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Volti e nomi della Senigallia celebre ma modesta n° 20: Ermanno Tarli

... l' "ET" della tavolozza colori, nonché uno dei componenti del gruppo "Lumache Rumorose"

Intervista di Franco Giannini ad Ermanno Tarli

Siamo seduti al solito tavolo del bar, che mi sono permesso di battezzare “degli Artisti”, divenuto un po’ come il luogo di ritrovo, il confessionale di quanti, per bontà loro, si rendono disponibili a raccontarmi le storie dei successi, le lotte combattute o le fortune che hanno incontrato per arrivare a superare quei traguardi che si erano prefissati.

Faccio partire, anche questa volta, il registratore e, detto il nome del personaggio di turno che ho di fronte: “Ermanno Tarli“, è subito lui a proseguire con “…nato a Senigallia uno, undici, cinquanta…” e a incalzare, con un tono di voce superiore, una nota: “…Autodidatta…” e giù una fragorosa risata! Viso, capelli e barba più che da pittore bohèmienne, da pescatore, da nostromo, da personaggio di Jules Verne.
Un uomo dal viso gioviale ed aperto, che conclusa la risata, riparte in maniera più seria, più professionale, con speditezza e senza necessità alcuna di pungulature: “… Io dipingo da quando avevo dodici anni e c’è un motivo – racconta – perché mio nonno, che si chiamava Tommaso Tarli, era un pittore dei primi del ‘900. Ricordo che io andavo sempre nel suo studio a “dilettarmi”. O meglio ancora sarebbe dire, avevo due nonni. Uno era appassionato di motori, l’altro era appassionato… non appassionato, era proprio un pittore importante, un impressionista. E così sono stato praticamente influenzato sia dall’aspetto artistico che da quello motoristico. E questa mostra è nata proprio da un’amalgama di colori e motori, insomma la molla giusta che ha fatto scattare il tutto“.

Attilio Ruggeri, amico e mecenateAllora lo interrompo per chiedere dove sia stata allestita questa mostra.
Ermanno mi dà subito le coordinate: “Si, la mostra è stata allestita da Attilio, un caro amico, che l’ha ospitata nei locali del suo Caffè “La via Granda” sito in via Pisacane al civico 43. Ha aperto i battenti il 17 di Dicembre ripromettendosi di chiuderli per fine febbraio.
La registrazione, ovviamente continua, io però mi permetto di fermarla qui virtualmente, teatralmente, temporaneamente, tutto però per esigenze tecniche onde permettermi di fare un sopralluogo necessario alla mostra. Questo si successivo, ma reale, perché devo confessare con tutta onestà che non conoscevo assolutamente nulla sullo stile e le opere di Ermanno Tarli.

Entrato che sono allora nel bar, mi presento ad Attilio Ruggeri, il proprietario dell’esercizio, nonché “amico e mecenate” di Ermanno. Due personaggi, due amici ed entrambi con profili d’interessi bifronti come quelli del dio Giano: Arte da una parte e Motori dall’altra.
Attilio, appena lo informo del motivo per il quale sono lì, mostra tutta la sua felicità nel vedere l’interessamento verso le opere di Ermanno, ma credo anche per avere la possibilità di potermi sottoporre, con altrettanto orgoglio, le foto dei “bolidi” che hanno ispirato molti dei quadri presentati nei locali e la storia avventurosa-sportiva della loro immutata gioventù a cavalcioni su quelle lucenti “Lumache Rumorose” senza età come i loro centauri “Lumaconi”.
Sul bancone non manca neppure il libro delle dediche, su cui vengo invitato a mettere un pensiero, e poi il grosso tomo di foto di cui parlavo con riportate tante scorrerie, tanti visi – conosciuti e non – che Attilio mi suggerisce di sfogliare prima di cominciare la panoramica sulle opere esposte. Faccio mio il suo consiglio, assolvo entrambi i compiti e poi, immerso nel silenzioso “brontolio immaginato” dei motori, concretamente passo all'”esperienza visiva” dei dipinti.

Quadro, dipinto di Ermanno TarliQuadro, dipinto di Ermanno TarliQuadro, dipinto di Ermanno Tarli

Si dice, o meglio lo dicono gli esperti, che per analizzare un quadro si dovrebbero considerare alcuni argomenti fondamentali: il soggetto, il colore, lo spazio, il tono, la composizione e la tecnica. Ma questo, appunto, lo dicono gli esperti, i critici: io che esperto non lo sono mai stato, mi lascio guidare più semplicemente da quella sensazione a pelle che si riceve al primo immediato impatto con l’opera che ti sta di fronte.

Nei lavori presenti trovo le maschere, i giochi, le marionette, i marinaretti, le donnine, il tutto che nuota sempre nel verde della natura, tra i bianchi che raramente mancano e nelle gioie che le tonalità rosse mettono in evidenza e ti fanno assaporare. Tutte sensazioni che mi riportano a felici tempi dell’infanzia, rievocate da un pennello “evergreen” come appunto quello di Tarli, che nei motori e nei colori ritrova oltre tutto la libertà di dire e dipingere, azzardo dire… ciò che vuole e come lo vuole. Nei suoi tratti si può trovare un accenno di surrealismo, una puntina quanto basta (almeno su qualche opera) di astrattismo, e non manca qualche influenza naifiana, ma tutto riveduto come da manuale del Tarli.
Mi è sembrato di vedere nelle sue tele, anche lo zampino di Botero con i suoi nudi “abbondanti”, ma anche le linee essenziali di edifici fantastici suggeriti dalle torri babeliche di Bruegel. Sensazioni mie però, che durano solo per una frazione di secondo, perché poi ti accorgi che tutto è rielaborato secondo le particolari e personali visioni moderne di Tarli.

Terminato il percorso, mi sono ritrovato, dimenticandomi degli anni e del peso corporeo, come se fossi un eterno ragazzino spensierato che scende dalla giostra della vita di tutti i giorni, circondato da irreali, chiassosi, avventurosi, fantastici amici di viaggio di un’infanzia destinata a non terminare mai, tra una musica carnascialesca ed i scoppiettanti motori delle “vecchie signore”, le tute nere ed il profumo della “miscela” che riconducono l’osservatore a spazi aperti, al vento in faccia, alla sensazione di volare liberi. Ed infatti ritengo che Ermanno sia un pittore, uno scultore, ma principalmente ed in primis, un uomo ed un artista amante della libertà nel senso più ampio del vocabolo, che trasporta questa sua assoluta ed impellente necessità sulle sue tele e sulle sue sculture lillipuziane.

Ma ecco il bello, o meglio l’utilità della tecnologia… basta premere sul tastino virtuale del registratore che avevo interrotto ed ecco che questo ritorna a girare dal punto in cui lo avevamo stoppato, nel momento in cui si parlava delle origini. Al che mi fa: “…origini… in che senso?”. Gli spiego allora: “Nel senso di come “scopre” la sua pittura“. Mi guarda, gira l’accendino tra le mani, con una mal celata astinenza da fumo, percepibile dai suoi gesti nervosi e che iniziano a farsi sentire e spiega: “Quella è una passione… io ci sono nato… prendi il pennello e ti trovi lì a cominciare…“.
A questo punto della conversazione subentra anche Raffaele, presente, ma fino a questo momento chiuso in un quasi religioso quanto estasiato silenzio ad ascoltare le parole del fratello Ermanno: “Io mi ricordo che quando ero piccolo vedevo lui che faceva i quadri nello sgabuzzino di nonna e già faceva delle cose grandiose per l’età – e rivolgendosi al fratello – Ti ricordi quando disegnavi i cavalli?“. Una pausa riflessiva e poi di nuovo Ermanno riprende con un’autodefinizione: “Io sono un pittore ludico, dipingo ad olio soggetti di natura ludica. Tutte riminiscenze di fantasia quelle che illustro, fantasie legate ai ricordi, e tutte con un aspetto ironico“.

Quadro, dipinto di Ermanno TarliQuadro, dipinto di Ermanno TarliQuadro, dipinto di Ermanno Tarli

Chiedo allora quale sia la spiegazione, la motivazione del fatto che abbia prediletto questi soggetti rispetto ad altri: “Non necessariamente i quadri hanno una spiegazione. Ne possono avere magari cento ed io invece ne posso dare una sola, la mia, mentre altri possono vederci più cose, che io non mi sono mai sognato di voler dire… Ma vi siete mai chiesti perché uno compera un quadro? Semplicemente perché uno acquista qualche cosa che gli assomiglia. E’ come se qualcuno comperasse un pezzo di se stesso. Sicuramente è così, perché non può essere diversamente. Ti sei chiesto mai perché tra due oggetti preferisci questo anziché quest’altro? Per un motivo semplicissimo, questo mi assomiglia, nelle forme, nel colore…insomma ci vedo qualche cosa di particolare che mi piace. Hai quella che si chiama attrazione, che ti fa dire che ti piace e magari non sai e non ti rendi conto neppure del perché… perché dentro c’è qualche cosa che ti assomiglia e che te lo fa diventare tuo. La stessa cosa è per un pittore, che dipinge quello che sente e che vede vicino a sé in quel momento, libero di farlo come vuole, senza legami obbligati. Ed allora ritornando al concetto di pittore; noi dobbiamo fare arte per noi stessi per il solo gusto di fare, con lo scopo, anche, di divulgare, perché la gente deve vedere, fare suo quanto vede, promovendo la discussione, l’apprezzamento ed anche, perché no, la critica. E’ così che nasce il concetto di cultura“.

Ho veduto che oltre all’arte della pittura, non disdegna cimentarsi anche in quella della scultura!“: “Diciamo di si – mi risponde –, faccio delle cosette con materiali poveri” e mentre dice questo, inventaria con le mani il contenuto delle tasche, cercando il pacchetto di sigarette, che come dice, per lui “è troppo importante!”. Alla fine le trova, il viso si rischiara rassicurato, mi chiede il permesso di uscire per fare una “tirata” e mi consegna la copia di una recensione sulla mostra “Lumache Rumorose” che gli ha fatto un suo altrettanto celebre amico Maurizio Liverani. Un altro famoso personaggio senigalliese, scrittore, registra, giornalista e critico cinematografico. E mi fa: “Legga, legga, poi mi dice che cosa ne pensa!“.
Il contenuto che vado a leggere è un elogio al mezzo, la moto, che esalta le virtù dell’uomo Ermanno. La sua arte, i suoi motori sono espressioni di gioia di vivere, allegria fanciullesca, ironia adulta, tutto miscelato, amalgamato e trasportato sulle ali della sua libertà che solo la velocità gli garantisce. In questa frase di Liverani, che qui riporto, vedo racchiuso il contenuto di tutta la mostra: “…La moto coincide con il desiderio di uscire da se stessi; la velocità svuota la mente da ogni angustia e ti fa sentire per un attimo immortale. Ermanno Tarli è un artista eclettico ed eccentrico; non si adegua ai canoni prevalenti. E’ un uomo libero, in senso universale. Personaggi della sua qualità umana sono rari…“.

Quadro, dipinto di Ermanno TarliQuadro, dipinto di Ermanno TarliQuadro, dipinto di Ermanno Tarli

Eccolo che ritorna sfregandosi le mani, soddisfatto, trascinandosi dietro l’aroma del tabacco appena aspirato ed un po’ infreddolito: “Avrà letto come sono fissato – mi fa – con le motociclette e da come mi descrive Liverani lo si capisce bene. Eh?? Quello che mi piace è la meraviglia e la pittura è meraviglia. Io prendo una tela bianca e comincio. Senza pensare a quello che devo metterci su! Faccio una riga, una sola riga e da lì costruisco tutto. Ed è come per effetto di una magia che nasce qualche cosa che non avevo assolutamente progettato prima. Tu devi lavorare con i colori, che devono “cantare” tra loro, facendo attenzione che non ce ne sia qualcuno di questi che stoni compromettendo il lavoro del “coro”. Poi ci sono da controllare le masse e devi far attenzione che siano tutte equilibrate e così di passo in passo, quando hai finito ti accorgi di aver tirato fuori anche l’anima! Ed a volte, passato un po’ di tempo, rivedendo l’opera, magari ti ritrovi a dire piacevolmente, dentro di te, ‘ma questo l’ho fatto io?’ non perché sia un capolavoro, ma perché ti aggrada. E il momento è irripetibile e sta anche a significare che cresci; anche se non toglie che ad ogni tela bianca ti ritrovi come la prima volta, anche se poi interviene ad aiutarti l’esperienza che hai maturato con gli anni“.

La chiacchierata non si ferma qui, passa ad altri argomenti interessanti, che porterebbero però fuori tema. Ecco che allora mi fa piacere ed mi è utile per la chiusura di questo racconto, ricordare che quella di Tarli è un’esperienza maturata in cinquant’anni di lavoro artistico: un’esperienza che è possibile ammirare fino alla fine di febbraio da Attilio Ruggeri in Via Pisacane 43, fintanto che non si deciderà di “ammainare” le tele… ma chissà, mai dire mai, visto che non si prosegua ancora per qualche tempo oltre la data prefissata di fine febbraio.

Allegati

Guarda il VIDEO su Ermanno Tarli

Commenti
Ci sono 3 commenti
Franco Giannini
Franco Giannini 2013-02-14 09:34:25
Grave dimenticanza la mia : Le foto non sono mie, ma di "un certo" Francesco Buontempi, in arte "Bont", a cui va il mio Grazie!
Dario Petrolati 2013-02-14 09:43:42
bellissimo Franco
non commovente ma originale
scritto con garbo
cervello e cuore
Non sapevo nulla di quanto sopra
sei stato davvero bravo e sensibile nel dire tutto.
Grazie amico mio....:-)
dario.
Federica 2013-02-14 10:23:24
Bellissimi i dipinti, densi di avvicendamenti. Nei prossimi giorno vedrò di trovare un attimo per visitare la mostra.
ATTENZIONE!
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