La pittrice Elisa Berardinelli racconta le sue ‘Tele del Jazz’
Intervista con l'artista senigalliese che ci introduce la sua nuova mostra personale
Inizia nella giornata odierna del 19 giugno la mostra itinerante ‘Le Tele del Jazz‘ a cura della pittrice senigalliese Elisa Berardinelli, un nome oramai noto nel panorama artistico locale e non: tante infatti sono le mostre all’attivo a cui l’artista ha già preso parte.
Questa è l’intervista rilasciata per SenigalliaNotizie.it
Come è nata la Mostra Itinerante Le Tele del Jazz e cosa si devono aspettare coloro che verranno a vedere le tue opere?
La Mostra nasce da un progetto creato insieme ad Andrea Venturi organizzatore di Corinaldo Jazz, che a settembre dell’anno scorso venne nel mio studio e mi disse che era interessato ad abbinare all’evento musicale, curato ogni anno da lui, una mostra dedicata ai grandi artisti della musica jazz. Essendo presenti importanti eventi legati alla musica jazz nel nostro territorio, ho provato a proporre il progetto a quelli che ritengo i più seguiti nella nostra regione; ho contattato i ragazzi dell’organizzazione della “Festa della Musica Europea” di Senigallia e Adriano Pedini (direttore artistico di Fano Jazz By the Sea): entrambi hanno accolto l’idea con grande entusiasmo. Subito mi è sembrata l’occasione giusta per un lavoro nuovo, un po’ diverso dalle opere eseguite fino ad oggi, ancora legate a quel retaggio accademico dello studio del disegno e della pittura antica. Credo che chi verrà a vedere le mie opere sarà sorpreso da un vortice di colori e dall’iconografia moderna ispirata all’arte e soprattutto alla musica americana, senza però dimenticare la pittura europea dei primi del ‘900.
Hai oramai diverse mostre alla spalle sia, ‘personali’ che “collettive”: quale di queste ti ha lasciato di più e perché?
Forse la mostra più importante è stata sicuramente la prima, organizzata con poche risorse dalla sottoscritta in un negozietto sotto i Portici Ercolani di Senigallia. Non era neanche un anno che frequentavo lo studio del Dott. Robert Stpiczynski, artista di alto livello, nonché restauratore di opere pittoriche, il quale dopo aver eseguito diversi disegni nel suo studio mi spinse ad esporli, a far conoscere alla gente questa nuova me. All’inizio fui molto titubante, era come se dovessi confidare a un pubblico, anche di sconosciuti, un segreto del tutto personale. Poi però l’aiuto della mia famiglia e del mio maestro mi convinsero che era la cosa giusta da fare e così presi in affitto un locale feci qualche locandina “fai da te” e misi in piedi la prima di tante esposizioni.
Abbini la tua attività di pittrice a quella del restauro: come riesci a far convivere queste due sfere artistiche collegate, ma ben distinte?
Al momento devo dire che la mia unica attività è quella di pittrice, per alcuni anni ho abbinato a questa il Restauro, lavorando presso diverse ditte del territorio e non. Il Restauro devo dire che è stato propedeutico alla Pittura, quando ti trovi di fronte al lavoro del ritocco pittorico di un dipinto, comprendi quanto sia importante lo studio dei colori, la loro composizione e i loro abbinamenti, e più esegui il ritocco pittorico, più apprendi le tecniche pittoriche; ma mentre il lavoro di Restauro non è costituito da una parte creativa, anzi necessita di rigore, dovuto al rispetto dell’opera e del suo artista; la Pittura evade ogni limite, stimola la creatività, ti libera da ogni catena.
Come nasce l’artista Elisa Berardinelli? Non mi riferisco solamente al tuo percorso artistico: quando hai capito, se c’è stato un momento, che l’arte sarebbe stata parte imprescindibile nella tua vita?
Se mi guardo indietro ricordo che fin da bambina ho sempre disegnato moltissimo, richiesto colori e fogli per ogni occasione di regalo, feci anche un piccolo concorso organizzato da un’associazione locale di cui non ricordo il nome, all’età di sei anni e lo vinsi. A quattordici anni il grande dilemma sulla scelta della scuola superiore, avevo già la certezza di voler fare l’Istituto d’Arte. Purtroppo i miei non compresero tale scelta, non mi ostacolarono ma nemmeno mi spinsero e così vista l’età un po’ vulnerabile, decisi di fare il Liceo. Durante gli anni adolescenziali frequentai un corso di pittura e alla fine decisi di iscrivermi all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ma la vera e propria presa di coscienza la ebbi a 24 anni quando, dopo la laurea, incontrai il mio maestro Robert Stpiczynski, col quale scoprì di saper fare qualcosa di buono e al quale devo tutto il mio sapere. È da questo momento che ho capito che fare Arte è una scelta di vita, non un hobby, fare Arte richiede un enorme lavoro mentale e manuale, una grande concentrazione, una vasta conoscenza, ma soprattutto un’enorme sensibilità; una ricetta imprescindibile dalla grande convinzione.
Qual è il tuo background artistico: quali sono stati i ‘maestri’ che ti hanno influenzato di più e chi oggi ti appassiona?
È difficile parlare di background artistico, sicuramente importantissimi sono stati lo studio dell’arte antica e la copia, a partire dal disegno per seguire con la pittura ad olio, soprattutto dal barocco alle avanguardie del primo ‘900; questo è il grande bagaglio culturale che mi porto dietro. Se dovessi scegliere un artista tra i tanti che amo posso sicuramente nominare Caravaggio, uno dei pochi che forse artisticamente parlando ha definito un PRIMA da un POI, altresì se dovessi parlare di influenze artistiche allora partirei dall’Impressionismo fino agli anni ’60 del secolo scorso.
In un paese come il nostro, che, notoriamente, convive con il paradosso di avere il più grande patrimonio artistico mondiale e uno dei più bassi finanziamenti per il mantenimento di questi, è possibile vivere di Arte?
Mi piacerebbe non aver capito il senso delle parole “Vivere d’Arte” e quindi rispondere che nel nostro paese per un’artista, più nello specifico per un pittore, Vivere d’Arte è la cosa più facile che ci sia, ogni città, ogni angolo che scopri attorno a te, un palazzo, una chiesa, un castello, svelano la presenza di un’opera pittorica, come dire….. viviamo in un paese che è un po’ un libro aperto da poter leggere senza tanta fatica, ogni momento che lo desideri, e allora se “ Vivere d’Arte” è questo, allora si; ma se “Vivere d’Arte”, e scusa se mi ripeto, è farsi lo stipendio, avere grandi occasioni e diventare famosi, allora credo che sia molto dura, che come al solito ti devi appellare a qualche circuito di conoscenze, probabilmente devi essere già ricco per poter pagare il tuo gallerista e la stanza che ti concede. Poi c’è sempre l’eccezione: devi essere geniale, e di geni ne nascono uno ogni 100 anni, di sicuro la capacità premia sempre. E siccome mi hai chiesto “ nel nostro paese” evito confronti con quei paesi che investono molto sulla cultura e fanno dei propri artisti un motivo di vanto nazionale. Mi piacerebbe ricordare che questo glielo abbiamo insegnato noi italiani.
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