“Tutti hanno diritto all’amore”. Il regalo di Senigallia Notizie alle donne per l’8 marzo
Una intensa e struggente recita di Giuseppe Di Mauro sulla drammatica vicenda di Maria Farrar -VIDEO
Amore, sì, ma negato. Un desiderio che non può essere soddisfatto. Ma che ci ricorda che tutti abbiamo bisogno d’amore e tutti possiamo reclamarne il diritto.
Anche chi, come Maria Farrar, “è minorenne, rachitica, orfana“: e ha, “stando alla cronaca”, ucciso un bambino.
“Della infanticida Maria Farrar” è una drammatica poesia di Bertolt Brecht, che Senigallia Notizie propone in occasione della Festa della Donna dell’8 marzo e grazie a un suggerimento di Giuseppe Di Mauro, che la recita con la consueta intensità su musiche di Fabrizio De André e Sibelius.
Il video – già pubblicato da www.librisenzacarta.it, è stato diretto dallo stesso Di Mauro e realizzato da Roger Conti.
“È una poesia forte come forse nessun altra nel riclamare un desiderio d’amore – spiega l’attore – Sono legato a questi versi che sono anche di grande attualità pensando alle non poche vicende analoghe a quella di Maria Farrar che si ripetono pure ai giorni nostri. Brecht ci sconvolge e ci ricorda drammaticamente che ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri“.
Perché l’8 marzo non è – e perché non sia – soltanto un’occasione per regalare mimose.
IL TESTO INTEGRALE
“Della infanticida Maria Farrar (Libro di devozioni domestiche, B. Brecht, 1927)
1
Maria Farrar, nata in aprile, senza segni
particolari, minorenne, rachitica, orfana,
a sentire lei incensurata, stando alla cronaca,
ha ucciso un bambino nel modo che segue:
afferma che, incinta di due mesi,
nella cantina di una donna ha tentato
di abortire con due iniezioni
dolorose, lei dice, ma senza risultato.
Ma voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
2
Tuttavia, lei dice, il prezzo stabilito
lo ha pagato subito, si è legata stretta,
ha bevuto la polvere di pepe nello spirito
ma quello d’una purga, non altro, fu l’effetto.
Le si gonfiava il ventre a vista d’occhio, allora
lavando le stoviglie, aveva assai sofferto.
Lei stessa, così dice, era cresciuta ancora.
Molto aveva sperato pregando la Madonna.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
3
Ma, così pareva, era inutile pregare.
Si pretendeva troppo. E quando fu più grossa,
le venne il capogiro durante il mattutino. Sudò più d’una volta
ed anche per l’angoscia, ai piedi dell’altare.
Ma lei tenne segreta la sua condizione
fino a quando la colsero le doglie del parto.
Ci era riuscita: nessuno credeva che fosse
caduta in tentazione, lei così sgraziata.
E voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
4
In questo giorno, lei dice, alla mattina presto
sente una fitta, lavando le scale,
come spilli nel ventre. Un brivido la scuote.
Ma pure le riesce di nascondere il suo male.
E tutto il giorno, stendendo i suoi panni,
si rompe la testa, poi le viene in mente
che doveva partorire, ed improvvisamente
sente una stretta al cuore. In casa torna tardi.
Ma voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
5
La si chiamò ancora, mentre era coricata:
la neve era caduta e doveva scopare.
Alle undici finì. Era lunga la giornata.
Soltanto nella notte poté sgravarsi in pace.
E partorì, a quanto dice, un figlio.
Il figlio somigliava a tutti gli altri.
Ma lei non era come le altre madri.
Non la schernisco: non ce n’è motivo.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
6
Lasciate che io seguiti a narrarvi
come finì la sua creatura,
(nessun particolare lei vuole celarvi)
così di ogni essere si vede la natura.
Appena giunta a letto un forte malessere l’aveva pervasa, e, da sola,
senza sapere quello che succedesse
a stento si trattenne dal gridare.
E voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
7
Con le ultime forze, lei diceva, seguitando,
dato che la sua stanza era fredda da morire
al gabinetto s’era trascinata, e lì (quando
più non ricorda) partorì alla meglio
così verso il mattino. Lei dice ch’era tutta
sconvolta ormai e mezzo intirizzita
e il suo bambino lo reggeva a stento,
poiché nella latrina ci nevicava dentro.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
8
Fra la stanza e il gabinetto, prima, lei dice,
non avvenne proprio nulla, il bambino scoppiò in pianto
e questo l’urtò talmente, lei dice,
che con i pugni l’aveva picchiato tanto
alla cieca, di continuo, finché smise di piangere.
E poi s’era tenuta sempre il morto
vicino a sé, nel letto, per il resto della notte
e al mattino nel lavatoio l’aveva nascosto.
Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
9
Maria Farrar, nata in aprile,
defunta nelle carceri di Meissen,
ragazza madre, condannata, vuole
mostrare a tutti quanto siamo fragili.
Voi, che partorite comode in un letto
e il vostro grembo gravido chiamate «benedetto»,
contro i deboli e reietti non scagliate l’anatema.
Fu grave il suo peccato, ma grande la sua pena.
Di grazia, quindi, non vogliate sdegnarvi:
perché ogni creatura ha bisogno dell’aiuto degli altri.
Allegati
GUARDA IL VIDEO DI GIUSEPPE DI MAURO
Con affetto e riconoscenza.
Come sempre arrivi al cuore... non ho trattenuto due lacrime.
C I A O O O O Beppe grazie
Giuseppe fa uscire quell’urlo dalla pagina scritta con una voce eposta alla crescente tensione non solo del testo ma anche del corpo tutto di chi l’ascolta, per giungere a toccare punti vibranti di sensibilità che appartengono al più intimo patrimonio d’intera umanità.
E’ inevitabile, per chi lo ascolta, diventare parte attiva della narrazione: sentirsi, in questo caso, dentro una storia sviata dalla realtà ed esposta al pre/giudizio egoico dell’oscenità.
Il corpo di donna, deformato dal disamore più che dalla propria diversità, è l’emblema per eccellenza di un sacrificio umano inaccettabile.
Beppe, in questa giornata così particolare e colma di messaggi, hai scelto il messaggio più radicale e prossimo a ciò che ancora accade, e che difficilmente supera la soglia della cronaca giornalistica.
Ed hai unito, alle scarpette rosse in Piazza Roma a Senigallia, ed alle tante voci nei numerosi spazi di questa speciale giornata, la tua voce: un grido verticale nell’aria, che la poesia sa tracciare, per lasciarne il segno.
Grazie, massimo.
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