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Fabrizio Chiappetti: un volume su Bonaiuti e “un filo rosso sui pensieri divergenti”

Intervista di Giulio Moraca all'autore del libro sul "prete modernista", il 4 giugno in biblioteca

Onoranze Funebri F.lli Costantini
Ernesto Buonaiuti, immagine tratta da Wikipedia.org

Martedì 4 giugno, alle ore 17 nella sala riunioni della Biblioteca comunale Antonelliana, si terrà la presentazione del recente volumeLa formazione di un prete modernista. Ernesto Buonaiuti e il rinnovamento (1907-1909)di Fabrizio Chiappetti. Pubblicato da QuattroVenti di Urbino nella prestigiosa collana della Fondazione Romolo Murri, il libro vede la prefazione di Daniele Menozzi, docente di Storia contemporanea alla Normale di Pisa.

Per introdurre e meglio inquadrare la presentazione del libro su Ernesto Buonaiuti, abbiamo incontrato il suo autore, Fabrizio Chiappetti e qui sotto riportiamo l’intervista che lo stesso ha rilasciato al prof. Giulio Moraca.

Intervista a Fabrizio Chiappetti,
autore del libro La formazione di un prete modernista (Quattroventi, 2012)

D. Tu, Fabrizio, sei uno studioso versatile, in grado di spaziare dalla fantascienza di Philip Dick alla filosofia contemporanea. Qual è il motivo che ti ha spinto a studiare il modernismo e in particolare Buonaiuti?
R. Un filo rosso lega le mie opere. Ho sempre ricercato il pensiero divergente, capace di cogliere i significati inattesi e sorprendenti della realtà in cui viviamo. Perciò Buonaiuti «eretico e profeta» – come lo definisce Giordano Bruno Guerri – mi ha subito interessato.

D. Ti sei occupato non tanto della sua biografia quanto piuttosto della sua filosofia, finora poco approfondita. E non hai nascosto le contraddizioni riguardo al problema dell’immanenza e della trascendenza, che si salda con quello rappresentato dall’escatologia. Ma Buonaiuti, morto nel 1946, non poteva aver letto il libro di Karl Löwith Significato e fine della storia (1949), che mette in luce l’escatologia irrisolta del cristianesimo.
R. Eppure Buonaiuti si muove nella stessa direzione. Influenzato dal pragmatismo di James, inizialmente ci fornisce una visione immanentistica del cristianesimo, parlando della solidarietà fra gli uomini e del Dio interiore, credendo nel progresso dell’umanità. In seguito, a causa anche degli eventi terribili del suo tempo, viene meno la fiducia nel progresso. Questo spiega la sua svolta drammatica, il suo volgersi verso orizzonti di trascendenza, l’interesse per la figura di Celestino V. Non a caso ho concluso il libro con una citazione tratta da L’avventura di un povero cristiano di Ignazio Silone. Fra Celestino, Buonaiuti e Silone corre un comune sentire a proposito dell’esperienza cristiana, qualcosa di molto vicino alla «sana pazzia spirituale» recentemente invocata da papa Francesco.

Fabrizio Chiappetti presenta "La formazione di un prete modernista. Ernesto Buonaiuti e il rinnovamento (1907-1909)D. Qual è invece il ruolo di Buonaiuti nell’ambito del modernismo cattolico?
R. Buonaiuti ha sviluppato il filone storico-filosofico del modernismo. Il suo è stato un tentativo di rinnovare la storiografia e il pensiero nei riguardi della religione, per riportarla nell’alveo della cultura europea.

D. Si può parlare di una sua influenza, sebbene indiretta, sullo spirito del Concilio Vaticano II?
R. Penso di sì. Angelo Roncalli in gioventù era stato amico di Buonaiuti. La sua idea di Chiesa mater et magistra, ad esempio, è molto diversa da quella elaborata dai suoi predecessori.

D. E oggi? Cosa rimane dell’insegnamento di Buonaiuti? Da un lato abbiamo assistito al ritorno dell’ortodossia, dall’altro vi è una multiforme domanda di senso, come tu scrivi, da parte di una società ancora più secolarizzata. Penso alle piazze politiche deserte, alle urne elettorali snobbate, ma anche a eventi recentissimi come i funerali di don Gallo e la beatificazione di padre Puglisi.
R. Nella nostra società liquida, come la definiscono i sociologi, più che mai valida resta la sua testimonianza di coerenza etica. Non dimentichiamo che Buonaiuti è stato fra i pochissimi professori universitari a rifiutarsi di giurare fedeltà al regime fascista. Ma soprattutto rimane il suo invito a confrontarsi con le diversità e a raccogliere con coerenza e coraggio le molteplici sfide della storia.
da
Circolo di Iniziativa Culturale – Rivista “Sestante”
Intervista di Giulio Moraca

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