Da Senigallia il monito sul commercio: regole o “cannibalismo” – FOTO
Le liberalizzazioni non hanno portato i risultati attesi. Camusso: "La cultura dell'acquisto non va più"
Commercio, liberalizzazioni, regole, rischi, società. Queste le parole chiave del Convegno nazionale sul commercio di Senigallia, promosso dalla Regione Marche, al quale ha partecipato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. E un obiettivo: analizzare i risultati delle tanto famose liberalizzazioni per “rivisitare” il percorso avviato finora.
I rappresentanti delle Regioni e delle associazioni di categoria chiedono un percorso condiviso che sappia compensare le varie esigenze territoriali, sociali ed economiche coinvolte dalla programmazione delle attività commerciali. A due anni dalle liberalizzazioni, è urgente capire quale rotta stia seguendo la spinta al cambiamento introdotta dal decreto “Salva Italia”. Secondo il presidente della Regione Marche, Gian Mario Spacca, “è necessario un esame approfondito. Non è possibile assumere un principio di carattere generale in maniera acritica, senza una verifica delle reali ricadute sui territori“. Spacca ha citato l’esempio della direttiva Bolkestein sulle concessioni demaniali: “Gli altri Paesi hanno trattato con l’Unione europea l’applicazione della norma in funzione delle peculiarità nazionali. L’Italia, invece, si è allineata acriticamente al principio generale, con pesanti ricadute per gli stabilimenti balneari, quando proprio la Ue ha fatto della sussidiarietà la forza che lega gli Stati aderenti, valorizzando il valore della differenza. Le liberalizzazioni nel commercio devono tener conto delle esigenze legate alle differenze dei territori“.
Il convegno è “partito” dai risultati della ricerca condotta dall’Università Politecnica delle Marche, dove è emerso che quasi il 70 per cento degli esercizi commerciali tradizionali delle Marche non ha riscontrato un impatto positivo delle liberalizzazioni sui risultati economici della propria attività, mentre l’84 per cento ritiene addirittura che comportino maggiori svantaggi.
Il vicepresidente Antonio Canzian ha parlato di “scarsi riscontri dei confronti avuti con i diversi governi nazionali che si sono succeduti, per quanto riguarda le questioni del commercio, con la sola eccezione per il tavolo aperto sul commercio ambulante. Prima del Salva Italia, a livello regionale, si era giunti a una forte condivisione su vari temi legati alle liberalizzazioni, come le deroghe domenicali e festive, poi l’arrivo del decreto ha spazzato via ogni possibilità di confronto e di condivisione. Il tema delle liberalizzazioni non va banalizzato come semplice confronto tra piccola e grande distribuzione, ma coinvolge altri contesti etici e sociali che vanno presi in considerazione e non ritenuti avulsi dal dibattito sulle politiche commerciali. Le liberalizzazioni possono risultare un bene per il Paese, ma vanno interpretate con le Regioni e con le esigenze territoriali“.
All’iniziativa ha partecipato anche il segretario generale della CgilSusanna Camusso, il tema del commercio va analizzato tenendo ben presente il tipo di società che si vuole portare avanti. “Oggi c’è un problema di reddito delle famiglie, la crisi ha posto il tema della qualità e del risparmio. Il nostro Paese continua a navigare nelle difficoltà economiche, mentre nel resto dell’Europa si sta recuperando. Siamo sicuri che l’esigenza dell’Italia sia quella di incrementare la grande distribuzione? Il dato sull’occupazione in questo settore è diminuito negli ultimi due anni. Le aperture domenicali non servono a riequilibrare la crisi e la libertà delle imprese non può scaricarsi tutta su quella dei lavoratori“. Camusso ha quindi rilevato che “senza le regole, anche nel commercio, c’è solo il cannibalismo mentre noi dobbiamo tenere contro della dimensione sociale delle persone, per evitare che a pagare siano sempre i più deboli: i lavoratori e i consumatori”.
Sulla stessa linea anche il segretario generale della Confesercenti, Mauro Bussoni, il quale ha tenuto a precisare che le liberalizzazioni erano arrivate con la scusa di aumentare il Pil, l’occupazione e la concorrenza, ma poi nessuno di questi fattori si è verificato. “Occorre tornare indietro e recuperare i valori della persona e della famiglia”.
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