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Barbara, Annita Garibaldi ha presentato il libro ‘Ricciotti.Un Garibaldi irredento’

Alla cerimonia presenti anche la senatrice Silvana Amati e il prof. Gilberto Piccinini

Giuseppe Garibaldi

All’inaugurazione ufficiale e alla presentazione della mostra permanente “Marchigiani nel Risorgimento” e di una sintetica guida filmata, tenutasi venerdì 18 gennaio presso il Palazzo Mattei di Barbara, hanno partecipato fra gli altri, oltre ad una folta rappresentanza di allievi del Liceo Scientifico “E. Medi” di Senigallia, la senatrice Silvana Amati, il presidente della deputazione di Storia Patria, prof. Gilberto Piccinini, e l’ospite d’onore, la prof. Annita Garibaldi Jallet, la cui recente pubblicazione storiografica “Ricciotti. Un Garibaldi irredento” è stata quindi illustrata presso il locale Cinema-teatro.

Nell’occasione il prof. Piccinini ha evidenziato i meriti della ricercatrice e biografa, nonché il coraggio e la valenza militare del nonno paterno, brillante comandante filo-francese nella guerra contro la Prussia nel 1870, e del più famoso bisnonno Giuseppe, figura di libertario mitizzata nell’ ‘800 ma esaltata dallo stesso regime fascista che ne celebra il cinquantesimo della morte nel 1932 con l’erezione della statua dell’eroica compagna Annita sul Gianicolo, primo monumento scultoreo pubblico ad una donna in Italia per motivi non cultuali.

Il docente urbinate ha poi delineato lo scandalo della Banca Romana per il finanziamento dell’ampliamento di Roma nelle aree periferiche dell’ex capitale pontificia non ancora urbanizzate, come il significativo Quartiere Prati. Insieme alla Banca Toscana a al Banco di Napoli, legati ai preesistenti stati regionali recentemente annessi all’Italia, anche l’ente capitolino era infatti autorizzato ad emettere moneta all’indomani dell’unificazione, producendo però denaro senza adeguata copertura aurea, favorì una speculazione ed un successivo scandalo nel quale rimase coinvolto lo stesso Ricciotti.

L’autrice ha infine richiamato il patriottismo dei Garibaldi e di suo nonno, i cui sette figli decisero volontariamente di combattere in prima linea già nel ’14 a fianco della Francia e al seguito del fratello Giuseppe: uno di essi non arrivò in tempo per combattere e due sacrificarono le giovani esistenze, mentre i sopravvissuti si trasferirono quindi sul fronte italiano. Preziosa la sottolineatura dei problemi della quotidianità. La grave menomazione ad una gamba di Ricciotti che lo costrinse a combattere a cavallo; la scelta di fondare una propria casa-fattoria a Riofreddo nell’Appennino abruzzo-laziale, coinvolgendo la sua aristocratica moglie inglese nelle incombenze della vita rurale: mungitura, creazione di formaggio, cura dell’orto.

L’esortazione ai figli diciottenni a realizzare un’autonoma vita all’estero, nel rispetto delle migliori tradizioni familiari, in un’emigrazione che aveva però più il sapore della sfida e dell’avventura che non della ricerca di mezzi di sussistenza, come per tanti altri italiani. Le preoccupazioni dello stesso Giuseppe Garibaldi, che, costretto a mediare fra le nuove compagne e i figli di precedenti relazioni, intervenne con decisione per dare immediata sistemazione alla figlia, dopo aver assistito ad un bacio clandestino del suo futuro marito generale Canzio.  Puntualizzazioni che umanizzano l’ “eroe dei due mondi” e la sua famiglia, restituendoci un quadro più realistico di questi protagonisti della storia d’Italia.

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