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Sanità Marche, la riforma “economica” delle reti cliniche

La delibera regionale accorpa e razionalizza i reparti eliminando i doppioni, ma il territorio ne risente

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Insegna presso l'ospedale di Senigallia

Dopo la delibera della giunta regionale delle Marche con cui è stata approvata la riforma delle Reti cliniche, quella che partirà è una vera e propria riorganizzazione del sistema sanitario regionale, tanto deprezzata dai cittadini marchigiani e contrastata a livello politico, quanto necessaria a livello economico per evitare il commissariamento ma far fronte al contempo ai consistenti tagli ai trasferimenti dallo Stato.

In pratica l’obiettivo della riforma, che ha ricevuto l’ok definitivo dalla giunta guidata dal presidente Spacca e che individua ‘solo’ 71 tipologie di reti ospedaliere e ben 43 macro discipline specialistiche, è quello di razionalizzare i reparti garantendo una sistema più generale di assistenza che faccia riferimento sugli ospedali di rete accorpando i reparti ed eliminando i doppioni in ogni area vasta. Quindi qualche ospedale subirà forti ridimensionamenti e verrà convertito a casa della salute principalmente con lo scopo di osservare il post-intervento.

I quasi 200 milioni di euro in meno che provengono dal governo (188 sembra essere la cifra esatta) hanno costretto a rivoluzionare la sanità marchigiana “premiando” i centri dove si effettuano più prestazioni l’anno, con l’assicurazione che dove un intervento è eseguito maggiormente ci sono meno rischi di errori nei confronti del paziente, stando almeno a quanto indica l’Age.Na.S.

L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali ha infatti emesso delle linee guida nella riorganizzazione dei vari sistemi sanitari regionali. Se, da un lato, la ricerca e la tecnologia permettono un maggiore ricorso a cure avanzate ed all’uso di presidi e rimedi sofisticati, dall’altro, è cresciuta moltissimo la popolazione in età avanzata, la quale presenta problemi di salute cronici, per i quali è necessario prevedere una gestione a medio e lungo termine piuttosto che un intervento urgente e immediato. Si mira ad individuare dunque un modello di ospedale fortemente specialistico e tecnologico, organizzato per la patologia acuta, ma che operi in stretto collegamento con il territorio. L’obiettivo generale è quello di garantire, quando necessario, percorsi di continuità assistenziale integrati, tramite una rete di servizi territoriali articolati secondo le necessità e l’intensità di cura.

La soppressione o l’accorpamento, ad esempio, di alcuni reparti (ma a livello dirigenziale anche l’accentramento amministrativo nella sede ‘decentrata’ di Fabriano) e la riduzione delle strutture operative complesse e semplici risponde al criterio di economia ed efficienza, con un occhio, anzi due, sulla sicurezza dei pazienti. Una riforma salutata positivamente dai politici di giunta che, nonostante le varie proteste sollevatesi in più zone della regione, hanno parlato espressamente di “massima condivisione da parte del territorio e delle categorie“, raggiunta “attraverso una serie di approfondimenti e confronti serrati“.

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