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Vittorio Sgarbi a Senigallia per presentare “Il Tesoro d’Italia”

Il noto critico a San Rocco domenica 8 giugno

Marche Bridge - Una Rotonda sul Bridge 2014
"Il Tesoro d'Italia", libro di Vittorio Sgarbi

Domenica 8 giugno 2014 alle ore 18.00 all’Auditorium San Rocco Vittorio Sgarbi presenta il suo ultimo libro “Tesori d’Italia” (Bompiani editore) in occasione dell’apertura dell’11° Settimana Motociclistica Città di Senigallia (8-15 giugno).


Il Tesoro d’Italia. La lunga avventura dell’arte” è un libro che fa parte di un progetto più ampio, una storia dell’arte in più volumi che approfondisce gli aspetti meno conosciuti dell’arte, i cosiddetti artisti “minori” che la critica spesso tralascia e che, partendo dall’assunto che tutta l’Italia sia una sorta di Paradiso terrestre dell’arte, ha il suo centro ideale nelle bellissime, ma poco conosciute Marche, piuttosto che nella famosa Toscana.

C’è un’Italia protetta e remota a Morano Calabro, a Vairano, a Rocca Cilento, a Vatolla, a Giungano, a Torchiara, a Perdifumo, incontaminati presidi del Cilento. Poi ci sono le apparizioni. Come gli affreschi di Sant’Angelo in Formis, come il duomo di Anagni con il quale si apre il racconto pittorico di questo libro, anche se i primi segnali della lingua nuova, diretta, espressiva, sapida, sono nella scultura, a partire da Wiligelmo a Modena in parallelo con i primi vagiti della lingua italiana. Quei confini nei quali sono ristretti a coltivare i campi, cacciati dal Paradiso terrestre, Adamo ed Eva. Poco più tardi vedremo altri contadini affaticati, di mese in mese, nel Battistero dell’Antelami a Parma. Soltanto a Ferrara il lavoro sembrerà riservare una imprevista felicità. Il Maestro dei Mesi trasmette il piacere che ha provato estraendo fanciulli dalla pietra. Siamo nel 1230, in largo anticipo sul ritrovamento della vita nella pittura, prima ancora che in Toscana, nel cuore della Valle Padana, a Cremona, con il racconto delle storie di Sant’Agata di un maestro anonimo; non sarà un caso che la nuova lingua toscana in pittura si espanda fino a Padova con Giotto nella Cappella degli Scrovegni, e di lì in tutto il Nord. Siamo in apertura del Trecento, e diventa lingua universale quella che ha iniziato a parlare Giotto, ponendosi davanti le energie dei corpi e la loro azione…“. (Vittorio Sgarbi).

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