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Il rock dei The Jet Set sul palco del carcere di Montacuto

“Aver potuto vivere questa esperienza ci onora” - INTERVISTA

Il rock dei The Jet Set ha fatto capolino anche nella Casa Circondariale di Montacuto.  Nella mattinata del 4 dicembre, come avviene oramai da qualche anno, si è svolto il concerto organizzato dal Musikè  rivolto ai detenuti di Montacuto. Ad animare la mattinata è stata proprio la band senigalliese composta da Damiano Albenzio (voce), Michele Susannini (chitarra), Lorenzo Beccaceci (basso) e Angelo Albenzio (batteria).

Queste le impressioni del gruppo dopo il live nell’ insolita location. 

Come è nato il progetto di questo concerto?

Beccaceci: Se abbiamo avuto questa possibilità è grazie ad Andrea Celidoni che da diversi anni dirige dei corsi di musica nel carcere di Montacuto e in quello di Barcaglione. Essere stati scelti ci onora, è un’esperienza particolare che non capita tutti i giorni. La stima con Celidoni è reciproca e siamo molto contenti che dopo l’esperienza del concerto di Barcaglione della primavera scorsa, il tutto si sia potuto ripetere. Ovviamente dal nostro punto di vista, abbiamo colto l’occasione come forma di arricchimento nostro personale, e non monetario visto che lo abbiamo fatto chiaramente gratis, l’abbiamo fatto per provare un’esperienza, l’abbiamo fatto per Andrea, per loro ma anche per noi.

Quali sono i ricordi più vividi che vi porterete dietro di questo live?

Susannini: Il ricordo piu bello che mi porterò con me sarà il veder cantare durante la nostra versione di un pezzo di Battisti nello stesso tempo un detenuto ad occhi chiusi… come se immaginasse di essere in un altro luogo, ed una guardia carceraria con le braccia in alto…. il potere della musica.

Angelo Albenzio: Gli sguardi dei detenuti che si incrociano con i nostri mentre entravano nella sala, l’atmosfera di festa per quella che era una giornata diversa, sia per loro che per noi. L’incedere dei brani che avevamo scelto per loro che li portava a seguire il ritmo battendo le mani e cantando le canzoni conosciute. Gli applausi che alla fine di ogni esecuzione diventavano sempre più sinceri e forti, la dedica di una canzone al figlio di un detenuto che all’inizio sembrava tra i più distaccati e che poi è stato il primo ad alzarsi in piedi e venire a stringerci la mano. Il grazie sincero di tanti di loro e la speranza da parte nostra che di questa giornata non sia rimasto solo il concerto in sè ma una riflessione da parte di tutti su quanto sia importante dal punto di vista sociale essere sempre presenti anche solo con un sorriso (che a noi non costa niente) che potrebbe aiutare loro, a guardare al futuro con occhi diversi e a noi, ad imparare a “fare” senza giudicare.

Cosa si prova a suonare in un carcere di massima sicurezza?

Damiano Albenzio: Be’, come cantante e quindi il più esposto anche proprio come posizione ( i ragazzi della prima fila erano a un metro da me) è stata davvero un’ esperienza forte. Personalmente ho provato empatia. Penso di poter parlare anche a nomi degli altri Jet Set. Immedesimarsi nelle esistenze di detenuti in un carcere di massima sicurezza senza giudicarli è molto difficile. Ma se ci si riesce si prova empatìa, mettersi nei loro panni solo pensando a come potrebbe essere al loro posto e cercare di immaginarsi il loro stato d’animo per poi infine attraverso la musica, attraverso il nostro concerto, cercare di condividere un momento della loro giornata (che non prevede tutti i giorni cose di questo tipo, anzi…), be’ è importante averlo fatto per me, per noi. Spero di poterlo rifare.
Noi avendo suonato a Giugno al Barcaglione eravamo già “preparati” a questo tipo di ambiente anche se a dire il vero le due realtà hanno ben poco di simile, il Barcaglione pur essendo a tutti gli effetti un carcere è un luogo di detenzione per  FinePena per cui somiglia di più ad una comunità di recupero … qui ci siamo subito resi conto appena entrati che la situazione era diversa,però non eravamo intimoriti anzi… curiosi e attenti. La location dell’esibizione era una stanza vuota con un centinaio di sedie davanti, le sbarre alle finestre e una moquette a terra che fungeva da palco … appena appoggiati gli strumenti ci siamo resi subito conto che l acustica, per il nostro genere poi, sarebbe stata davvero pessima ma questo era il minimo. Qui la cosa che ci ha lasciato di sasso: il capo delle guardie dopo aver apprezzato la scaletta, ci fa avere delle bottiglie d’acqua mentre montavamo il backline poi prende e  ci porta a bere qualcosa al bar interno riservato a loro, da buon padrone di casa (ammettiamo che c hanno trattato meglio loro che alcuni locali della zona) e lì ha iniziato a raccontarci tutte le sue esperienze musicali facendosi vanto di tutti i concerti visti dei più grandi artisti rock del nostro tempo. Siamo passati dall’area dei reclusi a quella delle guardie all’interno del carcere per cui abbiamo percorso quei corridoi ascoltato le voci … visto le celle, immaginato quel che si prova a stare forzatamente li dentro per mesi … anni ….

Come hanno risposto i detenuti a questa iniziativa? Come vi hanno accolto?

Michele Susannini: Appena arrivati il capo delle Guardie penitenziarie ci ha detto testuali parole “ Ragazzi tranquilli se mentre suonate si alzano fanno casino e vengono verso di voi non abbiate nulla da temere..” (noi sinceramente ci speravamo un pò che ciò accadesse) ma purtroppo si sono limitati a tenere il tempo con le mani ed applaudire ed urlare durante il concerto. E’ stato figo vedere che apprezzavano un sacco l’esibizione che si facevano coinvolgere che applaudivano anche durante gli stacchi dall’inizio alla fine,acclamavano Angelo durante gli assoli di My Generation …. era un pò come quando porti i bambini al cinema per la prima volta … sembra strano ma è così. La cosa più soddisfacente almeno per me è stato alla fine quando uno ad uno si sono alzati e sono venuti da noi stringendoci la mano come fossimo stati non so chi …. e lì capisci che “gli hai lasciato qualcosa” e lì … vedi la differenza del loro sguardo da quando sono arrivati un po distaccato ed infastidito quasi a quel momento in cui vengono da te a dirti “sei un grande”… perchè non bisogna dimenticarsi che  in un contesto così, andare li a suonare puoi anche rischiare  magari che ti tirino le sedie … invece la sensazione di essere noi ospiti e loro reclusi in quel momento l ho vista annullarsi …. era quasi una festa!!

Credete che iniziative del genere siano importanti per avvicinare la realtà dei reclusi con quella che sta al di là delle mura della prigione?

Damiano Albenzio: Più che importanti direi che sono fondamentali. Al di là della musica quello che ci ha colpito ieri è stata la voglia di partecipare dei ragazzi detenuti, il loro battimani a tempo con le nostre canzoni, il loro entusiasmo alla fine di ogni pezzo. Come accennava Angelo, un ragazzo ha chiesto la dedica a suo figlio che è a Senigallia, dopo aver saputo che noi veniamo da lì. E’ stato molto toccante. Ha partecipato molto al concerto come se il fatto che fossimo a poca distanza, magari vicini da casa inconsapevoli, da suo figlio ci potesse legare a lui. A fine concerto è venuto a stringerci la mano e a ringraziarci per la dedica. Sì, decisamente, queste esperienze contano e sono affidate il più delle volte solo al volontariato. Ne servirebbero di più, magari con dei progetti dedicati. Di sicuro a noi piacerebbe farne parte.

C’è la possibilità che iniziative come questa, sicuramente belle ma forse un pò sporadiche, lasciano un po’ il tempo che trovano o a addirittura possano sortire l’effetto opposto ovvero suscitare rancore verso il mondo che sta al di fuori del carcere..

Beccaceci: Vorrei citare una frase di Andrea Celidoni, detta al telefono il giorno in cui siamo stati contattati per questa esperienza: “con poco possiamo fare molto“. Noi abbiamo fatto il nostro solito concerto. Per una ora abbiamo suonato davanti a ragazzi che hanno commesso dei reati, senza giudicarli.  Queste persone hanno sbagliato ma nessuno ricorda che le carceri italiane sono in condizioni disagevoli: poco spazio, pochi agenti, pochi operatori. Il carcere deve essere punitivo ma anche rieducativo e credo che queste siano occasioni che mancano in luoghi come questo. E comunque sempre per citare il nostro caro amico Andrea tutto questo ci inorgoglisce perche come dice lui:  ….“e voi oggi avete fatto tanto!!!!a discorre (come fanno tanti!) non è fatica! serve i fatti!!!!

Commenti
Solo un commento
Le Bazze 2013-12-05 17:52:09
Davvero tanta stima ai ragazzi dei Jet Set!
ATTENZIONE!
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