Dopo la scuola: oltre 6.000 disoccupati cercano lavoro tra Senigallia e la valmisa
Prima "indagine" dei ragazzi del Perticari nel progetto "Alternanza scuola-lavoro" con SenigalliaNotizie
“Mi chiamo Laura e sono laureata, dopo mille concorsi faccio l’impiegata, e mio padre e mia madre, una sola pensione, fanno crescere Luca, il mio unico amore“. Le parole di Antonello Venditti riescono a cogliere la difficile situazione che i giovani di oggi stanno vivendo sulla propria pelle. La crisi economica che ha colpito anche il territorio di Senigallia e dei dintorni ci ha spinto a cercare qualche informazione per avere più “dimestichezza col domani”. Ci chiamano “futuro”, ma se non abbiamo le possibilità di costruirci un domani, che futuro saremo?
La chiave di tutto sta nell’informazione e nel costante aggiornamento, perciò abbiamo pensato di partire da dove il problema ha inizio, nel momento cioè in cui si esce dal “tetto sicuro” che è il periodo scolastico, supportato dai genitori.
Su questo, cosa ne pensano i Dirigenti Scolastici? L’indagine svolta nei cinque istituti senigalliesi – Liceo classico e socio-psicopedagogico “G.Perticari”, Liceo scientifico “E.Medi”, Istituto Tecnico “E.F.Corinaldesi”, Istituto d’Istruzione Superiore “B.Padovano” e I.I.S. “A.Panzini” – ci ha fornito qualche risposta in più. E’ emerso chiaramente agli occhi di tutti che la situazione non è delle migliori.
Tutte le scuole aderiscono al progetto di alternanza scuola-lavoro: si tratta di una possibilità per i giovani di affacciarsi per un breve periodo nel settore lavorativo che più li riguarda da vicino. Molte volte, però, questa prima esperienza lavorativa è piena di attività secondarie o marginali, non abbastanza efficaci rispetto alle necessità degli studenti di imparare ciò che la scuola spesso non riesce a fornire o della stessa azienda che, si sente dire, non ha tempo da perdere e cerca persone già con esperienza.
C’è stato, come ricorda il dirigente scolastico del liceo Perticari Alfio Albani, anche un provvedimento legislativo proposto dal governo Monti per togliere il valore legale al titolo di studio delle scuole italiane. Una proposta che ha incontrato tante critiche ma che mirava ad accentuare le collaborazioni tra le scuole e le ditte. Esistono, infatti, conoscenze formalizzate, che si apprendono a scuola, e conoscenze non formalizzate, che si acquisiscono in varie circostanze attraverso l’esperienza.
La strada da percorrere, per il momento, sembra proprio quella di valorizzare di più e meglio il tipo di conoscenze apprese tramite le esperienze pratiche, ferma restando la base di conoscenze “formalizzate” necessaria per il bagaglio culturale di ognuno.
Dopo l’uscita dalla scuola, dunque, una tappa fissa per i giovani diplomati è il Centro per l’Impiego, l’Occupazione e la Formazione di Senigallia (CIOF), la struttura pubblica per i servizi sul lavoro. Da 16 anni ormai dipendono dalle amministrazioni provinciali (in base a quanto disposto dal D.Lgs. 469/1997 che ha delegato agli enti territoriali il collocamento e ha prefigurato un sistema di politiche attive del lavoro) e volgono uno sguardo alle realtà locali per incrociare domanda e offerta di lavoro.
Il centro per l’impiego cittadino – che si occupa non solo del territorio senigalliese ma di tutta la Valmisa (Barbara, Castel Colonna, Castelleone di Suasa, Corinaldo, Monterado, Ostra, Ostra Vetere, Ripe, Serra de’ Conti) – ha fornito alcuni dati statistici che riguardano gli anni dal 2007 al 2012: dati che hanno rivelato come il numero dei disoccupati registrati al CIOF sia praticamente raddoppiato.
Se nel 2007 al Ciof si erano iscritte 3069 persone disoccupate, nel 2012 si è superata la soglia di 6011 unità. Dalle informazioni che i dipendenti del centro ci hanno gentilmente fornito abbiamo potuto riscontrare che nel 2012 le ditte che hanno formulato domande e richiesto lavoratori sono state “solo” 157: in totale sono state richieste 245 figure di personale generico, e 218 persone con particolari profili e qualifiche.
“Inoltre – spiegano Roberta Rossetti e Graziano Pancotti – ad aggravare ancora di più lo scenario vi è il fatto che una grande percentuale dei disoccupati non emerge dai dati del Centro per l’Impiego, in quanto molti senza lavoro non registrano la loro posizione. Le motivazioni sono diverse: c’è chi non vuole dichiararsi disoccupato, chi si vergogna di rivelare il suo stato non lavorativo, chi non crede che il registrarsi al Ciof possa risolvere il problema e chi ha perso del tutto la speranza di poter trovare un lavoro che molto spesso non coincide con le qualifiche o i diplomi ottenuti“.
Per quanto riguarda la qualifica di coloro che hanno reso la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, sono molti (dati 2012) i ragazzi con il diploma di maturità (144); ancora di più i disoccupati con licenza media inferiore (1975) rispetto agli altri titoli di studio. Ciò significa che molti ragazzi non si segnano al Ciof e molti altri invece proseguono negli studi sperando che ciò possa garantire loro un futuro più agevolato.
Dando uno sguardo alla nazionalità, chi si registra al servizio del Centro per l’impiego è per la maggioranza italiano rispetto a comunitari e extracomunitari (4791). Per quanto riguarda il genere e l’età, invece, dai dati emerge che, nella fascia d’età tra i 15 e i 34 anni, le donne sono maggiormente richieste rispetto agli uomini, anche se la differenza non è cosi elevata: per le donne le offerte di lavoro ricevute erano circa 4000, per gli uomini circa 3500.
Lo “stock” dei disoccupati fino ai 30 anni, nel 2012, si aggira intorno a quota 1000 per le ragazze e 900 per i ragazzi.
Non va meglio nel resto della regione Marche, dove i giovani disoccupati hanno raggiunto percentuali preoccupanti del 28,6%, mentre in generale (comprese altre fasce d’età) si assesta all’11,4%. E non va meglio nemmeno in questi primi mesi del 2013, con ogni mese quasi un nuovo record storico.
Quadro drammatico invece per i contratti e le modalità di assunzione. I giovani vengono assunti con contratti a chiamata, collaborazioni a progetto (Co.Co.Pro.) o apprendistato, poiché questi contratti permettono ai datori di lavoro la tanto conclamata flessibilità: se da un lato consentono di non esporsi troppo dati i tempi incerti (persino il settore del turismo, notoriamente “forte” nel senigalliese, sta riscontrando enormi problemi e non tanto per questioni meteorologiche), dall’altro rendono possibile pagare meno contributi. Il tutto però grava sulle spalle dei dipendenti, che si vedono costretti a turnazioni, o ad orari di lavoro flessibili che vanno ad incidere sulla qualità della vita o persino a prestazioni continuative mascherate da saltuarietà. Decisamente meno utilizzate le altre tipologie di contratto per gli avviamenti dei neo diplomati: il tempo indeterminato resta dunque un sogno.
Un sogno che potrebbe essere realizzato solo favorendo un maggior confronto o incrocio tra domanda e offerta di lavoro. E’ questa la strada che suggeriscono i responsabili delle sigle sindacali cittadine CGIL, CISL e UIL. I sindacati propongono come soluzione il miglioramento dei corsi di formazione, prevedendone diversi e per mansioni specifiche: in questo modo si potrebbe favorire la formazione dei disoccupati e l’incrocio con le necessità delle aziende.
Aziende che, bisogna dirlo, da anni segnalano un peso eccessivo degli oneri contributivi e fiscali sul costo della manodopera. Tuttavia con la crisi economica e occupazionale attuale rappresenta uno scenario ancora “lontano” e non bisogna illudersi che i corsi di formazione, da soli, possano alleggerire una situazione strutturalmente precaria.
Servono anche provvedimenti politici volti ad alleggerire i costi per le aziende tenendo ferme alcune delle conquiste sociali ottenute ne
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