Ce lo chiede l’Europa
E' l'alibi, il passepartout che non conosce barriere. Anzi si: l'IMU alla Chiesa, la corruzione, le frequenze tv...
La parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: Europa.
Il grido di battaglia risuona alto ogni volta che c’è da far passare, magari a colpi di fiducia, una qualsiasi misura restrittiva: lo vuole l’Europa!
Cambiare lo Statuto dei lavoratori? Ce lo chiede l’Europa. L’IVA al 21%? Ce lo chiede l’Europa. Ridurre le pensioni? Ce lo chiede l’Europa.
È l’alibi di ferro, il passepartout che non conosce barriere. È la Dolce Euchessina del nuovo millennio, il caro e vecchio confetto Falqui: basta la parola. Ce lo chiede l’Europa e i dubbi svaniscono. Tutto diventa semplice, chiaro, unilaterale. Il ritornello ci è entrato in casa, persino in camera da letto. “Amore, non puoi avere mal di testa stasera: non te lo chiedo io, te lo chiede l’Europa”. Un afrodisiaco naturale.
L’Europa ci può chiedere di tutto, tranne di far pagare l’IMU alla Chiesa, regolarizzare le concessioni delle frequenze televisive, o ratificare la convenzione anticorruzione di Strasburgo. In quei casi facciamo orecchie da mercante… Continua a leggere su Popinga, il blog di Andrea Scaloni
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