Bruno D’Arcevia dona una sua opera a Scapezzano di Senigallia
Il pittore sarà nella Chiesa della frazione per la festa di Santa Cecilia domenica 24 novembre
Nella Chiesa Parrocchiale di Scapezzano si inaugura domenica 24 novembre 2013 una nuova opera d’arte dono del Parroco, Don Vittorio Mencucci e dei fedeli. Sarà presente l’autore, il Maestro Bruno d’Arcevia, che ha da poco ultimato su commissione dell’UNESCO un grande affresco nella Cattedrale di Noto, in Sicilia.
Il quadro di Scapezzano raffigura Santa Cecilia, patrona della musica e dei musicisti. In suo onore ogni anno a Scapezzano viene dedicata un’intera giornata di serena e piacevole rivisitazione artistico- musicale, che vede impegnati le corali dei dintorni, la Corale Unisensus e il Coro delle Voci Bianche sotto la Direzione del Maestro Ilenia Stella, Presidente dell’Associazione “Harmonia” che gestisce la Scuola di Musica “Bettino Padovano”.
Nel pomeriggio le manifestazioni denominate “Sarabanda” offriranno a tutti, grandi e piccini, la possibilità di famigliarizzare con vari strumenti come da seguente orario:
15.00-15.30 basso batteria all’interno della chiesa
15.30-16.15 pianoforte chitarra presso Auditorium
16.15-16.45 flauto violino stanza giovani sotto l’auditorium
16.45-17.15 canto corale Auditorium
La giornata sarà aperta alle 10.30 dalla presentazione del nuovo quadro prima della Messa. Sarà presente l’autore.
L’opera rappresenta la giovane Santa Cecilia in sontuose vesti e con un’acconciatura da nobile romana, quale era, seduta di fronte allo spettatore, ma con il capo rivolto verso un raggio di mistica luce proveniente dall’alto a destra. Il grazioso viso e lo sguardo, rivolti verso quella luce, che pervade tutta la sua immagine, lasciano presagire la percezione da parte della Santa di una sublime presenza celeste e forse anche di una più sublimante melodia. Con la mano destra, ella regge la palma del martirio, mentre con la sinistra abbraccia un piccolo organo a tastiera e sembra ancora sfiorane i tasti.
Come da agiografia, l’artista fa sorreggere tutta la scena da un piccolo rubicondo angioletto, dal volto inanellato di riccioli biondi che siede accoccolato di profilo sui talloni, sì che possiamo ben distinguere l’attaccatura delle ali piumose a sottolineare la sua provenienza. Il piccolo custode alato guarda con evidente compiacimento verso i fedeli e sorregge, robusto, il sonoro strumento di colei che fu per disegno divino moglie, vergine, martire, e fervente promotrice della fede cristiana, alla quale convertì altri suoi contemporanei, dopo essersi dedicata assieme al marito Valeriano alla pietosa sepoltura dei martiri cristiani.
Il gruppo in primo piano risalta assai sulla scena, e sembra fuoriuscirne, quasi venire incontro allo spettatore. Tanto, in virtù dei colori molto luminosi delle vesti e del panneggio: giallo, rosa, verde e intenso blu, così come per effetto del sapiente disegno e del raggio di luce che plasma e pervade tutta la scena.
Le figure rivolte verso lo spettatore si stagliano dallo sfondo di 5 colonne doriche esattamente come 5 sono i righi del pentagramma, dal basamento di quella che potrebbe essere una basilica della Roma pagana; ciò che diverrà più tardi archetipo delle basiliche paleocristiane. Oltre lo spigolo del tempio sopra i biondi riccioli dell’Angelo possiamo distinguere la lesena di un edificio civico, culminante nella statua di un idolo, probabilmente pagano, ma assai lontano. Il paragone avvalora così la virtù cristiana di Santa Cecilia, qui rappresentata come una figura tangibile, cioè verosimile e futuribile nella sua mistica tensione verso Dio, Datore di ogni umana virtù.
da Annalisa Magnabosco Fraboni
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