Io e l’alluvione
Una studentessa della scuola Marchetti racconta impressioni ed emozioni filtrate dai suoi occhi
Sabato 3 maggio è successo un fatto che segnerà la storia di Senigallia: l’alluvione, per lo straripamento del fiume Misa e di vari canali e fossati, provocando danni veramente gravi.
A me e alla mia famiglia molto fortunatamente non è successo niente, perché abito al Ciarnin, molto distante dal fiume e dalla città. Quando abbiamo potuto vedere la situazione, (macchine, bidoni, tutto scaraventato in giro, immersi nel fango) mi sentivo male, quello che provavo non era un semplice mal di testa o di pancia, mi sentivo affranta.
Il giorno dopo siamo andati da qualche amico che ha avuto l’acqua in casa, non c’era più nulla che mi facesse ricordare come era prima: mobili, divani, sedie, tavolini… pieni di fango e rovinati dall’acqua. Nelle case non c’era più niente, solamente fango e dei visi privi di emozioni. Alcune persone si sono abbattute e disperate, se io fossi al loro posto non mi abbatterei mi rimboccherei le maniche e a testa alta andrei avanti.
Andando in giro per le case sentivo che tra me e la gente che spalava il fango c’era qualcosa che mi legava: l’amore per gli altri e la solidarietà.
L’alluvione è un fatto bruttissimo, però fa capire molte cose: ragazzi, giovani, adulti, amici o estranei che si aiutano e si fanno coraggio. Dall’alluvione ho imparato che per vivere bastano poche cose, la cosa più essenziale è l’amore per gli altri.
Margherita Pierfederici
2 C – Scuola Marchetti Senigallia
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