Il sindaco di Senigallia: “festeggiare il 25 aprile è ancora una priorità”
Il discorso di Maurizio Mangialardi per il giorno della Liberazione
Cari cittadini sono davvero felice di vedervi così in tanti in questa giornata di festa per tutti gli italiani che è il 25 aprile. E’ una nota di speranza in un quadro generale di forte tensione e preoccupazione.
E’ un segnale che ci deve far riflettere perché, vedete, in una situazione così difficile come quella che stiamo vivendo a livello europeo, nazionale e naturalmente anche locale, la reazione che istintivamente possiamo avere è quella di rinchiuderci in noi stessi, di isolarci in un atteggiamento di diffidenza se non addirittura di aperto scetticismo nei confronti di coloro che ci invitano ad una mobilitazione collettiva, di quelli che ci spingono a trovare o ritrovare le ragioni di un impegno comune.
Perché mai (questa potrebbe essere la domanda) di fronte ad un’economia italiana in costante recessione, (vi do solo un dato: è stato calcolato che in questo periodo in Italia perdono il lavoro qualcosa come 2.500 persone al giorno); di fronte ad imprese che chiudono ed ai fondi pubblici insufficienti a finanziare la crescita esponenziale delle richieste di cassa integrazione; di fronte ad una disoccupazione giovanile che tocca livelli record e che nel meridione arriva a far considerare come eccezione e non come la regola il fatto che un giovane abbia un’occupazione;
di fronte ad un senso collettivo di solitudine ed abbandono che ormai attraversa trasversalmente gran parte della popolazione, la domanda che potrebbe legittimamente sorgere è: ma è davvero una priorità celebrare il 25 aprile, ha ancora un senso in questa tempesta, in questa rabbia sociale che rischia di travolgere uomini ed Istituzioni parlare di resistenza?
Cari cittadini, la vostra presenza qui, la mobilitazione di milioni di donne ed uomini oggi in tante piazze italiane, ci dimostra (se ancora ve ne fosse bisogno) che sì, celebrare il 25 aprile ha ancora importanza, anzi che mai come oggi è importante ricordare quella stagione drammatica, dolorosa, ma anche di grande riscatto e coraggio del nostro popolo.
E’ importante ricordare l’eroismo dei nostri partigiani.
E’ importante perché ci ricorda che 68 anni fa tante donne e tanti uomini attraverso un’azione comune condotta nel nome dei valori della libertà e della giustizia sono riusciti, mettendo sempre in gioco le proprie vite, a sconfiggere il nazifascismo, a costruire Istituzioni democratiche e a porre le basi per una straordinaria stagione di sviluppo economico.
L’appello lanciato dall’A.N.P.I. lo esprime molto bene: “ il 25 aprile– ricorda- è un grande richiamo alle cittadine ed ai cittadini a tornare ad incontrarsi, riflettere insieme: in una parola a partecipare e ridare ossigeno a una democrazia sempre più calpestata”.
Ridare fiato alla democrazia. Non poteva essere scelta una frase migliore.
Perché in questo momento così difficile, le forme tradizionali della democrazia, le sue articolazioni, i suoi procedimenti, sembrano davvero avere il fiato corto.
E’ come se di fronte a questa situazione drammatica che stiamo vivendo i cittadini individuassero nelle Istituzioni democratiche, nei partiti politici, i principali responsabili della catastrofe, come se il discrimine non sia avere buone idee o semplici slogan, solidi ideali o sterili egoismi sociali, avere a cuore la propria comunità o metterla in secondo piano rispetto agli interessi di parte, ma sia piuttosto quello di appartenere o meno ad un’indistinta quanto vituperata classe politica; la casta come si suole definirla oggi con un termine fin troppo abusato.
Io credo al contrario che queste semplificazioni ed amplificazioni siano sbagliate e pericolose.
Perché se è vero che la situazione che viviamo è di eccezionale gravità è altrettanto vero che la soluzione non può e non deve essere quella di dire: la democrazia è spenta e malata, è vecchia, superata, facciamone a meno.
Allora, forse la giornata del 25 aprile giunge davvero propizia per ricordarci che solo insieme possiamo tirarci fuori dai guai,per dirci che ce la possiamo fare soltanto lottando con tutte le nostre energie fisiche e morali per riaffermare valori per noi non negoziabili come quelli della libertà ,della giustizia, dell’antifascismo; gli stessi per i quali i partigiani hanno combattuto; per rivelarci che si può e ci si deve confrontare, all’interno di un quadro di valori condiviso, tra visioni e culture politiche diverse, attraverso anche un’aspra dialettica democratica, ma senza anatemi o reciproche delegittimazioni.
Un 25 aprile che, ricollegandoci ad una pagina gloriosa del nostro passato comune, ci ricorda che proprio oggi c’è bisogno di più politica e non di meno politica.
Una politica certamente rinnovata, con Istituzioni sobrie, partiti rinnovati i cui rappresentanti abbiano la forza morale, lo spessore umano e la caratura politica per essere non i bersagli ma piuttosto i punti di riferimento dei loro cittadini.
C’è bisogno oggi più che mai di una politica che, abbandonando le scorciatoie della propaganda e dei proclami, sappia riconquistare la forza della testimonianza personale, il valore della coerenza, la dimensione dell’esempio virtuoso.
Per fortuna tutti noi abbiamo un saldo punto di riferimento al quale ispirare i nostri comportamenti, un uomo capace di riunire tutte le migliori virtù civiche e le più elevate qualità personali e politiche.
Quell’uomo ha un nome: è il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
I cittadini italiani non finiranno mai di ringraziare questo galantuomo di altri tempi, questa figura straordinaria che dopo un settennato difficile e faticoso nel quale spesso si è trovato da solo a dover fronteggiare la tempesta e a dover mantenere la credibilità internazionale dell’Italia non ha esitato, di fronte alla richiesta avanzata da molte forze politiche bloccate da reciproci veti e divisioni, ad accettare un nuovo incarico per il bene comune.
Guardate non è un caso che il Presidente della Repubblica sia figlio dei valori della Resistenza e dell’antifascismo, non è un caso che abbia nutrito di quei valori la propria militanza politica, coltivando un’idea che oggi forse va poco di moda ma dalla quale dovremmo tutti ricominciare: l’idea cioè che alla propria carriera, al proprio interesse politico di parte, vada sempre anteposto l’interesse generale, perché il noi deve prevalere sull’io.
C’è una frase pronunciata dal Presidente Napolitano nel discorso di insediamento che riassume tutta la forza della sua figura.
“Di fronte a un drammatico appello- ha detto- ho ritenuto di non poter declinare, per quanto potesse costarmi, mosso da un senso antico di identificazione con il paese”.
Ecco, identificarsi con il paese, esser tutt’uno con i sentimenti di coloro che lo abitano, con i loro bisogni, con le loro aspirazioni. Con la loro parte migliore.
Non può esserci modo più alto e nobile di interpretare le funzioni di Presidente della Repubblica come garante dell’unità nazionale.
Ora che il Presidente Napolitano, con una generosità e senso di responsabilità fuori dal comune, ha accettato il nuovo incarico, evitiamolo per favore di tirarlo per la “ giacchetta”. Evitiamo di ricollegare alla sua riconferma un segnale che accredita questo o quel governo, questa o quella coalizione o formula politica.
La sua permanenza al Quirinale vuol dire solo una cosa: che esistono ancora in questo paese persone disposte a spendere interamente la propria esistenza per aiutare l’Italia e gli italiani da questa gravissima crisi.
Quale governo nascerà lo decideranno le forze politiche.
Ma le forze politiche devono saper rinnovarsi, questa è l’ultima occasione per tentare di ridurre la distanza che sempre di più le separa dai cittadini. Anche su questo il Presidente Napolitano non ha fatto sconti, parlando di quelle “ contrapposizioni, lentezze, esitazioni, circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalizzazioni” di cui si sono resi responsabili i partiti specie in queste ultime tormentate settimane.
I partiti sono e restano pedine essenziali di quel metodo democratico delineato dalla Costituzione del 1948, figlia dei valori della Resistenza.
Tuttavia devono rimettersi in contatto col sensibilità della gente e trasformare in provvedimenti concreti quei valori che specie in questa fase i cittadini italiani sentono come prioritari: mi riferisco certo alla riduzione dei costi della politica, alla trasparenza e moralità nella vita pubblica.
Ma mi riferisco soprattutto al lavoro che è la vera grande emergenza nazionale, è qui che si deve intervenire incentivando le nuove assunzioni, offrendo un minimo di assistenze e tutele ai giovani p
Grazie.
Comm.Giuliana Bufarini
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password
Effettua l'accesso ... oppure Registrati!