Due eccellenze artistiche di Senigallia in un’unica intervista – Foto e Video
Francesca Gambelli e Francesco Buontempi ci parlano della fusione tra musica, danza e fotografia
Per introdurre l’argomento con cui andrò ad illustrare un nuovo lavoro artistico, mi sono permesso di scomodare persino le Muse, con la speranza, questa volta, di non toccare la suscettibilità di qualcuno. Anche perché per irrobustire la pillola vado a scomodare, vista la location dell’incontro, anche il “Roxy Bar” del Vasco nazionale. Ma non si tratta di narrare una “vita spericolata“, ma semplicemente la storia due nomi: Francesca e Francesco. Quelli di due senigalliesi, Francesca Maria Gambelli e Francesco “Bont” Buontempi, che attraverso la complicità di internet, si sono conosciuti, si sono incontrati e come sovente avviene in questi casi… da cosa è nata cosa!
No, forse mi sto esprimendo male e vi sto portando fuori strada e voi così state traendo conclusioni affrettate e completamente errate. Si guardi bene che qui il Paolo è stato sostituito da Francesco. Ehhh lo so, Immagino di deludervi, non si tratta della pruriginosa storia di una soap opera dei giorni d’oggi. Questa è la storia invece di un incontro particolare, tra la musicalità e l’espressione della danza, filtrata attraverso un forellino posto sull’obiettivo di una macchina fotografica. Un’immagine fermata nel momento opportuno, con il tocco leggero comandato dalla sensibilità dell’occhio di chi vi sta dietro. Dallo shakeraggio di queste tre arti nasce un cocktail di sensazioni, di emozioni, di colori. Uno “shooting fotografico” che man mano lo si sfoglia e osserva, dà sempre nuovi elementi per emozionarsi!
Era il giugno del 2010 quando decantavo le doti artistiche di Francesca Maria Gambelli, e dopo due anni e mezzo ecco che la ritrovo qui, all’improvviso, con un notevole bagaglio artistico, una fisicità atletica, un’espressività che mi era sfuggita e che con molta probabilità non avevo sottolineato, a suo tempo, nel modo che avrebbe invece meritato. Sono comunque convinto che i notevoli miglioramenti siano anche frutto del suo studio, della volontà di perfezione, di quella caparbietà che rientra nel DNA di tutti coloro che studiano danza.
In questa occasione, la sua classe miscelata (o se preferite, “shakerata”) a quella di Francesco Buontempi, in arte “Bont”, si è rivelata, il “Valore Aggiunto“, per colui che in una frazione di secondo capta, osserva, scruta, scopre, rielabora a suo piacimento e fissa l’immagine. “Quella” che noi, “gli altri”, vedono e vorrebbero copiare, con un click ritardato, ma, purtroppo solo dopo!
Nel guardare in anteprima il cd contenente il servizio fotografico in quello che è divenuto oramai il “bar degli artisti”, circondati dai pochi amici intimi – quasi che fosse un segreto da custodire piuttosto che un regalo da poter condividere – la prima cosa banale che mi è venuta da chiedere ai due Franceschi, è stata come sia nata l’idea e successivamente l’incontro, nonché la scelta del posto.
Francesco, neppure a dirlo, nella sua timidezza e modestia, lascia felicemente che sia Francesca a parlare della cosa. Anche se devo dire però, che seppur abituata ai microfoni, alle telecamere ed a pubblici di maggior “impegno”, all’inizio l’ho veduta un pochino emozionata. Un’emozione che è durata una frazione di secondo, perché poi l’orgoglio di illustrare quelle splendide inquadrature ha avuto il sopravvento.
“Ho trovato una foto di Francesco su Facebook. Era una foto dello scorcio della campagna marchigiana, e devo dire che mi ha colpito tantissimo. Io non lo conoscevo, ma mi ha colpita subito. E, come si usa fare su Facebook, ricordo che gli ho scritto un commento. Poi da lì, c’è stato il classico scambio d’amicizia ed abbiamo cominciato a comunicare.
Lui mi ha invitato a vedere le altre foto dei suoi lavori, cosa che ho fatto potendo apprezzare in maniera più approfondita la qualità delle sue opere, imparando ad ammirarne il valore poetico che si ricava sfogliando queste immagini, dei veri e propri quadri. Ed è questo quello che mi ha toccata subito e maggiormente. Praticamente ogni soggetto racconta poeticamente una sua storia!
Questa estate poi abbiamo avuto occasione di incontrarci a Senigallia e gli ho manifestato la mia volontà di realizzare qualche cosa assieme. Ma come avviene il più delle volte, senza alcun specifico motivo, non ci si rivede, non ci si sente e si viene così a creare una fase di silenzio. Ma per lui, evidentemente si trattava, invece, di un silenzio operativo, perché un bel giorno mi sono vista arrivare una foto con su indicato il luogo d’ambientazione che lui riteneva fosse il più idoneo per riprendere concretamente il progetto ambizioso che ci eravamo proposti.
Inutile dire che la location, l’ex stabilimento Montedison di Marina di Montemarciano, con la sua forte devastazione in perfetto contrasto con l’armonia di passi di danza e abiti romantici creavano l’immagine sublime di un angelo nell’inferno o di un fiore nel deserto. Contrasto che per me sta a rappresentare quel barlume di speranza che ci deve rimanere anche quando tutto sembra finito, ma che ci permette di ricominciare e ricostruire, come del resto riusciamo a trovare tale forza nei nostri dolori, nelle nostre delusioni. Forza che ci fa credere ancora, ci impone speranza e la speranza è progetto di vita. Questo è infatti quello che vedevo e volevo comunicare con i miei passi di danza e che desideravo rimanessero impressi in quegli scatti.
E Francesco è riuscito a cogliere perfettamente quel “momento di magia“. Era quello che io volevo, nascondendo la mia fisicità, accentuando invece l’espressione, l’essenza, di quello che volevo realmente comunicare. E sentir dire che anche voi avete notato questo aspetto, mi dà gradita conferma che con Francesco abbiamo realizzato un buon lavoro, andando perfettamente a colpire il bersaglio”.
Ma vero è che un progetto nasce, il più delle volte, perché lo si vuole e lo si cerca per raggiungere uno scopo ben preciso, o un obiettivo che è magari da tempo che si rincorre. Il vostro è un frutto, quindi, destinato per quale scopo? Saranno foto pubblicate? Dove e per che cosa?
A replicare è ancora una volta Francesca Maria, mentre “Bont” fa, ogni tanto, da voce di sottofondo: “Veramente noi ci siamo buttati su questa cosa con la massima spontaneità e oserei dire con incoscienza, per fare un esperimento e vedere che cosa ne veniva fuori. Prima di tutto devo dire che io mi sono sentita a mio agio in un modo incredibile. E non è cosa facile! Io ho fatto tanti servizi, ho lavorato molto in studio, al chiuso. Qui c’è stata naturalezza e fiducia. Io mi sono messa nelle sue mani e lui nelle mie. C’è stato questo lasciarsi andare da entrambe le parti. Lui lo sapevo bravo nel fotografare paesaggi estremamente poetici, ma un conto è fotografare un soggetto, altra cosa è farlo con una persona. Quindi io non sapevo che cosa aspettarmi. Quando lui mi ha mandato tutte le foto, giuro, che dire sia rimasta piacevolmente sorpresa è dir poco, perché è riuscito, al di là del soggetto, a marcare il viso, le angosce, le linee, le ombre. Permettimi, vista l’occasione che mi offri, di inviare un sentito ringraziamento a Nevio Arcangeli, un personaggio veramente eccezionale che da dietro le quinte, ci ha aiutato, con la sua indispensabile professionalità, a realizzare questo shooting fotografico”.
“Bont” non ha parlato, ma da quello che è emerso, oltre che aver trovato una modella di prim’ordine, si è trovato anche un’ottima portavoce e pubblicitaria dei suoi lavori. Allora per sentire, almeno il tono della sua voce, gli pongo una domanda diretta. “Bont, mi dici almeno qual è la maggiore difficoltà che hai incontrato in questo progetto… sempre che tu sia stato capace di trovarne una?”
“No, no – fa con un sorriso – ne ho trovata una e neppure piccola. Il dover controllare la luce, che attraversava le pareti cadenti, o filtrava tra le travi dei solai e come lame di spade piovevano dall’alto concedendo tagli d’immagine stupendi, ma a volte anche fastidiose. In alcuni casi abbiamo rinunciato allo scatto, a volte invece abbiamo atteso che il fascio di luce cadesse a proposito, come volevamo, sfruttando anche un po’ la casualità. Comunque con una modella come Francesca, non lo dico come falsa adulazione, fotografare diventa sicuramente facile e non di certo faticoso. Spiego anche il perché. Non mi sono trovato infatti di fronte la solita “modella” come vengono comunemente battezzate, ma una ragazza cordiale, alla mano, sensibile che ha collaborato e suggerito, consapevole del suo talento artistico e valore umano“.
A conclusione dell’incontro, l’ultima domanda cade sul futuro artistico di Francesca. Lo scoop è che sarà sua intenzione passare sempre più tempo in Italia. Questo anche per ragioni di lavoro visto che a Gorizia ha trovato dei validissimi produttori con cui oramai collabora da un po’ di tempo, sia in qualità di artista che autrice di pezzi musicali. Ai primi dell’anno poi andrà in Brasile per tenere corsi di danza e per realizzare uno spettacolo con un video, in cui parteciperà, appunto, con gli stessi allievi del suo corso. Verso la metà del 2013 dovrebbe volare prima in India e poi in Cina per altri lavori.
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