Rivalutare l’imprenditoria, monito della Confartigianato
Il responsabile Valmisa Giulio Cinti lancia un appello alla politica: "Sta per scadere il tempo delle decisioni"
Ritengo che Serra de’ Conti sia un modello significativo per comprendere il progresso economico italiano del nostro dopo guerra, dove uomini di cultura prevalentemente rurale ma animati dalla passione imprenditoriale, con la capacità di rimettersi sempre in gioco e di rischiare in prima persona, sono stati il motore per lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio, affiancati in tutto questo da amministratori lungimiranti.
Questi stessi imprenditori con la loro creatività e professionalità hanno consentito l’affermarsi del settore manifatturiero, in particolare del calzaturiero e del tessile, dove la ricchezza prodotta è stata reinvestita in loco garantendo la piena occupazione.
Nell’ultimo quarto di secolo però questi settori si sono dimezzati sia in rapporto al valore aggiunto che in termini occupazionali, solo in parte compensati dalle assunzioni effettuate dal comparto della metalmeccanica di precisione e quello della produzione di imballaggi, dove profonde politiche di investimento in innovazione di prodotto e processo unite alla riorganizzazione hanno consentito a queste stesse aziende di essere annoverate tra le eccellenze.
Tuttavia Serra de’ Conti non è certo immune alle problematiche che investono il nostro paese e che posso così sintetizzare: ristrutturazioni aziendali legate a processi di delocalizzazioni industriali, riduzione della propensione all’acquisto con stagnazione dei consumi, aumento della disoccupazione giovanile con conseguente emigrazione dei giovani laureati, aziende che necessitano di figure altamente specializzate non facilmente reperibili in loco. Di contro anche in presenza di una eventuale ripresa dei consumi questa non si trasformerà immediatamente in assunzioni poiché le aziende sono strutturate per una produzione quantitativa molto più elevata dell’attuale.
Prendo atto che il mercato globale ha modificato velocemente e radicalmente i processi economici, sociali e culturali del nostro tempo favorendo l’affermazione delle multinazionali, ciò nonostante la ricerca mi dice che il futuro apparterrà alle organizzazioni ad elevata adattabilità e flessibilità come sono appunto le piccole e medie imprese locali. Vorrei inoltre dire ai nostri imprenditori di non deprimersi di fronte a questa crisi perché pur rappresentando un cambiamento, da alcuni economisti definito epocale, questo porta con sé comunque delle opportunità e nel sistema economico che verrà il fattore vincente non sarà più il capitale ma le idee che sono da sempre patrimonio della piccola e media impresa.
Per questo mi permetto di fornire a tutti gli imprenditori ciò che consiglio sempre nel ruolo di responsabile della Confartigianato, scontati quanto spesso inapplicati suggerimenti: partendo dalle competenze sviluppare nuovi progetti d’impresa e proporsi sul mercato con prodotti a maggior valore aggiunto; fissare degli obiettivi e periodicamente verificarne il raggiungimento; superare la mentalità individualista ed agire con determinazione sulle collaborazioni e creazioni di reti tra imprese; aumentare la produttività e la competitività non solo con l’innovazione di prodotto e processo ma soprattutto con quella gestionale e organizzativa grazie all’inserimento, su principi meritocratici, di giovani più inclini a comprendere le nuove esigenze del mercato sfruttando anche le potenzialità degli strumenti informatici e, per lo stesso motivo e con gli stessi principi, favorire il cambio generazionale; analizzare periodicamente il proprio bilancio nell’ottica della razionalizzazione dei costi e buona gestione dei flussi finanziari.
Gli studi ci dicono che in una economia globalizzata le nazioni maggiormente avanzate, pensiamo a Stati Uniti, Germania, Giappone ma anche paesi sedi della finanza come Regno Unito e Svizzera, hanno rivalutato l’importanza dell’impresa ed in modo particolare della manifattura come fonte duratura del benessere varando misure decise per il suo rilancio a differenza dell’Italia dove questi processi sono in forte ritardo. Ritengo che il nostro paese debba essere profondamente riformato e per rispetto del lettore, ormai stanco di leggere ed ascoltare le riforme sempre enunciate e mai adottate, evito di elencarle, ma consentitemi di lanciare un appello al sistema politico, delle istituzioni e delle forze organizzate della burocrazia: “l’economia va incoraggiata e non più mortificata. Sta per scadere il tempo delle decisioni“.
da Giulio Cinti
Responsabile Confartigianato alta valle del Misa
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