Dalle indagini sul traffico e lo smercio di denaro falso, su cui sono al lavoro anche gli agenti del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Senigallia e che hanno portato in carcere tre persone arrestate nel milanese e due a Jesi, emergono nuovi dettagli sulle attività criminali.

Le ricostruzioni della Polizia e le dichiarazioni rese dall’uomo che, dopo aver subìto pesanti minacce, ha collaborato per portare all’arresto dei suoi estorsori, aggiungono nuovi tasselli al quadro investigativo che tenta di definire la rete di contatti, compravendite e smercio di Euro falsi.

L’abitante della provincia di Ancona coinvolto in questo traffico ma su cui attualmente non pendono denunce, di cui il Commissario Agostino Licari non ha voluto diffondere alcun dato, per preserverne l’incolumità dopo le minacce fisiche che gli sono giunte per un debito, ha consentito di definire la “tariffa” di acquisto del denaro contraffatto.

Una partita da 50.000 Euro falsi viene acquistata a 11.000 Euro, cifra che nel tempo, per effetto del tasso di interesse applicato dai fornitori era salita oltre i 14.000: questo il debito che l’uomo aveva contratto e che i due campani arrestati il 19 novembre a Jesi stavano riscuotendo.

I 50.000 contraffatti non sono stati spesi solamente nel nostro territorio. L’uomo si è recato in Toscana, Umbria, Romagna, perfino in Lombardia per “diffondere” le banconote false, concentrando molti dei suoi acquisti in oggetti elettronici, oppure ricavando denaro buono pagando con banconote da 100 Euro in bar, tabacchi o locali da ballo: dal quadro che emerge, con sempre maggiore frequenza si rivela semplice pagare piccoli importi con una banconota contraffatta da 100 Euro per avere un consistente resto in Euro che diventano guadagno puro.