Paolini omaggia Jack London alla Fenice di Senigallia
Teatro pieno per "Ballata di uomini e cani", l'omaggio teatrale sui racconti dello scrittore statunitense
A quasi un anno da “ITIS Galileo”, Marco Paolini torna alla Fenice di Senigallia con la sua “Ballata di uomini e cani”, un omaggio in forma di “canzoniere teatrale” allo scrittore americano Jack London.
Un uomo, un cane e il grande Nord: sono sempre loro i protagonisti delle quattro storie che Paolini ci racconta, accompagnate dalle musiche originali di Lorenzo Monguzzi alla chitarra, Angelo Baselli al clarinetto e Gianluca Casadei alla fisarmonica. Sullo sfondo, una scenografia essenziale ma molto evocativa, come in tutti gli spettacoli dell’autore bellunese.
Quattro racconti che sono un viaggio lontano, nei territori polari del Nord America di fine ‘800. I tempi eroici della corsa all’oro, quando la lotta per la sopravvivenza era esperienza di vita quotidiana e si poteva contare solo sulle proprie forze e, tutt’al più, sulla presenza fedele di un cane.
Di fronte a una Natura così potente e inesorabile, anche i bisogni primari diventano una sfida con se stessi e coi propri limiti, e l’errore in apparenza più insignificante può rivelarsi fatale. In quell’ambiente estremo, il confine tra la vita e la morte è quanto mai labile.
È il caso dell’audace protagonista di “To build a fire”, che nel gelo polare marcia verso una meta che non raggiungerà mai, con la muta e impotente compagnia di un cane. Un cane che, qui come negli altri racconti, non è mai la “bestia” subordinata all’uomo, ma ha sempre il ruolo del coprotagonista o dell’antagonista, al punto che lo spettatore finisce per non distinguere più chi sia l’uomo e chi il cane.
Per i protagonisti dei racconti di Jack London, potrebbe sembrar fuori luogo evocare il tipo umano del marinaio. E invece è di marinai che si tratta: navigatori in spazi sconfinati – di acqua o di neve poco importa – tenaci combattenti di fronte ad una Natura spietata cui però, anzitutto, è dovuto rispetto.
Malgrado la latitudine, “Il vecchio e il mare” di Hemingway non è poi così lontano.
Mi è piaciuta di più la versione "embrione" di questo speattcolo, più breve e in sole tre parti (senza il racconto dei vagabondi sui treni - per quanto sia stato uno dei momenti più intensi ieri pomeriggio), che vidi tre anni fa sulle montagne bergamasche... Lo spettacolo era più essenziale e diretto, senza scenografie a parte i monti (eravamo all'aperto), più incentrato sulle varie figure di cani.
Ah, a proposito di "To build a fire", cioè "Preparare un fuoco", Paolini ha utilizzato come base del suo testo la versione del racconto di London tradotta alcuni anni fa per l'editore Mattioli 1885 dal mio amico scrittore Davide Sapienza, eseprto londoniano che abbiamo invitato negli scorsi anni a Senigallia, al Centro Sociale Saline e alla Biblioteca Antonelliana
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