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Calcio: Vigor Senigallia, ed ora?

Non è la prima grave crisi del club rossoblù, ma così non si può più andare avanti

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Un momento del match Vigor Senigallia-Cingolana

Dopo il l’addio generale  dei giocatori più esperti– già iniziato martedì 27 novembre – il pensiero in casa Vigor più che al futuro in campo sembra essere rivolto a quanto accadrà fuori.


Non è la prima volta che il più antico club senigalliese – fondato nel 1921 – si trova in una grave situazione economica: basti pensare all’esclusione dalla serie C2 nel 1985 e al fallimento del marzo 1989.

E Senigallia non è certo l’unico centro – ancora più in questo periodo di crisi – a vedere le proprie società sportive, che non significano soltanto squadra maggiore ma pure – è bene ricordarlo – settore giovanile, passare momenti di difficoltà o addirittura chiudere i battenti.

In passato, la Vigor è sempre riuscita a ripartire, magari senza programmi ambiziosi, ma con uno sguardo a un futuro comunque sano, basato sulla serietà dei rapporti e su una discreta partecipazione: ora è più difficile, il calcio è cambiato, l’interesse dell’imprenditoria locale è prossimo allo zero, il pubblico allo stadio è sempre meno (anche se le tante letture e i numerosi commenti agli articoli di questi giorni farebbero pensare che un interesse nascosto ancora cova), e se si parla di “salvare una società sportiva sportiva” si rischia di passare per anacronistici.

Ma siamo giornalisti sportivi, di questo ci occupiamo e allora qualche riflessione dobbiamo farla.

Una situazione economica sempre più grave, e un distacco sempre più forte dalla città come quello maturato negli ultimi dieci anni non si sono mai registrati in 90 anni di storia rossoblù. La società attuale – presieduta da Valentino Mandolini – ha avuto il merito di tenere in vita il calcio in città dopo i commissariamenti all’inizio degli anni 2000, ha fatto sacrifici, contribuito ad un settore giovanile ben organizzato e serbatoio pressoché insostituibile per la prima squadra; specie negli ultimi tempi ha più volte chiesto aiuto, dichiarandosi disponibile a nuovi ingressi per sopperire alle difficoltà. Che non si sono verificati, mentre il gruppo dirigente diventava sempre più esiguo, ed ora quella della società cittadina sembra soltanto una lunga agonia, giunta, come ha detto qualche tifoso “al capitolo finale”: nel momento in cui a distanza di pochi mesisi ripetono le difficoltà nel concedere i rimborsi anche quando questi sono – per stessa ammissione della dirigenza – “esigui”, nel momento in cui ad andarsene sono gli stessi giocatori del posto, quegli stessi giovani che si ricorda puntualmente provenire dal settore giovanile, e che per quasi tutta la carriera hanno sposato (con onore, altro che “mercenari” come si sente in qualche discorso da bar, la maglia vigorina), significa che qualcosa si è rotto per sempre.

E che così non si può più andare avanti.

Nell’immediato, un gruppo di boys meno che maggiorenni sarà probabilmente costretto a subire passivi pesanti (speriamo di no, il calcio non è sempre una scienza esatta), anche davanti al proprio pubblico fino alla fine del campionato: quali saranno le conseguenza per il nome Vigor e per la sua credibilità ?  Che immagine uscirà del calcio senigalliese sulla neonata – non certo nel momento migliore – Vigor Senigallia Tv, che riprenderà le gare della truppa rossoblù?

Allora forse è il momento di darci un taglio, ma un taglio netto e risolutivo, ripartendo davvero da zero, salvando soltanto il patrimonio del settore giovanile, che con la rifondazione della Vigorina si è già staccato – pur rimanendo strettamente connesso – alla casa madre. Ricostruendo dall’inizio una Vigor magari non ricca e ambiziosa (al giorno d’oggi illusorio pure solo sognarlo), ma davvero della città e vissuta come tale. Ed impostata su una politica dei giovani magari modesta ma sana, su accordi e programmi rispettati, senza vivere alla giornata. E sulla chiarezza, che più volte è mancata, anche in certe scelte operate sul settore tecnico.

Sicuramente non è facile.

Ma anche la politica dovrebbe fare qualcosa: certo non finanziare una società sportiva per giunta in un momento così difficile per tutti, ma semplicemente farsi qualche domanda: per esempio se una società in così gravi e da tempo più volte confessate difficoltà, con un sempre più esiguo gruppo dirigente, sia in grado di mantenere con efficienza la gestione di due impianti pubblici (Saline e Bianchelli, assegnati nel 2010 dal Consiglio Comunale) che a detta della stessa dirigenza “appesantiscono purtroppo le finanze della Vigor“.

Queste sono le domande, sarebbe il momento forse di avere qualche risposta, altrimenti anche le parole “progetto”, “etica”, “futuro”, “giovani”, finirebbero prima o poi per perdere i loro significati.

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