Senigallia: critiche alla rigenerazione invasiva e falsa dell’arena Italia
Italia Nostra: "Falso d'epoca che sminuisce porta Lambertina disattendendo il piano del centro storico"
Il nucleo storico della città di Senigallia, nonostante le ferite inferte dal terremoto del ’30 e dalle edificazioni degli anni ’60/70, conserva una forte identità monumentale e architettonica, chiaramente leggibile sia nel centro storico vero e proprio, sia nei quartieri esterni alle mura edificati fra ‘700 e ‘900, i quali tuttavia hanno subito un forte degrado architettonico a causa del disordinato inserimento di palazzoni stile periferia negli anni ’60/’70.
Questa prassi edificatoria irrispettosa del tessuto urbano storico è particolarmente evidente nel quartiere Porto, dove l’inserimento di condomini di grande cubatura fino a cinque piani di altezza sia all’esterno che all’interno delle mura, e perfino sul bastione, ha alterato sensibilmente i caratteri originari di alcuni isolati e il reticolo regolare e armonico dell’edilizia a schiera a basso impatto tipica dei quartieri popolari.
Le alterazioni, ma si potrebbe anche dire il degrado architettonico, sono particolarmente evidenti lungo via Mamiani fuori di porta Lambertina, dove campeggiano quattro condomìni, che insieme ad altri interventi discutibili hanno compromesso l’integrità urbanistica e architettonica del settore.
In una situazione del genere le buone regole urbanistiche, ma anche il buon senso, vorrebbero che ogni nuovo intervento si ponesse l’obiettivo di mitigare questo disordine urbanistico con architetture semplici, lineari e poco invasive, anche con soluzioni tecnologiche moderne e originali, purché in grado di inserirsi senza contrasto con un esistente già di per se stesso problematico e contraddittorio.
Invece il progetto di riqualificazione dell’ex Arena Italia proposto recentemente dal Comune prevede un edificio massiccio alto quasi 14 metri, con una immagine architettonica prepotente e monumentale, che oscilla fra il neoclassico settecentesco e il razionalismo degli anni ’30 e che si scontra palesemente sia con l’architettura sobria e lineare dell’edificato a schiera sette/ottocentesco, sia con quella povera e invasiva dei palazzoni di recente edificazione. Questa filosofia del falso d’epoca ci ha trovato già in disaccordo in passato, sia perché introduce un elemento di mistificazione nel tessuto storico della città, sia perché anche dal punto di vista estetico appare incongrua e disarmonica rispetto al contesto in cui si colloca.
L’altezza e la mole del nuovo edificio sminuiscono la monumentalità della porta Lambertina e interferiscono con la sua immagine, che invece ha necessità di spazio per essere esaltata ed evidenziata, dal momento che la funzione delle porte urbiche settecentesche non è più di difesa, ma di decoro e monumentalità e per questo si elevano sul vuoto circostante le mura, costituendo l’elemento centrale della prospettiva scenografica stradale.
Inoltre lo stile architettonico ricercato, diremmo ridondante, e falsamente monumentale, mal si armonizza con la modestia architettonica dell’edificato circostante, anzi contrasta con esso, isolando il nuovo edificio dal contesto e contribuendo ad evidenziarne ancor di più la disomogeneità e l’incongruenza. Questo appare ancor più evidente nello stile proposto per i portici, che di per se stessi possono anche costituire un elemento funzionale e utile e integrabile con quelli già esistenti, ma la cui forma (l’uso della trabeazione e delle colonne) appare del tutto difforme rispetto a quella dei portici del lungofiume e allo stesso arco della porta.
Di conseguenza il progetto finisce per disattendere anche le indicazioni del Piano Particolareggiato del centro storico, che giustamente prevede architetture meno invasive, sia nell’elevato, che nello stile. Ci sembra inoltre che il ricorso alla variante (e non è la prima) nasca più da considerazioni economiche, che da giustificazioni di carattere urbanistico, dal momento che un aumento di cubatura si può ottenere anche aumentando la superficie dell’edificato.
La nostra proposta è perciò quella di un edificio meno elevato e dall’architettura più sobria e lineare, riallineandone l’elevazione a quella del Piano particolareggiato e ispirando lo stile o a quello dell’edificazione popolare otto/novecentesca o a modelli contemporanei, con una limitazione dell’ornamentazione in oggetto e con l’inserimento di un porticato che si richiami ai modelli già esistenti.
Più in generale chiediamo di porre fine alla prassi delle varianti non giustificate da necessità inderogabili e una maggiore sobrietà negli interventi di innovazione nell’ambito dei quartieri storici extramurali, per i quali sarebbe invece urgente dotarsi di strumenti urbanistici di settore con elementi di premialità per sollecitarne il recupero, salvaguardarne la coerenza e l’omogeneità architettonica e porre fine alla pratica degli interventi isolati e non sempre contestualizzati.
Allegati
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