Screenshot – UMBERTO D, quando l’amore ci salva dal suicidio
“In fondo la vecchiaia non è altro che il castigo di essere ancora vivi” (Oliviero Toscani)
Quante volte capita di incrociare lo sguardo triste e turbato di una persona anziana che ci cammina affianco senza fare rumore e che in altrettanto silenzio d’improvviso sparisce chissà dove? E chissà quando ci ricapiterà di incrociarla per strada? Fin troppo spesso probabilmente.
Ma la verità è, che anche se ci capitasse di incontrarla di nuovo, nemmeno la riconosceremmo, perché i vecchietti ai nostri occhi giovani sembrano tutti così uguali, con i loro volti simili a cortecce di albero, i loro occhi scavati, le boccucce piccole e intirizzite, le palpebre cadenti e quella camminata stramba che li rende così buffi e che solletica la nostra tenerezza, o meglio, quella dei più sensibili.
A noi che abbiamo tutta una vita davanti, rimane difficile riuscire a comprendere la difficoltà dell’esistenza di un vecchio, un’esistenza che si trasforma in una vera Resistenza. Resistenza alla solitudine, alla depressione, all’abbandono, alla sofferenza, al dolore fisico e morale. Ci sembra poter essere così semplice vivere da pensionati, guadagnare senza l’obbligo di lavorare, mantenersi con i soldi degli altri, dover pensare solo a come passare il tempo, al parco, al bar, al porto ad ascoltare il mare, in casa a guardare le soap opera o i film western. È così, è proprio così che ci immaginiamo i nostri nonni e i loro coetanei, ma la verità è tutt’altra, ed è magistralmente raccontata da uno dei film più belli diretti da un regista molto sensibile ai problemi accusati dalla società, Vittorio De Sica.
Scritto e sceneggiato da Cesare Zavattini, Umberto D, pellicola che uscì al cinematografo nel 1952, fu dedicata dal regista a suo padre Umberto De Sica, con il quale aveva un rapporto d’affetto molto intenso.
Quest’opera, accolta benevolmente e con stima dai più saggi e sensibili e con meno entusiasmo da una parte della critica e dei politici che preferivano veder mostrata al cinema un Italia florida e vincete, è considerata uno dei migliori film Italiani mai diretti.
Il realismo sconcertante di cui è impregnato Umberto D, ci fa appassionare fin dal principio alla storia di questo pensionato sul lastrico, e con grande maestria riesce a trattenere la nostra attenzione e pietà nei confronti del poveretto fino alla fine del film, senza mai annoiarci o deluderci a causa di tempi lunghi o cadute di stile.
Una musica dolce e delicata ci accompagna e scandisce il ritmo delle nostre emozioni, contribuendo a fare da cornice al sentimento che unisce i due protagonisti.
Una storia d’amore in fondo, quella raccontata da De Sica, un amore che è riuscito a salvare la vita di un uomo oramai perduto, il quale, se non fosse stato per quel legame forte di responsabilità e affetto che lo lega al suo cagnolino, unico amico, si sarebbe già lasciato risucchiare dalle sabbie mobili dell’inquietudine e dell’amarezza di vivere in un mondo che lo scansa.
Una realtà forte ci viene mostrata con questa storia che ci domanda di essere tanto sensibili da potercela godere fino in fondo rispettandola nella sua entità. Il che vuol dire cercare di immedesimarci in Umberto, soffrire e preoccuparsi con lui, e scavare nei nostri ricordi ripescando dal passato tutti quei momenti in cui abbiamo salutato, parlato o ascoltato una persona anziana, un persona sola che dal sorriso di un giovane, dall’affetto di un familiare, dall’abbraccio di un bambino coglierebbe la forza per continuare a resistere ancora ed ancora.
“La vecchiaia non protegge dall’amore. Ma l’amore, in qualche misura protegge dalla vecchiaia” (Jeanne Moreau)
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