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Belém Trio alla conquista dell’Europa: l’intervista

Il disco d’esordio del gruppo jazz uscirà a luglio sotto la prestigiosa etichetta Neuklang - VIDEO e FOTO

Belém Trio

Ha suscitato non poco clamore il loro disco d’esordio karabash che vedrà ufficialmente la luce a luglio sotto la firma della prestigiosa etichetta musicale NEUKLANG. Un ‘mostro sacro’ dell’universo jazz come Maurizio Rolli ha speso parole al miele riguardo le loro melodie. Il Belém Trio composto da Diego Brancaccio al Pianoforte, Luca Luzi alla Batteria e Filippo Macchiarelli al Basso. Proprio quest’ultimo ci ha raccontato questo nuovo viaggio musicale che li sta portando velocemente alla ribalta del panorama Jazz nazionale ed internazionale.

Partiamo dal principio. Non siete certo musicisti alle prime esperienze … come nasce questa nuova avventura musicale?

Il trio è nato per una serie fortunata di eventi, come alcune volte accade. Io e Luca Luzi stavamo da tempo pensando di formare un trio jazz, ma non eravamo ancora decisi su chi coinvolgere al pianoforte. Una sera mi trovavo in un locale a Pesaro a fianco del Conservatorio per una jam Diego Brancacciosession, quando al piano salì Diego Brancaccio. Avevamo avuto modo già di collaborare in altre formazioni, ma quella sera, probabilmente spinto dall’euforia della suonata e dal vino bevuto, gli proposi istintivamente di formare un nuovo gruppo. Caso volle che Diego stesse lavorando a delle proprie composizioni e me ne fece ascoltare qualcuna la sera stessa dopo la jam: linee melodiche molto evocative, tempi dispari, musica classica e jazz miscelati insieme…capì subito che era un ottimo materiale su cui iniziare a lavorare!
Cominciammo così a rintanarci per un inverno in sala prove, lavorando duramente e in maniera certosina su ogni brano, registrando e riascoltando a fondo il materiale, cercando di esaltare e caratterizzare al meglio ogni composizione. Dopo alcuni mesi avevamo 7 brani pronti da incidere!

Come mai la scelta della formula del Trio..?

Come dicevo era un organico al quale sia io che Luca Luzi miravamo a realizzare. Il sound cameristico, minimale e intimo che si crea in trio col piano è affascinante e ci esaltava la sfida di dover comporre brani che riducessero le sonorità esclusivamente a tre strumenti. Il jazz, il progressive, la musica classica e il rock hanno caratterizzato gran parte dello stile dei brani, alcuni scritti appositamente per questa formazione, altri composti molti anni fa e rielaborati per trio.

Che disco è Karabash per voi che lo avete ‘assemblato’ brano per brano: come vorreste che venga percepito dal pubblico?

Filippo Macchiarelli“Karabash” è un incontro tra tre distinte idee musicali: le mie, quelle di Diego e quella di Luca. Le nostre visioni compositive, apparentemente distanti tra loro e molto personali, si sono incrociate in una comune linea guida, amalgamandosi in un’alchimia musicale ben coesa
Questa alchimia si è concretizzata nel desiderio di realizzare un disco jazz che racconti una trama introspettiva dei nostri trascorsi musicali, delle nostre emozioni, delle nostre idee e che dia visione della nostra identità musicale maturata gradualmente dal nostro primo incontro.
Per comprendere meglio questo aspetto vorrei brevemente descrivere la storia di ogni singolo brano.
Michele è un brano dedicato ad un amico che si è visto costretto ad affrontare una stagione difficile della propria vita; alla criticità del momento il protagonista contrappone un’imperturbabile atarassìa, sottolineata musicalmente attraverso un mantra melodico imperturbabile alle perturbazioni ritmiche che lo accompagnano.
Quinta disposizione ha un titolo nato per serendipity, durante uno studio armonico sulla scala esatonale. Per facilitare la memorizzazione di una sequenza armonica che aveva composto, Diego si appuntò velocemente su un foglio l’indicazione “quinta disposizione”.
Il giorno dopo si rese conto che quell’intuizione musicale era in effetti un buon incipit per un brano.
Secondo Carmilla è la seconda parte di una composizione per piano solo che Diego Brancaccio scrisse credo a sedici anni,Carmilla, ispirato alle vicende dell’omonimo vampiro nato dalla penna di Sheridan Le Fanu.
Secondo Carmilla ribalta il punto di vista presente nel romanzo, descrivendo la sete di potere e le torbide pulsioni decadenti della protagonista.
In the Mean Time, scritto da Luca Luzi e me, è stato ispirato alla composizione di Bill Evans Time remembered e si caratterizza nella trama melodica per una forte presenza di quarte aumentate, sostenute da una sezione ritmica incalzante. Il titolo risulta essere un criptico gioco di parole, in cui le lettere in maiuscolo corrispondono alle iniziali della persona alla quale il brano è dedicato.
Corde da campanileè una composizione che mutua il proprio titolo da una suggestiva immagine poetica presente in Illuminations di Arthur Rimbaud. Da adolescente ero solito citarla nelle mie lettere d’amore, ovviamente per fare colpo! L’irrazionalità infantile e onirica dell’arte rimbaudiana ben aderisce allo stato d’animo di chi, in quella fase della vita, desidera mettere a nudo le proprie sensazioni, le proprie pulsioni. Questo sentire è riaffiorato come un dejavù a distanza di anni dopo un incontro con alcuni vecchi compagni di scuola e mi ha suggerito l’idea musicale per questo brano, scritto rapidamente in una mattinata.
Karabash è sicuramente il brano più vigoroso del disco e il titolo rappresenta un puro magnetismo fonosimbolico. Nel suo incedere sdrucciolo e nel nomadismo sensuale delle sue consonanti, come nella lingua dantesca della Commedia, la semantica del titolo cede il passo ad un suono che nel suo sprigionarsi crea magicamente significato.
God Bless the Child è un celebre classico scritto da Holiday e Herzog nel 1939. Abbiamo voluto riproporlo ovviamente caratterizzandolo secondo il nostro gusto musicale.

In karabash non mancano le citazioni, penso a God Bless the Child di Holiday e Arthur Herzog che voi riproponete nelle ‘veste’ di Keith Jarrett… quali sono gli artisti che hanno rappresentato il punto di partenza per questo ‘viaggio’?

Quando si inizia un nuovo progetto musicale da zero, a mio avviso non c’è cosa migliore che iniziare la prima prova suonando brani di altri autori (standard jazz o brani di contemporary jazz) , questo per creare subito un feeling, un contatto, come due persone che vanno al primo appuntamento e cercano di scoprirsi piano piano, facendo conversazione . La musica è un linguaggio e se si trovano punti in comune si crea unLuca Luzi legame che può solo rafforzarsi ed è questo che a volte succede quando si inizia a suonare insieme ad altre persone.
Accanto alla stesura dei brani di “Karabash” abbiamo quindi sentito la necessità di creare un feeling tra di noi cimentandoci in alcuni brani di diversi autori come Hiromi Uehara, Esbjorn Swensson, Bobby McFerrin, Fahir Atakoglu, Mike Stern, Thelonius Monk ed altri.
Questo ci ha sicuramente aiutato a trovare una strada compositiva e un’identità sonora come trio.

Un mostro del mondo jazz come Maurizio Rolli ha definito Karabash “Un disco troppo maturo per molti aspetti per essere solo il primo”…. Al di là della giustificata soddisfazione cosa ne pensate?

Siamo rimasti colpiti e molto lusingati dalle note di copertina di Maurizio, che so per certo avere gusti musicali non facili da appagare. Quando esci con un nuovo progetto musicale devi sempre far fronte ai dubbi e agli interrogativi relativi all’auspicabile successo del tuo lavoro e se gli sforzi per realizzare il tuo disco saranno appagati in termini di consensi, vendite e concerti. Le note di Maurizio, così come l’aver trovato un’etichetta straniera disposta a pubblicarci, ci hanno certamente dato un ulteriore stimolo a credere in noi stessi e sono la prova che lo studio, il suonare assieme con progettualità e il cercare di migliorarsi continuamente non può che dare buoni risultati. Non so dove ci porterà questo primo disco, noi rimaniamo comunque coi piedi per terra e continuiamo a lanciare sassi nell’ acqua….le onde che si propagano arriveranno sicuramente da qualche parte!

Il vostro disco uscirà con la prestigiosa etichetta tedesca NEUKLANG a Luglio 2014 nei migliori negozi di musica in Germania, Francia, Olanda, Belgio, Lussemburgo, Svizzera e Austria ma non in Italia. Nel nostro paese il Jazz continua ad essere un genere per pochi? Qual è la percezione del mondo jazzistico dentro i confini nazionali?

Il jazz è una realtà che in Italia ormai si sta consolidando sempre di più. Guardo in primis ai Conservatori dove i corsi di laurea jazz si sono moltiplicati e in alcuni istituti gli studenti possono avvalersi di insegnanti/musicisti straordinari con cui intraprendere un percorso di studi. Guardo alle numerose rassegne jazz nelle Marche e nel resto d’Italia e vedo che c’è un’ottima risposta da parte del pubblico, basti pensare ad esempio al recente successo della terza edizione del Torino Jazz Festival. Tuttavia se da una parte il mestiere del musicista in questo paese non è riconosciuto adeguatamente come nel resto d’Europa in termini di diritti lavorativi e previdenza sociale, dall’altra è ancora più difficile per alcuni musicisti emergenti riuscire ad entrare in certi ambienti e farsi conoscere, sia perché alcuni sono gestiti da vere e proprie caste, sia per una saturazione della richiesta da parte di musicisti meno conosciuti di essere inseriti nelle varie programmazioni. Sicuramente la crisi non aiuta poiché alcuni direttori artistici per fare cassa sono costretti a chiamare nomi ormai noti a discapito delle nuove leve che pur di farsi conoscere sono a volte costrette ad andare a suonare con un rimborso spese, quando va bene.
Sarebbe incoraggiante se si cercasse di investire di più nei musicisti emergenti e fortunatamente nella nostra regione, sebbene con non poche difficoltà, c’è ancora chi prova a farlo.

Allegati

Ecco il promo video di “Karabash” promo video

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