Due scatti del senigalliese Giorgio Pegoli nella nuova raccolta di Henri Favrod
Pegoli: "Mi sono veramente commosso quando ho ricevuto per posta la copia del libro"
Un nuovo riconoscimento si è aggiunto alla già blasonata carriera del fotografo senigalliese Giorgio Pegoli. Due sue fotografie sono state personalmente scelte da Charles Henri Favrod per essere inserite nel suo nuovo libro, che è stato pubblicato in questi giorni dall’editore svizzero Bernard Campiche.
Favrod è un giornalista e fotografo di caratura internazionale che ha trascorso più di dieci anni in Asia e Africa regalando al mondo documenti fotografici di immensa importanza culturale e artistica. Pegoli e Charles Henri Favrod si sono conosciuti durante una visita di quest’ultimo a Senigallia nel 2008. Da quel momento si è instaurato tra i due un profondo rapporto di stima reciproca sfociato in diverse collaborazioni.
Al riguardo SenigalliaNotizie.it ha chiesto la storia dei due scatti scelti da Charles Henri Favrod.
Il fotoreporter senigalliese al riguardo ha espresso tutta la sua soddisfazione : “Oggi Favrod è universalmente considerato a livello mondiale come uno dei maggiori fotografi e storici della fotografia. Dunque mi sono veramente commosso quando ho ricevuto per posta la copia del libro dell’editore Campiche, dove Favrod ha fatto pubblicare alcune mie fotografie insieme a quelle che fanno la storia mondiale del reportage“.
Da dove provengono i due scatti scelti da Charles Henri Favrod?
“Il primo scatto risale al 1989, ero in centro America a El Salvador durante la guerra civile: ritrae un soldato con la testa tra le mani dopo un agguato degli squadroni della morte mentre un elicottero si alza in volo, l’altra invece è stata scattata nel 1991, durante la guerra del Golfo e ritrae lo sguardo di una donna mussulmana mentre dietro di lei, un’altra nasconde gli occhi dietro una mano.”
Che ricordi ha legati a queste due fotografie?
La più recente, quella del 1991 risale appunto alla prima Guerra del Golfo, in quei giorni in Iraq mi sono trovato spesso con Peter Arnett che ai tempi era lì per la CNN. Arnet è uno dei più grandi testimoni di più di 30 anni di conflitti nel mondo, dal Vietnam al Golfo, vincitore del Premio Pulitzer nel 1966 nonché uno dei pochi che può vantare di avere intervistato Osama Bin Laden. Documentare questo conflitto fu qualcosa di nuovo: era la prima volta che una guerra veniva raccontata in tempo reale con le immagini quasi in diretta dell’operazione Desert Storm. La seconda foto, invece, venne scattata nel periodo della guerra civile in El Salvador; mi ricordo situazioni drammatiche con raffiche di mitra che piovevano addosso e con la paura che da un momento all’altro arrivassero gli squadroni della morte. Chiedemmo supporto all’Ambasciata; ci risposero che la loro protezione terminava al cancello dell’entrata dell’edificio, dopodiché era guerra. Da quell’esperienza ho imparato una delle cose più importanti per chi vuole fare questa professione: la correttezza e la coerenza…essere sempre al di sopra delle parti in guerra, non avere colore politico e cercare di non patteggiare per nessuna fazione. Sono tanti i giornalisti che ho conosciuto e che, dimenticando questi semplici ma basilari concetti, hanno avuto purtroppo vita breve.
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