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Genio e deregulescion: due sentenze opposte sulla perequazione edilizia

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Optovolante - Ottica a Senigallia
Edilizia, imprese edili, casa, mattone

Parlavamo di diritti edificatori e della loro difficile tracciabilità giuridica. In particolare abbiamo visto le difficoltà dei giudici dei Tribunali Amministrativi nell’assegnare una rilevanza a una locuzione quale è quella di “diritto edificatorio” (i corsivi sono miei, le parole loro). Qual’era la fonte giuridica di questi diritti? La Costituzione? Le leggi dello Stato? Le Regioni? I Comuni? I Piani di Gestione del Territorio? Gli Accordi di programma? Una specifica vocazione dei luoghi all’edificabilità? I cittadini stessi la cui proprietà è dotata di potenzialità edificatoria?

Dalla loro faticosa ricostruzione esce un quadro in qualche modo anamorfico, bistabile, o forse addirittura multistabile. Un quadro insomma che può essere visto in diversi modi dei quali uno esclude l’altro, e che si tiene insieme solo per la doppia cornice che lo chiude: il regno del mercato e il dominio fiscale contrapposti e concorrenti insieme. Ma non è in fondo questo il tratto specifico di una deregulation italiana che si esprime con l’incoerenza degli scopi e la frantumazione del diritto, e che gradatamente, per malinteso federalismo, sconfina nell’anarchia feudale?

Lo rendono evidente due sentenze di significato opposto, una emessa dal TAR delle Marche, l’altra dal TAR della Puglia e confermata dal Consiglio di Stato.

Della prima si legge sulla stampa locale1, e dunque con tutte le riserve di un documento non di prima mano. Ma qui non interessano il nome, il luogo e le altre circostanze soggettive che l’hanno determinata; basterà dire che l’ambito è quello della “Variante Costiera”, approvata dal Comune di Senigallia nel 2004; e che i ricorrenti sono due signori che chiedono l’annullamento della delibera per la parte che li riguarda in quanto “si sono ritrovati con delle aree dove potevano realizzare solo parcheggi e strade”. Non perequati dunque, o non compensati.

Dopo nove anni il TAR dà loro ragione, perché “appare evidente lo sviamento rispetto alla funzione perequativa”. “Le impugnate disposizioni”, precisa il Tribunale Amministrativo Regionale,  “non possono ritenersi coerenti rispetto alle finalità proprie della pianificazione con metodo perequativo, difettando la necessaria correlazione tra la attribuzione di edificabilità privata e la cessione di aree destinate a verde, attrezzature e servizi per la collettività”.

Risultato: il ricorso è accolto, annullati gli atti oggetto del ricorso e condannati il Comune di Senigallia e la Provincia di Ancona al pagamento di seimila euro. Niente da dire, se la perequazione era costituente espressa della Variante Costiera.

Molto da dire – forse troppo – ha invece Confcommercio per bocca di Iorio Tombesi: l’attesa di una omologa sentenza avrebbe impedito loro di investire per dieci anni; infatti in questo tempo i gestori di camping hanno perso i diritti sulle loro strutture, sottoposte oggi direttamente al controllo demaniale. Chiedono pertanto un risarcimento di 15 milioni per l’opportunità perduta, senza pensare che soltanto in tempi recenti le amministrazioni pubbliche hanno cominciato a considerare perequazione e compensazione come atti dovuti.

Ecco, questa è una cosa curiosa. Mancando di un vero e proprio atto di nascita (seppure gli archivisti lo fanno risalire al Piano di Roma dei tempi di Rutelli e Veltroni, ossia non da una legge o norma, ma da un modello operativo che ha origine dagli anni novanta), i diritti edificatori, così come la loro redistribuzione perequativa o compensativa, possono essere richiamati retrospettivamente quanto si vuole. Hanno un’età presunta. Per esempio (e se non sbaglio) da noi la locuzione “diritti edificatori” viene introdotta nell’urbanistica sotto il regno di Luana Prima a partire dal 2008. La legge Regionale che la convalida, però, è del novembre 2011; anche se in quell’ambito diritti edificatori e loro perequazioni non vengono considerati automatici e obbligatori in assenza di specifiche condizioni2. Possiamo in ogni modo osservare che se la sentenza del TAR delle Marche fosse stata emessa con migliore anticipo, molto probabilmente non si sarebbe potuta valere di concetti e linguaggi  contenuti nella legislazione regionale più recente.

Una sentenza di significato opposto è invece quella emessa, più o meno negli stessi giorni, dal TAR della Puglia. Qui il TAR respinge il ricorso di un signore contro il Comune di Monteroni di Lecce che ha destinato a verde privato un’area che precedenti strumenti di pianificazione avevano destinato a zona di completamento. Il successivo ricorso al Consiglio di Stato conferma la sentenza del TAR. “Con motivazioni interessanti per il loro carattere generale”, commenta Edoardo Salsano, urbanista emerito dell’Università di Venezia, trovando conferma a obiezioni che aveva mosso nel 2003 – “Forse che il diritto impone di compensare i vincoli sul territorio?”3

E con qualche soddisfazione, si direbbe. “E’ confermato”, scrive: “non esistono diritti edificatoriné vocazioni edificatorie di suoli non ancora edificati”.

Dall’esame comparato delle due sentenze, a me sembra che risalti con nitore 1) lagrande distanza che separa la legislazione nazionale (per quanto e anche in quanto carente) e quella regionale (che in questo caso non può essere considerata né sostitutiva, né concorrente come vuole la Costituzione, art. 117 riformato; 2) il carattere di autoconvalida del diritto locale come non correlato con quello generale.

A tale proposito la letteratura odierna è molto più spedita di quanto possa esserlo io in una città in cui nessuno finora è riuscito a sollevare la questione: altrove i diritti edificatori vengono direttamente definiti “un’invenzione”, e la perequazione “un’ideologia”5.

1) Corriere Adriatico, sabato, 23 febbraio 2013, p. XV.Variante costiera, stop dal TAR. Accolto il ricorso di due cittadini. La sentenza arriva dopo nove anni di attesa, a firma di Sabrina Marinelli.

2) La Legge Regionale delle Marche 23 novembre 2011, n. 22, all’articolo 6 recita: “le previsioni della pianificazione sono attuate applicando criteri di perequazione e compensazione stabiliti nel PORU; e all’articolo 7 stabilisce i criteri della perequazione urbanistica avendo premesso che “la perequazione urbanistica è realizzata con l’attribuzione di diritti edificatori e dei relativi oneri a tutte le proprietà immobiliari nelle aree oggetto di trasformazione”. La compensazione invece è facoltà stabilita dall’articolo 8:“Nelle ipotesi di vincoli espropriativi o di vincolo ambientali, anche sopravvenuti, sui terreni non ricompresi nelle aree oggetto di perequazione, il proprietario interessato, in alternativa al corrispettivo per l’espropriazione, può chiedere la permuta dell’area, con gli eventuali conguagli […]”.

3) Edoardo Salzano,Forse che il diritto impone di compensare i vincoli sul territorio?,  relazione al Convegno di Italia Nostra sul PRG di Roma, 10 gennaio 2003. In quegli incontri si parlò di “assunzione di legittimità dei cosiddetti diritti edificatori a copertura di operazioni di perequazione e compensazione. Contro tali pratiche Italia Nostra richiese e ottenne un parere pro-veritate ad Edoardo Salzano e Vincenzo Cerulli Irelli a dimostrazione dell’insussistenza giuridica dei diritti edificatori.

4) Per un riscontro e un orientamento si veda Eddyburg.it/2013/02 E’ confermato: non esistono “diritti edificatori” né “vocazioni edificatorie” di suoli non ancora edificati. “Una recente sentenza del Consiglio di Stato (6656/2012) che riprendiamo dalla rivista online Lexambiente, ribadisce interpretazioni delle leggi vigenti, ignorando le quali tecnici e amministratori incompetenti, hanno contribuito al pesante e ingiustificato consumo di suolo”. Edoardo Salzano, lunedì 18 febbraio 2013.

5) Michela Barzi, Invenzione dei diritti edificatori e ideologia della perequazione, in Eddyburg, 23 marzo 2013.

Commenti
Ci sono 4 commenti
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-26 16:00:32
Scusate se mi intrometto. L'articolo mi interessa relativamente, ma....Come avete scritto "DEREGULATION" nel titolo!?!? :D
Luca Ceccacci
Luca Ceccacci 2013-05-26 16:17:00
Non siamo impazziti, Paul! (Infatti nel testo dell'articolo il termine è scritto correttamente...) Il titolo, invece, è volutamente sbagliato, per sottolineare il tema della deregulation all'italiana.
O. Manni
Paul Manoni 2013-05-26 16:34:45
Sorry!..Non pensavo ad un errore voluto. ;)
stefano bernardini 2013-05-26 17:36:40
A livello nazionale, a partire dalla legge urbanistica 1150/1942, nulla è detto su eventuali garanzie per i "cambi sfavorevoli" di destinazione urbanistica dei suoli. Il parere dei giudici sul tema è sempre stato chiaro e le numerose Sentenze del Consiglio di Stato sono tutte dello stesso segno. Ovvero l'Amministrazione ha piena facoltà di cambiare la destinazione d'uso di un suolo rispetto allo strumento urbanistico, la "reformatio in peius", anche se questo comporta una modifica peggiorativa per i proprietari. La questione dei "diritti edificatori" pertanto più che una "invenziome" è una balla pazzesca, "la compensazione" è solo "un calare di braghe" alla rendita fondiaria e "la perequazione" è una passeggiata di metri cubi su tutto il territorio comunale.
Ho notato anch'io quell'articolo della Legge Regionale n.22/2001 che odora di bruciato. E quello che fa pensare è che con tale Legge, a mezzo delPORU, si fa di Senigallia un laboratorio sperimentale regionale. Almeno come è stato dato di leggere su stampa, magari con una spruzzatina di "alta urbanistica" con l'accordo fra l'INU e Legambiente ( più lombardo che nazionale).
I "diritti edificatori" fecero capolino a Senigallia nel decennio angeloniano. Allora Senigallia sembrava essere la sponda sull'Adriatico del "Rito urbanistico romano" del duo Rutelli-Veltroni. Che adesso arrivi da queste anche il "rito ambrosiano"?
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