.

Sentimenti ed immagini apparentemente contrastanti con il film Rain Man, l’opera firmata Barry Levison che collaborò profondamente nella scalata al successo del brano dei Belle Stars, pilastro della sua Colonna Sonora, in nomination per l’Oscar.

Un evergreen della cinematografia internazionale, una pellicola che racchiude in se stessa tanti generi, commedia, dramma e road movie, un film che racconta un viaggio, un percorso di formazione, di crescita di riavvicinamento, un connubio di sentimentalismo e lotta alla sopravvivenza nati dall’incontro scontro di un amore ed odio fraterno glassato da una pungente gelosia, avidità e una celata tenerezza.

I due protagonisti, impegnati per tutto l’arco della vicenda ad abituarsi ed adeguarsi l’uno all’altro, sono i fratelli Babbitt.

Charlie (Tom Cruise), un giovane rampollo ribelle e materialista che si occupa della vendita di auto di lusso, ricolmo di debiti e abbandonato a se stesso, non ha rapporti con l’unico familiare che gli sia rimasto, suo padre, piuttosto vive distribuendo piccole dosi di amore ed affetto ad una collega, la bella italiana (nella finzione come nella vita vera), Susanna, interpretata da un’ancora giovanissima e debuttante Valeria Golino.

Accanto a Charlie sopraggiunge l’indifeso Raymond (Dustin Hoffman), un uomo maturo nell’età ma non nell’animo poiché affetto da autismo, che non riesce a instaurare rapporti umani sani, ha difficoltà nella comunicazione e vive la sua vita in un lussuoso istituto dove può quotidianamente dare luogo a tutti quei suoi preziosissimi rituali ossessivo compulsivi che scandiscono le ore, i giorni e le settimane avvolgendolo in una rassicurante routine.

La storia ci viene raccontata presentandoci Charlie, il più piccolo dei  due fratelli, che sulle note della canzone sopra citata da sfoggio del suo fascino di uomo in carriera impartendo ordini a destra e a manca. A pochi istati dai titoli di testa quel profilo di business man vincente e ricco, inizia a scricchiolare dando ampia visione di una chiara difficoltà, le auto da lui commerciate sono state ritirate dal mercato perché considerate nocive per l’ambiente e Charlie è sotterrato dai debiti.

Il bisogno urgente di denaro grava sul suo volto solcato da chiare espressioni di malessere interiore ed insoddisfazione, fino a quando una notizia inaspettata giunge a rasserenarlo. Suo padre, il genitore che non vede da quando aveva sedici anni è morto e Charlie, considerandosi il suo unico erede è smanioso di leggere il testamento.  L’apertura di tale documento non può che rimbrunire il suo volto incupito dalle preoccupazioni e dalla rabbia. Charlie infatti ha ereditato solo l’auto d’epoca del padre, casus belli del loro addio, e il roseto a cui il genitore tanto teneva.

Nel giro di pochi giorni l’indebitato fino al collo Charlie, non solo prende coscienza di avere un fratello autistico più grande di lui, mai conosciuto, ma scopre anche che è quest’ultimo il legittimo proprietario dei tre milioni appartenuti al padre oramai defunto.  Accecato dall’odio e dall’egoismo Charlie rapisce il fratello disabile rendendolo complice di una fuga estenuante per entrambi, e poi chiede il riscatto.

Sarà proprio quella macchina di famiglia a fare da testimone a questo viaggio tanto reale quanto metaforico, da Cincinnati sino a Los Angeles e dentro se stessi, da Charlie a Raymond. Uno scambio prima di urla e di rimproveri, poi di gentilezze e premure in fine di abbracci e carezze.

Un film tanto bello ed appassionante  impossibile da racchiudere in poche righe, che nasce come omaggio a Kim Peek, un ragazzo affetto dalla sindrome dell’Idiota Sapiente, considerato un genio in ben quindici discipline, capace di imparare un libro a memoria in un’ora. Un giovane diverso dai suoi coetanei, abitante di un mondo tutto suo, strabiliante matematico e sapiente letterato che passava i pomeriggi a leggere l’elenco telefonico.  Il personaggio  di Raymond, interpretato superbamente nei limiti del commovente da Dustin Hoffman nasce proprio dall’incontro dell’attore con il giovane Kim, e poi plasmato dal genio del regista Barry Levison che con grande lucidità preferì dare ampio spazio al linguaggio non verbale, quindi gestualità, movimenti corporei e mimica facciale, piuttosto che alle parole.

Gli atteggiamenti, i rituali, le grandiose capacità mnemoniche e di calcolo del Rain Man, sono la cristallina giustificazione del termine “Diversamente Abile”.

Gli autistici, specialmente gli autistici sapienti come Kim Peek non sono inferiori a noi per capacità, sono semplicemente diversi e probabilmente noi ai loro occhi appariamo ragionevolmente degli autentici ritardati.

Giulia Betti
Pubblicato Domenica 20 luglio, 2014 
alle ore 13:00
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