Per i “Mercoledì d’essai” c’è La bicicletta verde di Haifaa Al-Mansour
L'appuntamento è per il 20 marzo alle ore 21.15 al Cinema Gabbiano di Senigallia
Continua l’ appuntamento della rassegna “Mercoledì d’essai” 2012-2013 al cinema Gabbiano di Senigallia.
Come sempre saranno protagoniste le migliori proposte dei vari Festival tra cui Venezia, Cannes, Berlino, Locarno…
Mercoledì 20 marzo 2013 sarà in programmazione nella sala 1 il film La bicicletta verde di Haifaa Al-Mansour, spettacolo unico ore 21:15.
NAZIONE: Arabia Saudita
DURATA: 100′
GENERE: Drammatico
REGIA: Haifaa Al-Mansour
TRAMA:
La parità sessuale, e più in generale i diritti di un intero popolo controllato da una “polizia religiosa”, sintetizzati nella conquista di un semplice, piccolo strumento di gioco. Alle spalle un master in regia e studi cinematografici all’Università di Sidney, tre cortometraggi e il documentario “Donne senz’ombra” (che ha suscitato un ampio dibattito pubblico ed è stato anche di stimolo per altri giovani aspiranti autori), Haifaa Al Mansour è la prima regista donna dell’Arabia Saudita, paese in cui la Settima Arte è vietata, e di conseguenza non esistono sale cinematografiche. Da lei sceneggiato con richiami autobiografici e diretto, girato in patria tra ben immaginabili difficoltà con troupe tecnica tedesca e cast artistico locale, “la Bicicletta verde” – in originale “Wadjda”, il nome della protagonista – rappresenta il suo debutto nel lungometraggio di finzione. Forte di grandi volontà e determinazione, il personaggio che anima la storia è un’amabile, ribelle ragazzina polemica, ironica, ingegnosa e scaltra, che calza scarpe da ginnastica, ascolta musica rock, a scuola si distrae durante i canti di gruppo dei versi sacri e fischia. Esattamente come un maschio, agli occhi del chiuso che la circonda. E a parlare di molteplici divieti e obblighi per l’universo femminile è proprio questo contesto ristretto, all’interno del quale scoppiano continui scandali sui rapporti clandestini tra uomini e donne che coinvolgono anche le personalità più autorevoli, a dimostrare l’ipocrisia generale che mantiene in vigore lo stato delle cose e le relative scappatoie per i più furbi e potenti. L’abilità della regista sta nel non farne una questione di genere in quanto – pur centrando il film su tre figure femminili – mostra quanto una cultura, e la paura e la rassegnazione che la alimentano, siano introiettate da tutto il corpo sociale, ed esempi virtuosi o negativi si trovino in entrambi i campi.
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