Un pezzo di storia di Senigallia attraverso le pagine della vita di un Liceo
"Il Perticari - Annuario 1861 - 2011" ripercorre le vicende della scuola. E della città che lo ospita
Rodolfo Mondolfo, Aroldo Belardi, ma anche tanti che potremmo chiamare “Signor Rossi”, senza alcun senso d’offesa.
Anzi. Perché la storia del Liceo Perticari è stata – ed è – questa: personaggi illustri che hanno lasciato una traccia nella vita della città e non solo, ma anche tanti studenti meno noti che hanno ugualmente “vissuto” i banchi dell’istituto.
“Il Perticari – Annuario 1861- 2011. I primi 150 anni” curato da Alfio Albani (Dirigente scolastico) e Isabella Antonietti (docente), appena uscito, è un volume che si sforza di ricordarli tutti – anche se magari soltanto con una citazione – senza troppe distinzioni, ripercorrendo così in maniera esauriente la storia “della prima scuola pubblica, pensata e concepita per alimentare e sostenere la cultura liberale, democratica e civile“.
La storia del Liceo (inizialmente solo Classico) Perticari si muove di pari passo con quella italiana perché è proprio Lorenzo Valerio – commissario straordinario sabaudo delle Marche nella delicata fase di passaggio tra Stato Pontificio e Regno d’Italia – a istituirlo, nel 1860: un segno importante per Senigallia, dove fino al periodo unitario c’era soltanto un ginnasio.
La prima sede, dal 1861 al 1877, è nell’attuale Piazza Garibaldi, all’interno del Ginnasio Pio: sarebbero seguite il Palazzo del Doganone (attuale Scuola Media Fagnani), lo storico Palazzo Gherardi (dal 1934 al 2001), il prefabbricato transitorio in via Rossini e l’attuale ex Itc Corinaldesi, nella stessa zona.
Il Liceo diventa “Giulio Perticari” nel 1865, per volontà dell’allora preside Silorata. Fin da subito, l’istituto accoglie alunni anche da fuori regione e senigalliesi che diverranno illustri personalità dell’arte e della cultura, come lo scultore Enrico Mazzolani, che – come ricorda il libro – non si presenta nemmeno all’esame nel 1896 per seguire la sua vocazione artistica: una vocazione che lo avrebbe portato – tra le altre – a realizzare opere come “La madre”, situata in Piazza Saffi.
Con Mazzolani, impossibile non citare almeno il grande filosofo marxista Rodolfo Mondolfo, promosso senza bisogno di sostenere l’esame.
Già nel 1876, con appena 15 anni di vita, il Liceo viene lodato “per la disciplina e l’andamento degli studi” da parte dell’ispettore governativo Giosuè Carducci.
Certo, quella dell’Ottocento, era una scuola diversa da quella attuale: le prime donne ammesse al Perticari risalgono soltanto al 1889, perché “il liceo era allora un gradino per accedere all’università, che avrebbe comportato il trasferimento in un’altra città“. Scomodo per uno studente magari, impossibile per un alunno non di buona famiglia, ma decisamente “sconveniente” per una ragazza. Almeno per la comune mentalità di allora.
Da fuori, oltre agli “scolari”, vengono gli insegnanti: alcuni, lasciano un segno indelebile nelle testimonianze del tempo, come Pacifico Vignoli, insegnante di ginnastica praticamente per tutta la vita fino alla morte nel 1896, al quale da tempo è intitolata la palestra di via Pisacane; altri, come Aroldo Belardi, fissano un’impronta nella politica locale, ricoprendo la carica di sindaco prima e dopo la Grande Guerra.
Alcuni, sanno anche anticipare i tempi: uno di questi – in base almeno alle fonti giunte fino a noi – è il preside Luigi Pederzolli, che già nel 1902 invita i docenti a “non abusare delle pene disciplinari nei confronti degli studenti“.
Non erano in molti, allora, a pensarla così.
Nel 1908, il ginnasio comunale pareggiato viene convertito in governativo e unito sotto un’unica direzione al Liceo. Poco dopo, arriva la guerra, e lo stesso Perticari paga un tributo di vittime, ricordate anche da una lapide marmorea da poco trasferita nella nuova sede: a morire, è anche Pietro Bonopera, fervente repubblicano come il padre Augusto. La storia della scuola tuttavia non si arresta e già nel 1924 la direzione scolastica pubblica il primo annuario dell’istituto, un volume prezioso per ricostruirne il primo mezzo secolo di vita.
“Il Perticari – Annuario 1861- 2011. I primi 150 anni” ne raccoglie l’eredità e nel suo lungo excursus ricorda altri momenti della vita scolastica: i drammi e le assurdità della storia nazionale si intrecciano ancora una volta con le vicende locali, e dunque con la vita del Liceo. Ecco allora spuntare un sofferto scritto di Belardi, che nel 1938 (anno XVI dell’era fascista) – “quando ancora i professori davano del lei ai ragazzi” – in qualità di Preside è costretto a comunicare al suo vecchio compagno di scienze, l’ebreo Adolfo Calef, “la sospensione dal servizio“. Il ventennio fascista che culmina nel secondo conflitto mondiale porta con sè gli inevitabili lutti e turbamento tra gli studenti, in particolare in quelli dell’anno 1943-44, forse più occupati a “sfollare con le loro famiglie dopo i continui allarmi al passaggio del fronte“, che a studiare: gli esami devono essere spostati per motivi di sicurezza nella Villa Fedrighini a San Gaudenzio, ma gli alunni son pochi.
Cambiano i tempi, e si arriva ai giorni nostri, ma il viaggio lungo cinque anni degli studenti per certi aspetti mantiene i suoi tratti, anche se cambia lo sfondo, con l’abbandono nel 2001 di Palazzo Gherardi, l’antico edificio dai muri stretti, “ma che tante storie avrebbero potuto raccontare“.
Muta anche l’istituzione scolastica, con l’Istituto Magistrale – nato a Senigallia con altra denominazione nel 1917 – che in seguito alla riforma degli ordinamenti didattici viene annesso al Liceo nel 1995-96, per poi venire soppresso dal 1998-99.
Un’evoluzione che ad oggi vede il Perticari festeggiare i suoi 152 anni con un’offerta che comprende il Liceo Classico, quello Economico Sociale e delle Scienze Umane.
Rimangono, però le tante diverse storie di presidi, docenti, diplomati, ma anche dei collaboratori scolastici, degli assistenti amministrativi e dei tecnici che hanno attraversato l’ultimo secolo e mezzo nella scuola: nel libro di Albani e Antonietti i loro nomi ci sono praticamente tutti.
Ed è giusto così: perché anche attraverso le vicende di una scuola, si può riscoprire uno spicchio di vita comunitaria lontana e dimenticata.
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