Banca Marche, azionisti schierati contro i vertici “per salvare l’istituto”
Parte civile nel processo penale contro chi ha portato BdM al buco da 900 milioni € e al commissariamento
Gli azionisti privati di Banca Marche si schierano contro i vertici, dirigenti e responsabili vari che hanno portato l’istituto di credito marchigiano al passivo e al commissariamento. E’ questa la decisione degli iscritti all’Associazione ‘Azionisti Privati Banca Marche’ in occasione della assemblea del 14 maggio, presa per tutelare gli interessi di quei 35 mila piccoli azionisti da chi ha portato BdM al buco da 900 milioni di euro.
L’annuncio di voler perseguire in sede penale chi ha arrecato danno a Banca Marche è stato dato – assieme all’avv. Corrado Canafoglia, coordinatore regionale dell’Unione Nazionale Consumatori – da Bruno Stronati e Paolo Mariani, rispettivamente presidente e consigliere dell’associazione “Azionisti Privati Banca Marche” e da Sandro Forlani, presidente dell’associazione dei dipendenti e dei pensionati del gruppo Banca Marche “Dipendiamo Banca Marche“, i quali hanno puntato il dito contro gli ex vertici dell’istituto, nato dalla fusione delle casse di risparmio di Macerata, Jesi e Pesaro, oggi commissariato da Bankitalia.
“Non siamo contro Banca Marche, anzi, vogliamo tutelarla– afferma l’ing. Bruno Stronati – perché ritorni quella ‘regina del territorio marchigiano’ che era, e per il cui sviluppo ha contribuito tanto; la nostra azione vuole tutelare gli interessi dei piccoli azionisti, distinguendo bene Banca Marche come Istituto, che va comunque preservato, da coloro che rivestendo ruoli apicali hanno cagionato il dissesto ed i danni ai singoli azionisti e dipendenti che oggi stanno subendo effetti negativi da tale gestione non certo ortodossa“.
Nel mirino dunque i precedenti vertici di Banca delle Marche, i dirigenti apicali, i membri del c.d.a., del collegio sindacale e della società di revisione: persone con compiti di gestione o di controllo che avrebbero operato in maniera poco chiara e in alcuni casi addirittura con la consapevolezza che quei crediti, fidi e mutui concessi non sarebbero mai rientrati. Contro di loro l’associazione chiederà quindi di costituirsi parte civile nel processo penale che si sta profilando e metterà in campo tutte le azioni giudiziarie volte al risarcimento dei danni subiti dagli azionisti e a perseguire quanti si sono resi responsabili di tale situazione.
“Banca delle Marche non rischia il fallimento e nessuno abbia paura – ci tengono a precisare Stronati e Mariani –; noi con la nostra azione vogliamo salvare BdM e ripartire con nuovi vertici che operino con buon senso e correttezza come un buon padre di famiglia“.
Ma il risanamento della situazione economica dell’istituto di credito che maggiormente ha contribuito allo sviluppo del territorio regionale non è così facile: innanzitutto ci sono azionisti da tutelare; ma le ripercussioni cadono anche sui dipendenti BdM e sui precari, come fa notare Sandro Forlani – molti dei quali non si sono visti rinnovare il contratto, circa 180 persone, mentre molti altri, oltre 400, sono stati spinti verso la via del prepensionamento.
C’è poi all’orizzonte il rischio ‘spezzatino’, ovvero che banche di calibro nazionale o estere comprino determinati rami aziendali o anche solo alcune filiali con il pericolo – reale – di smembrare ciò che faticosamente si è costituito. Anche a questi aspetti guarderà l’associazione “Azionisti Privati Banca Marche”, che ha già annunciato di voler collaborare con la magistratura e che sta continuando a raccogliere adesioni (per partecipare all’azione giudiziale è necessario essere soci e iscriversi all’Unione Nazionale Consumatori), già oltre quota 300.
Info:
segreteria associazione “Azionisti Privati Banca Marche”
Jesi, via San Francesco 73,
aperta il mercoledì dalle 16 alle 19
Tel e Fax: 0731200898
www.azionistibancamarche.altervista.org
assazionistibm@libero.it
UN ESEMPIO DI SOLIDARIETA'
Una nota rivista teatrale alcuni anni or sono richiamava l'attenzione degli italiani sul fatto che "anche i bancari hanno un'anima".
Gli autori, se fossero venuti a conoscenza dell'atto di conciliazione fra la Cassa di Risparmio di Jesi ed il collega Ilario Taus, molto probabilmente avrebbero sostenuto con maggiore serietà e convinzione che i bancari non sono solo dei venali manipolatori di denaro, ma sanno compiere gesti di solidarietà, verso situazioni di bisogno.
Il verbale di conciliazione fra il collega Taus e la Cassa di Risparmio di Jesi evidenzia tra le diverse clausole, oltre al collocamento a riposo del collega a partire del 30 giugno 1988 con una anzianità pari a 35/35, che la Cassa di Risparmio dovrà erogare negli anni 1988 e 1989 la somma di L. 5.000.000 annui da destinarsi per beneficenza all'asilo infantile, alla Casa di riposo di Corinaldo, all'OGEAP di Bologna e all'AMBALT di Ancona, opera a sostegno dei bambini inabili.
Le ragioni della vertenza e della sua conciliazione interessano solo gli attori del procedimento mentre ci pare giusto evidenziare le conclusioni dell'accordo, cioè la disponibilità a favorire altre realtà estranee alla controversia.
Il caso specifico favorisce istituzioni sociali in cui vivono bambini e persone anziane, cioè le due fasce bisognose dell'altrui lavoro.
Se non fosse eccessivo, ci pare che la risoluzione valorizzi l'aspetto etico del rapporto di lavoro, riduca la conflittualità tra lavoratore e datore di lavoro per una valorizzazione sociale del rapporto.
L'impresa, in questo caso la Banca, ed il dipendente, operano entrambi non solo per l'utile di esercizio ma per uno scopo sociale, cioè per lo sviluppo della popolazione residente nell'area di influenza della Cassa di Risparmio di Jesi.
E' il punto di incontro fra due realtà non in antitesi, ma complementari.
La cultura attuale di conflittualità va rimossa, la risoluzione deve far riflettere taluni amministratori delle Casse che per mascherare la loro sete di potere e di egoismo svolgono la loro funzione in modo autoritario, senza etica. Nello stesso tempo la risoluzione richiama il lavoratore a vivere una sua propria dignità di lavoratore, spesso mercanteggiata per pochi danari.
Comunque la si voglia pensare la volontà del Taus, sancita nel dispositivo della Pretura di Jesi, non ricalca la logica del vincitore o del vinto, ma ripropone alla società la valorizzazione del lavoro.
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