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Volti e nomi della Senigallia celebre, ma modesta n.23: Massimo Renzi

Un Artista "artigiano della tavolozza"!

Renzi Massimo

Massimo è un “DIPINTORE”, come si definisce lui stesso. Cosa, che mi porta immediatamente, ancor prima di presentarvi il personaggio in questione, a chiedergli che cosa significhi per lui questa particolare definizione. La risposta che ricevo è la seguente:

Ho voluto riprenderla, facendo un salto nel nostro passato artistico di qualche secolo, in quanto, per me, il termine ha più attinenza con il fare pittura.Il Dipintore è colui che dipinge. Non pittura, ma dipinge. Sono due parole simili ma che hanno una profonda differenza. Il dipingere, nella mia visione, consiste nell’applicarsi all’arte della pittura con tutto ciò che ne consegue: ricerca, sofferenza, esaltazione, creare poesia, manualità, esternazione della propria personalità, in pratica fare dell’arte. Il pittore, invece, è per me legato alla persona che ricopre con della vernice qualsiasi cosa possa essere colorata: una parete, un cancello, uno steccato ecc. ecc.”.

Così facendo però, ha già svelato quella che è la sua passione: la “Pittura” o, parafrasando il suo sostantivo, la “Dipintura”.

atletiBellezza speranzaCampagna Marchigiana

Massimo, come spesso mi è già accaduto di inserire tra la serie di volti e nomi di questa mia carrellata tra i personaggi di Senigallia, non ha avuto i natali qui, bensì a Corinaldo (AN) il 30 gennaio 1968. Sessantottino dunque di nascita, non certo di indole e poi magari vi svelerò anche il perché. Durante la frequentazione della scuola media a Senigallia, presso l’istituto Marchetti, si affida alle mani del maestro, nonché nostro concittadino, il famoso pittore Giorgio Ciacci, che gli indica le vie più appropriate per perfezionare le varie tecniche pittoriche. Questo non gli “evita” però di diplomarsi all’Istituto Tecnico “Corinaldesi”.

Inizia a disegnare, prediligendo come tecnica il carboncino ed il pastello per giungere nel ’99 alla decisione di utilizzare la tecnica pittorica dell’olio. Nascono in questi anni i primi tentativi di mettere in relazione, attraverso la nuova materia, la luce con il colore. Nel 2001 l’incontro con il maestro e pittore Piergiovanni Antici. Inizialmente come allievo, ma questa frequentazione sfocerà in un’amicizia e stima reciproca dando così inizio ad un continuo scambio di riflessioni sull’arte pittorica. Nel frattempo approfondisce lo studio degli effetti della grafite, mantenendo però come espressione artistica preferita quella della pittura ad olio.

Renzi 'Campo papaveri'Renzi 'Fiume misa'20140208-renzi-nevicata

Se solo fossi minimamente un critico d’arte, starei a spendermi nella ricerca di aggettivi tecnici che per loro invece sono d’uso comune. Non essendolo vado a porre le domande che solo l’uomo della strada, non certo inteso come un ignorante, zotico, popolano, ma nemmeno come uno che deve ogni qualvolta usare un il linguaggio da “addetto ai lavori” per qualsiasi argomento di cui si voglia parlare.

Io vivo di sensazioni immediate e di ripensamenti subito dopo aver visto, non scendendo a compromessi “sul come dirlo“. Quello che maggiormente mi interessa è che si comprenda quello che provo e che vorrei si riversasse anche su chi legge.  Massimo, a mio parere, è l’artista che riesce a farti provare sensazioni immediate, di calore, di freddo, di umidità, di natura, di allegria, di malinconia.

Renzi 'Percorso naturalistico'Renzi 'Primavera'Renzi 'Riflessi acqua'

A trasmetterti queste sensazioni sono le tonalità dei suoi colori che, ad onor del vero, non saprei giudicare, come ha diagnosticato un suo critico, se siano esattamente 13. So solo che nei suoi quadri vedo trasparire, sento, immagino, una ricerca certosina della precisione e del particolare, già nel tratto che definisce il soggetto. La stessa pignoleria mi sembra di ritrovarla nella stesura del colore: a volte sfumato quasi a renderlo come un vapore fuoriuscente dalla tela, a volte più deciso, come macchia posta da richiamo, perché l’occhio si soffermi a guardare sul particolare.  Del resto Renzi, non dimentichiamolo, è in primis un Poetache ferma i suoi pensieri sulla tela e che usa al posto della penna i pennelli da “Dipintore”. Massimo è prevalentemente un paesaggista (e ne sono rimasti pochi) e quello che intende rappresentare, come ha scritto anche sul suo sito web, è il perfetto connubio tra Dio e l’essere umano.

20140208-renzi-rotondaTra le sue opere più belle, quelle che più mi hanno toccato (ma il bello è sempre una cosa soggettiva) sono state: “Primavera”, per il maniacale lavoro di particolari nei biancospini, il non facile uso del colore bianco, il distacco volutamente creato a suon di sfumature tra il primo piano e lo sfondo. “Senigallia, molo di levante”, anch’esso superbo per i particolari e per l’effetto che si ottiene fissando per qualche istante le onde. Sembrano ad un certo punto che esse si muovano realmente e vengano incontro all’osservatore. Calda, come in un tardo pomeriggio di agosto “Rotonda a mare” o anche “Senigallia, piazza Saffi”, utilizzando come tecnica quella su carta-paglia. Ma gli altri, mi si creda, non sono da meno. Solo che elencandoli tutti cadrei su di un’ovvia incensazione di cui Massimo Renzi non ha di certo alcun bisogno.

Anzi è il momento di far parlare anche alla tecnicità del nostro “Dipintore” ed allora comincio con le domande “più banali”, quale ad esempio

D -:Massimo, tu come vieni colpito dall’Ispirazione ?
R -: Non ho un metodo preciso per farla arrivare. Solitamente è la bellezza il fattore scatenante, o ciò che intendo tale. Un paesaggio, una natura morta, una persona, soggetti che catturano la mia attenzione visiva (vedere è diverso che osservare) ed il mio sentimento. Se ritengo che tutto ciò appaghi il mio senso poetico, li catturo e li dipingo.

D -: Ho passato opera per opera ed ho notato una irrequietezza nei tratti nel corso del tempo. Quasi un variare del tuo modo di portare i tratti. Dal preciso, classico del disegnatore a quello dell’impressionista, del macchiaiolo. Come anche la ricerca del “su che cosa” fermare le opere. Ed allora: olio su tela, olio su tavola, olio su pannello telato, olio su cartone, tecnica mista su carta paglia, fino a giungere all’olio su carta paglia incollata su tavola. Per non dimenticare poi la carta e matita, spesso sottovalutata, ma sempre di difficile realizzo. Per me importante perché pone il confine tra chi conosce il disegno, veramente, e chi solo si atteggia e si avvicina a quest’arte.

R -: Quando decido di iniziare un’opera, mi focalizzo innanzitutto sulla sua dimensione. Una volta stabilita, scelgo il supporto sul quale lavorare. In questo caso la scelta avviene, per la maggiora parte delle volte, in modo istintivo. Pannello telato, tela, cartoncino, tavola, carta paglia, sono a mia disposizione e prendo quello che, in quel momento, sento possa meglio sposarsi con l’idea iniziale. Il pannello telato è una tela incollata su cartone pressato. Personalmente utilizzo quelle di piccolo formato. Il suo utilizzo assomiglia molto a quello della normale tela. L’asciugatura del colore è però più lenta e per effettuare i passaggi successivi, aspetto il tempo che ritengo necessario per riprendere il lavoro. Come accade anche per i lavori su tela. La carta paglia è un materiale povero e mi piace per il colore naturale che si adatta benissimo come sfondo. La utilizzo principalmente per lavori a pastello. La sua porosità consente di avere degli effetti cromatici interessanti. Quando invece decido di incollarla su tavola, non ci sono formati precisi. Vado in base alle dimensioni della tavola che decido di utilizzare. In questo caso, dipingo ad olio ed adoro lavorarci perché, a differenza della tela e del pannello telato, il colore viene assorbito rapidamente e mi consente un lavoro quasi continuo (dopo il bozzetto iniziale che, per me, deve comunque asciugarsi). Anche in questo caso mi piace molto l’effetto che esce fuori dall’incontro tra il colore ad olio e la carta paglia incollata su tavola. Un altro supporto su cui mi piace dipingere è la tavola o pannelli di legno. Anche in questo caso è la capacità del legno di assorbire rapidamente il colore, consentendomi di lavorarci con continuità. Ma, indipendentemente dal supporto utilizzato, mi piace pensare che il risultato finale si avvicini quanto più possibile a quello che per i dipintori – si noti come usi il termine senza pensarci su – francesi della metà dell’ottocento e per i nostri macchiaioli poi, era il “ton gris”. Cioè il superamento del chiaroscuro accademico con una visione più moderna di accostamenti cromatici tra il chiaro e lo scuro.

D -: E come decidi il formato, le dimensioni su cui fissare il soggetto?

R -: La scelta del supporto e delle sue dimensioni, non sono sicuramente un problema. Dipende da ciò che, in quel momento, quel determinato soggetto mi sta dando e lo proietto sulla superficie che intendo utilizzare. Costruisco così un gioco di rimandi tra la mia poesia e quella del soggetto dipinto su quella superficie con quelle dimensioni. Arrivo così al mio modo di dipingere sicuramente non di getto ma bensì elaborato.

D -: Per la risposta che hai inserito qui di seguito, la domanda corretta potrebbe essere – Come inizi un dipinto e quali e quante fasi si susseguono ?

R -: Parto sempre da un disegno preparatorio fatto sul supporto che poi andrò a dipingere. E’ la struttura del soggetto che elaboro e che fisso prima che inizi a mettere il colore. Una volta verificate le corrette dimensioni e proporzioni, inizio a stendere il colore come bozza iniziale per vedere se il mio sentimento cromatico è corretto. Successivamente lo riprendo e vado avanti fino al raggiungimento del risultato voluto. Capita, alcune volte, che possa anche modificare, in corso d’opera, le tonalità cromatiche per dare un equilibrio al dipinto che, fino a quel momento, magari, mi era sfuggito. Un’opera deve essere assolutamente equilibrata, inteso come unità del tutto. Come vedi, per me non si tratta di operare di getto ma di pensare, elaborare e costruire un’opera come un artigiano. E’ bello vederne l’evoluzione fino al risultato finale. Tra l’altro i miei tempi di lavorazione sono abbastanza lunghi…evviva la lentezza!

D -: Se ti chiedessi a che tipo di pittore, pardon, dipintore, ti senti più vicino, che cosa mi risponderesti?

R -: Potrei citarne molti: Tiziano, Bosch, El Greco, Rembrandt, Cezanne, Monet, Pissarro, Lega, Signorini, D’Ancona, Boldini, Cremona, Balthus, Morandi e tanti, tanti altri ancora. Ognuno di loro, con la loro precisa cifra stilistica e personalità, ci stanno ancora donando tantissimo con le loro opere e ciò è straordinario. Per cui non ho un solo dipintore al quale mi ispiro ma diversi, in quanto la dipintura (ma l’arte in genere) deve essere l’esternazione dell’io e del proprio sentimento, quindi personale e ben riconoscibile.  Ed è ciò che voglio fare con la mia.

A questo punto, dovrei chiederti, come ho spesso fatto con alcuni intervistati, se pensi che si faccia abbastanza per aiutare la nostra città a crescere in fatto di cultura, arte. Questo sia come aiuti diretti agli artisti quotati, anziani e che oramai non avrebbero neppure più bisogno di incentivi e quelli chiamiamoli invece emergenti, sia per estro che per età. Ma so che ti chiederei troppo e ti metterei in imbarazzo, perché il tuo carattere è quello che trasuda dalle tue opere. Sei un uomo buono, tranquillo, di pace, come emerge dai fermi immagine della natura e dalle bellezze cittadine. Allora ci provo io e nel finale dell’articolo.

Anche perché, vista la lunghezza del racconto, sono pochi coloro che leggono l’ultima parola. Però ci terrei a fare delle considerazioni riguardanti la nostra Amministrazione. Come avrai capito, il mio carattere, è meno impostato al dialogo, alla riflessione ed alla diplomazia. Sono un sanguigno, ma educato. Che usa più i “colpi di pancia” alla Caravaggio per fare un paragone pittorico. La nostra amministrazione, come tante altre, sembra che metta la cultura in secondo piano (anche terzo, quarto…) rispetto a quanto dovrebbe fare un assessorato tanto importante quanto, se non più di altri. La cultura, nelle sue varie sfaccettature, deve essere utilizzata come fulcro per migliorare le nostre menti ed anime, creando così una società sempre migliore.

Non tralasciando che, in una città votata al turismo, potrebbe essere anche una forma di business e di incentivo al richiamo di turisti e di artisti. Non voglio poi entrare nel merito dei budget destinati all’assessorato alla cultura, ma potrebbero essere ottenute delle risorse aggiuntive se solo si pensasse in maniera lungimirante con dei piani d’azione più coraggiosi. Anziché inserire nelle varie attività espositive i soliti nomi, perché non dare spazio e valorizzare anche giovani artisti di talento che con passione e sacrificio portano avanti un nuovo linguaggio e sentimento artistico. Portare la loro conoscenza ad un pubblico più vasto, anche al di fuori delle mura cittadine, coinvolgendo associazioni, sponsor (visto che le amministrazioni hanno le mani in pasta ovunque) creando così una sinergia tra i vari attori per far crescere progetti culturali di ampio respiro.

//www.massimorenzi.eu/

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