“Campi di concentramento per ebrei: servirebbe più memoria”
A Senigallia in tanti alla presentazione di un libro che ricorda pure il caso locale (ex Unes)
Una Sala Conferenze della Biblioteca comunale Antonelliana gremita ha accolto mercoledì 26 febbraio la prima presentazione cittadina del volume “Una regione e i suoi campi tra concentramento, internamento, liberazione, deportazione e supplizio (1940-1944)” (nella foto la copertina).
Ospiti del pomeriggio (primo del VII ciclo di Incontri con la storia) – organizzato dall’Associazione di Storia Contemporanea col patrocinio del Comune di Senigallia, del Centro Cooperativo Mazziniano “Pensiero e Azione” e della sezione locale dell’Associazione Mazziniana Italiana – gli autori del volume Giuseppe Morgese e Daniele Duca.
Interessante il dibattito che ne è scaturito, e che ha riguardato anche il campo di Senigallia situato nell’area dell’ex colonia Unes, occupata successivamente prima della recente demolizione dal Centro sociale Mezza Canaja.
“Innanzi tutto è importante sottolineare che a Senigallia un campo vi fu – ha spiegato Morgese rispondendo agli interrogativi in merito emersi già nel 2009 nel corso di un acceso dibattito cittadino -. Vi è anche un documento del Comune (per altro ormai noto da tempo), datato 4 maggio 1944 ed inviato al Questore di Ancona (in quel frangente però spostato ad Osimo), che ne attesta l’esistenza. Si trattava di un campo provinciale per ebrei nato in seguito alla legge del ministro della Rsi Buffarini-Guidi del novembre 1943, che stabiliva l’utilizzo di questi luoghi per raccogliere persone per un breve periodo, prima del trasferimento nel più grande campo di Fossoli (Emilia Romagna) da dove poi i prigionieri sarebbero finiti in Germania“.
“Il campo provinciale di Senigallia – precisa Morgese – rappresentò un’eccezione perchè situato in un’arteria stradale centrale della città, in pieno lungomare (ora Da Vinci). Fu aperto dal dicembre 1943 al giugno 1944, come attesta un toccante diario di uno dei prigionieri, Attilio Morpurgo“.
Come evidenzia la pubblicazione, i prigionieri presenti al giugno 1944 (ebrei e slavi) furono liberati dai partigiani.
Il coautore della pubblicazione sottolinea “l’emozione nello scoprire i centri provinciali, di concentramento e internamento che furono presenti nelle Marche, la cui memoria è purtroppo andata spesso perduta. Perduta a livello popolare e monumentale: la gente sa poco e non ci sono targhe che rimembrano cosa è successo in quei luoghi, come accaduto ad esempio a ricordo dei caduti della Prima Guerra Mondiale. I prigionieri di questi campi non hanno avuto nemmeno questa forma di memoria“.
“Anche l’edificio di Senigallia è stato abbattuto – ha concluso Morgese – benché paradossalmente l’aspetto in cui l’area appare adesso – cioè totalmente deserta – è ancor di più capace di evocare lo strazio che ha attraverso certi spazi”.
In tal senso, una fotografia realizzata dal coauture Daniele Duca rende davvero straordinariamente quanto espresso da Morgese; lo steso Duca condivide “l’emozione vissuta nel contribuire a un libro su questi argomenti“, lamentando “il disinteresse dell’assessorato alla cultura della Regione Marche e del capoluogo, Ancona. E’ davvero una tristezza. Forse queste vicende non interessano perché non rispondono a precise finalità politiche“.
Invece, la storia delle Marche, e del loro territorio, passa anche attraverso la memoria e lo studio critico di quanto avvenne in quei luoghi di segregazione.
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