Regione Marche: sarà ancora recessione economica
Previsioni fosche per la fine del 2013 secondo i dati di Unioncamere. Calzaturiero a picco
Fine anno con la recessione. E’ quanto emerge da un’indagine di Unioncamere Marche sulle imprese manifatturiere marchigiane con dipendenti trenta imprenditori su cento prevedono di iniziare il 2014 con una riduzione del fatturato e il 49 per cento pensa di mantenerlo ai livelli attuali.
Solo ventuno imprenditori su cento sperano di incrementare i guadagni. Stessa cosa per la produzione, attesa in diminuzione per il 26 per cento delle imprese e stabile per il 56 per cento. Ancora peggiori sono le aspettative per gli ordinativi previsti in calo per 27 imprese su 100 e stabili per il 54 per cento delle aziende intervistate dal Centro Studi Unioncamere. Appena meglio va per gli ordinativi esteri delle imprese esportatrici dove le aziende che pensano di aumentare le vendite sono il 25 per cento mentre quelle che temono una diminuzione dell’export toccano il 22 per cento, con il 52 per cento che non si aspetta variazioni di rilievo. Il pessimismo prevale tra gli artigiani e le imprese di minori dimensioni mentre le imprese con più di 50 dipendenti si aspettano un lieve miglioramento dei livelli di produzione e fatturato.
“Per rilanciare la nostra economia” ha dichiarato il presidente Unioncamere Marche Adriano Federici “occorre puntare non solo sulla innovazione tecnologica, l’internazionalizzazione e l’infrastrutturazione informatica e telematica, ma anche sul capitale umano, in particolare sui giovani, che sono in grado di intercettare i continui cambiamenti a cui il mercato ci sottopone. Sono loro le vere antenne del territorio. Inoltre bisogna creare la possibilità di un credito che cammini al fianco delle imprese nel sostenere gli investimenti, perché solo con gli investimenti si può fare la crescita”.
Intanto tra luglio e settembre, secondo la “Giuria della Congiuntura”, indagine trimestrale del Centro Studi di Unioncamere Marche, si registrato un calo di produzione, fatturato e ordinativi per il nono trimestre consecutivo.
Particolarmente pesanti, secondo il Centro Studi Unioncamere, i cali di produzione (-4,4 per cento) e fatturato (-4,4) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con gli ordinativi che perdono addirittura il 5 per cento. Dati ancora più negativi per l’artigianato e le piccole imprese, che vedono tutti gli indicatori ridursi dal 6 all’8 per cento.
Tra i settori la crisi colpisce più pesantemente le calzature con la produzione in calo dell’8,2 per cento, il fatturato del 7,7 e gli ordinativi del 9,7 per cento. Tutti gli altri settori manifatturiere registrano cali produttivi tra il 3,8 per cento degli alimentari e il 6,2 per cento del tessile abbigliamento. Solo la meccanica è in lieve controtendenza e registra un modesto aumento della produzione (+0,3%) e del fatturato (+0.6) tra luglio e ottobre.
La congiuntura negativa, nel terzo trimestre di quest’anno, ha colpito più pesantemente le imprese con meno di 9 dipendenti (produzione –7,2 per cento) mentre le imprese tra 10 e 50 addetti hanno perso il 4,7 per cento e le grandi aziende solo l’1,5 per cento.
Tra le province è Fermo a pagare un prezzo salato alla congiuntura negativa (produzione in calo del 7,1 per cento) a causa del difficile momento del calzaturiero, seguita da Macerata (-5,5), con le imprese ascolane che vedono la produzione ridursi del 4,3 per cento. Appena meglio vanno le aziende di Pesaro e Urbino (-3,3) e di Ancona (-3,2).
Tra i primi di luglio e la fine di settembre si è fermata anche la corsa del fatturato estero, che aveva rappresentato l’unica voce in crescita negli ultimi due anni. Infatti nel terzo trimestre il fatturato estero è calato dello 0,7 per cento ma per le imprese artigiane il calo è stato ancora più consistente (-3,5 per cento) mentre ha continuato a crescere per le grandi aziende (+1 per cento). Tra i settori l’export continua a trainare solo la meccanica (+5,2 per cento) e l’abbigliamento (+2 per cento).
Guardando al futuro, le imprese marchigiane hanno 5,2 settimane di produzione assicurata, che scende a 3,4 per gli artigiani mentre gli impianti continuano ad essere utilizzati al 76,3 per cento della capacità produttiva. I margini per produrre e vendere di più ci sono. Occorre che la politica e il mercato creino le condizioni per favorire la ripresa economica.
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