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A Senigallia “The Cut/Lo Strappo”, per riflettere sulle mutilazioni genitali femminili

Mercoledì 22 maggio a San Rocco, spettacolo d'impegno sociale di Valentina A. Mmaka, con Nella Bozzano

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The Cut / Lo Strappo - locandina

Comune di Senigallia, Consulta del Volontariato di Senigallia, Associazione Le Rondini, Associazione ACADS, Associazione Dalla Parte delle Donne, Amnesty International, Centro Servizi per il Volontariato presentano: THE CUT/LO STRAPPOVoci della notte. Mercoledì 22 maggio ore 21.00 Auditorium San Rocco – Piazza Garibaldi – Senigallia

“The Cut – Lo strappo” nasce da un’idea della scrittrice Valentina Acava Mmaka con Nella Bozzano del Teatro dell’Aria di Genova, in collaborazione con Gugu Women Lab & Teatro dell’Aria.

Lo spettacolo si articola tra teatro e poesia e nasce dal lavoro del collettivo di donne Gugu Women Lab. Gugu è il nome in gergo di Gugulethu, quartiere di Città del Capo dove numerose donne sudafricane e migranti si sono incontrate insieme a Mmaka per portare avanti un percorso di scrittura come veicolo per la promozione dei diritti umani. La scrittura, la parola come strumento di riacquisizione di sé e del proprio corpo, diventa lo strumento attraverso il quale si svelano le dinamiche del processo identitario femminile che cerca di recuperare, nel racconto, la consapevolezza dell’essere donna.

La tematica più importante emersa all’interno del Gugu Women Lab è stata quella delle mutilazioni genitali femminili, crimine presente in molte culture in tutto il mondo: sono 140 milioni le vittime ogni anno, soprattutto bambine, di cui 180 mila in Europa e 3500 in Italia. Le mutilazioni genitali femminili sono praticate per lo più in Africa, ma anche in alcune zone del Medio Oriente e dell’Asia. Sono inoltre diffuse all’interno delle comunità immigrate in Europa, America e Oceania. Una terribile ‘convenzione’ sociale radicata in molte popolazioni, assolutamente non legata alla religione: nessun libro sacro, infatti, prescrive questa pratica, ma si tratterebbe invece di un rito di iniziazione attraverso il quale la bambina ‘diventa donna’. E’ inoltre un metodo che, secondo chi lo favorisce, garantisce la fedeltà e la verginità.

Il testo teatrale mira a spiegare, con la forza delle parole, la sofferenza e il senso di privazione fisica e morale che questa pratica lascia in chi la subisce. La donna mutilata/violata che incontra la scrittura riconosce il potere salvifico della parola, della conoscenza e attraverso un complesso processo di elaborazione individuale, è colei che cuce lo strappo subito, tessendo un racconto che diventa un abito da indossare, un abito capace di liberarle dal dolore.

Valentina A. Mmaka  Giornalista e scrittrice, Valentina nasce a Roma e dall’età di otto mesi vive in Sudafrica fin dai tempi dell’apartheid. E’ autrice di libri per bambini in cui promuove i valori del dialogo interculturale: “Il mondo a colori della famiglia BwanaVal” (Kabiliana 2002); “Amani. I nomi della pace” (EMI 2004); “Jabuni: il mistero della città sommersa” (EMI 2003); di poesie: “L’ottava nota” (Prospettiva 2002); di testi teatrali: “Io… donna… immigrata… volere dire scrivere” (EMI 2004), di romanzi: “Cercando Lindiwe” (Epoché 2007) e il libro di testimonianze “Il viaggio capovolto” (Epoché 2010).

Il suo testo teatrale “Io donna immigrata” è stato messo in scena in Francia, Italia, Congo, Kenya e Sudafrica sotto il patrocinio dell’UNESCO. La versione edita è stata utilizzata in diversi laboratori di scrittura rivolti a immigrati. Ha preso parte a numerosi convegni internazionali presso prestigiose sedi come il Grinzane Cavour, Fiera del Libro di Torino, Colloquium di Italianistica presso l’Università del Sudafrica.

Ha coordinato diversi laboratori di scrittura interculturale in Italia e all’estero.
E’ impegnata come promotrice dei diritti umani. Oggi vive tra il Kenya, il Sudafrica e l’Europa.

“Mmaka ci offre dinamiche di processi identitari femminili su cui riflettere e interrogarci affinché nelle migranti non vediamo solo l’eco del nostro immaginario, ma amiche, vicine e lontane, con i loro problemi, sentimenti e progetti, fra processi di globalizzazione che tendono a triturare le culture non meno delle vite.”

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